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Spagna, “spiati oltre 60 politici indipendentisti”: caos sul governo. Podemos vuole spiegazioni, Sànchez promette commissione d’inchiesta

L'esecutivo di sinistra affronta la crisi più grave della legislatura dopo l'inchiesta del New Yorker che ha rivelato l'intercettazione dei vertici delle forze catalane e basche attraverso il software Pegasus. Sotto accusa finisce il Centro nazionale d'intelligence che però nega tutto

Il governo spagnolo sta affrontando questa settimana una delle crisi politiche più gravi della legislatura. Lo scandalo del presunto spionaggio di 63 dirigenti indipendentisti catalani e baschi, rivelato dal periodico statunitense The New Yorker, rischia di rompere la maggioranza e di infrangere l’approvazione del “Piano di Risposta” alla guerra in Ucraina -per il quale sono stati stanziati 6 miliardi di euro e volto ad alleviare le conseguenze economiche della crisi nell’Est Europa -, che si discuterà giovedì in Parlamento. Unidas Podemos, insieme ad altri partiti che sostengono il governo, pretende spiegazioni sulle intercettazioni dei telefoni di diversi leader indipendentisti tramite Pegasus, un software venduto dall’azienda israeliana NSO Group e che può essere acquistato solo da istituzioni governative come eserciti, servizi d’intelligence, forze di sicurezza dello Stato.

Questo sistema, pensato per indagare il crimine organizzato e il terrorismo, è stato utilizzato per intercettare politici di Esquerra Republicana De Catalunya (Erc), Junts, Cup, membri delle associazioni che hanno organizzato le principali manifestazioni pro indipendenza della Catalogna, come l’Assemblea Nazionale Catalana e Òmnium Cultural, ma anche indipendentisti baschi di Eh Bildu. Secondo Citizen Lab, un gruppo di esperti di cybersicurezza dell’università di Toronto che ha indagato segretamente per quasi due anni il presunto spionaggio ribattezzato come CatalanGate, tra gli intercettati ci sarebbero Artur Mas, presidente della Catalogna dal 2010 al 2015, il suo successore Joaquim Torra (dal 2015 al 2018), Pere Aragonés, attuale presidente catalano, Laura Borras, oggi presidente del parlamento catalano. Oltre a politici e attivisti, ci sono anche alcuni avvocati degli indipendentisti catalani, come Andreu Van den Eynde, avvocato dell’ex vicepresidente della Generalitat Oriol Junqueras, e Gonzalo Boye, dell’ex presidente della Generalitat catalana, Carles Puigdemont. Tra i telefoni controllati da Pegasus ci sono anche quelli di Arnaldo Otegi e di Jon Iñarritu, rispettivamente segretario generale e deputato di Eh Bildu.

Come spiega El País, Jordi Sánchez, presidente di Anc, è stato vittima del primo attacco nel 2015 e di altri cinque nel 2017, l’anno in cui si è celebrato il referendum illegale dell’1 di ottobre e che si è concluso con la dichiarazione unilaterale d’indipendenza il 27. Tuttavia, la maggior parte di questi attacchi è avvenuta nel 2018, dopo l’arresto dei principali protagonisti dell’indipendentismo catalano, nel 2019, quando arrivò la sentenza del Tribunale Supremo, e nel 2020. Questi nuovi casi si aggiungono a quelli svelati da un’indagine di El País e Guardian nel 2020, che avevano riguardato in particolare il presidente del Parlamento, Roger Torrent, l’ex consigliere Ernest Maragall, entrambi di Erc; l’ex deputata della Cup Anna Gabriel e il militante del PDeCAT e della Anc, Jordi Domingo.

Cos’è Pegasus e il ruolo del Centro Nazionale d’Intelligence
Pegasus è un software avanzato che permette di leggere messaggi criptati, accedere alla memoria interna dei cellulari, intercettare le conversazioni, rubare le password, scaricare il contenuto dal cloud, controllare a distanza il microfono e la fotocamera per scattare foto e registrare video. Il virus può penetrare nei telefoni attraverso un link inviato via sms che rimanda a una pagina web con il malware. Questi messaggi, inviati ai dirigenti indipendentisti, dissimulavano notizie di attualità. Un’altra modalità, invece, si avvaleva di alcune falle di sicurezza di Whatsapp per infettare i telefoni.

Sin dallo scoppio dello scandalo, il governo centrale ha detto di non avere nulla a che fare con il presunto spionaggio, così come la Polizia Nazionale e la Guardia Civile. Il Centro Nazionale di Intelligence, che possiede Pegasus da diversi anni, ha confermato a El País di aver spiato alcuni leader indipendentisti (senza precisare chi e quando) ma non indiscriminatamente, e di averlo fatto sempre legalmente con autorizzazione giudiziaria. Il centro nega però di aver intercettato più di 60 leader indipendentisti, come affermato dagli esperti canadesi, e sostiene che diversi nomi presenti nella lista non sono mai stati sorvegliati dal centro.

Il Cni ha la facoltà di attivare intercettazioni. La Legge di Controllo Giudiziario Preventivo, che risale al 2002 e che regola le attività dei servizi segreti, prevede che il direttore dell’organismo richieda un permesso scritto al magistrato del Tribunale Supremo incaricato di svolgere questa funzione. In questo documento devono figurare gli strumenti che si vogliono utilizzare, nome e cognome delle persone indagate, i fatti che richiedono l’adozione di questa misura, lo scopo e le ragioni che motivano l’uso di certi strumenti, e la durata. Entro 72 ore il giudice deve rispondere e, se accetta, l’autorizzazione dovrà essere rinnovata ogni tre mesi.

Dal 2015 il Cni dispone di un’Unità di difesa dei principi costituzionali e tra le funzioni del centro c’è quella di “prevenire ed evitare qualsiasi minaccia all’integrità territoriale” spagnola. Le intercettazioni sarebbero quindi state autorizzate “per l’adempimento delle funzioni del centro”. I servizi segreti monitorano da tempo l’attività dei movimenti indipendentisti. Nel 2018, per esempio, collaborarono alle indagini che portarono alla detenzione di Puigdemont in Germania.

Le reazioni arrivano da tutti i fronti
Il governo catalano ha definito il caso “estremamente grave” e intende arrivare fino in fondo per scoprire chi ha ordinato questo spionaggio che considera “massivo”. Per questo ha deciso di “limitare” le relazioni con il governo centrale fino a che non si farà chiarezza sui fatti e non si accerteranno le responsabilità. Inoltre, le autorità catalane hanno avvisato che intraprenderanno “azioni legali” e che la fiducia al governo centrale è “in grave pericolo”.

Anche Unidas Podemos, socio di minoranza del Partito socialista al governo, ha preso posizione. Insieme alle sigle Erc, Eh Bildu, Junts, PDeCAT, Cup, Más País, Bng e Compromís (alcune indipendentiste, altre della galassia di sinistra) ha firmato un manifesto contro questo “spionaggio politico che minaccia i diritti umani fondamentali”. Per questo chiedono una risposta immediata dal governo e l’avvio di un’indagine per chiarire i fatti. I partiti firmatari hanno puntato il dito contro la ministra della Difesa, Margarita Robles: “Tutti gli indizi conducono al coinvolgimento del Cni, che da quando Robles ha assunto l’incarico, dipende dal ministero della Difesa, ma non escludiamo che siano coinvolti altri organismi pubblici”, si legge nella nota congiunta.

Per calmare la tensione con Erc, il governo ha offerto quattro possibilità: un’indagine interna del Cni, un’investigazione del Difensore del Popolo, un’indagine nella Commissione di Segreti Ufficiali nel Congresso, dove verrà chiamata a testimoniare la direttrice del Cni, e infine la promessa di declassificare documenti segreti che potrebbero far luce sul caso. Per i partiti che sostengono in parlamento il governo di Pedro Sánchez, “l’uso antidemocratico dello spionaggio come arma politica contro l’avversario politico è un metodo che non può trovare posto in uno Stato democratico”. Il presidente e i suoi ministri dovranno dare una risposta celere alle forze politiche per assicurarsi la maggioranza prima dell’appuntamento di giovedì al Parlamento.