Mafie

Depistaggio Borsellino, le arringhe delle parti civili: “Fare giustizia per le persone innocenti accusate dal falso pentito Scarantino”

L'arringa dell'avvocato Rosalba Di Gregorio, legale di parte civile di Gaetano Murana, Cosimo Vernengo, Giuseppe La Mattina. I tre sono stati condannati ingiustamente per la strage di via d'Amelio a causa delle accuse fasulle del balordo della Guadagna

“Vi chiedo di fare giustizia per le persone innocenti accusate falsamente dal falso pentito Vincenzo Scarantino“. Si è rivolta con queste parole ai giudici l’avvocato Rosalba Di Gregorio, legale di parte civile di Gaetano Murana, Cosimo Vernengo, Giuseppe La Mattina. I tre sono stati condannati ingiustamente per la strage di via d’Amelio a causa delle accuse fasulle di Scarantino: in seguito alla collaborazione di Gaspare Spatuzza, che nel 2008 ha svelato il depistaggio, sono stati poi scagionati e scarcerati. “Io mi sono sentita offesa a sentire minimizzare il discorso del valore del danno di Scarantino arrecato prima di tutto alla verità, poi ai parenti delle vittime della strage me soprattutto ai soggetti calunniati”, ha proseguito Di Gregorio nella sua arringa difensiva.

Imputati del processo in corso a Caltanissetta sono tre poliziotti Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo, ex poliziotti del gruppo “Falcone-Borsellino” della Squadra Mobile di Palermo, accusati di aver indotto, mediante minacce e pressioni, Scarantino a rendere false dichiarazioni per depistare le indagini sulla strage di via D’Amelio. “Il racconto di Vincenzo Scarantino cozzava palesemente con quella che era la prassi operativa di Cosa Nostra all’epoca. Non c’era bisogno di Spatuzza per capirlo. Scarantino come persona era assolutamente non presentabile perché psicolabile. C’era anche una perizia psichiatrica, ma non andava toccato e quindi non si poteva dire”, ha sostenuto la legale in aula. Che poi ha aggiunto: “Sono stati accusati degli innocenti per la strage di Via D’Amelio per coprire dei ruoli interni ed esterni a Cosa nostra. A Vincenzo Scarantino si affidò l’ingrato compito di accusare i suoi vicini di quartiere – sottolinea – Un balordo, un delinquentello da due soldi si poteva trovare, sarebbe stato anche più facile. Ma occorreva Scarantino, perché era imparentato con parentela spendibile e perché portava alla Guadagna (un quartiere alla periferia di Palermo”.

Secondo l’avvocato “questi uomini che oggi sono considerati parte offesa, erano soggetti che servivano per coprire i ruoli di interni ed esterni“. Di Gregorio rappresenta la parte civile di Murana, presente in aula, che fu condannato da innocente all’ergastolo: ha scontato 18 anni di carcere ma ha sempre rifiutato di accusare persone innocenti. “Se anche Murana, che ha subito nel carcere di Pianosa delle mortificazioni fisiche e psichiche, si fosse pentito, anche se lui non aveva nulla da dire, se anche si fosse pentito, avrebbe dovuto essere istruito parola per parola, come accadeva con Scarantino”.