Politica

Mastella e le 150 multe non pagate: “Io non ho manco la patente”. Da Salvini a Brambilla fino a Lunardi, tutti gli “onorevoli” precedenti

Il sindaco di Benevento nei guai per le contravvenzioni ricevute in 5 anni dalla sua auto blu lungo la tratta tra la città campana e Roma. Ma di storie simili - di politici che sfrecciano e poi magari cercano di non pagare - ce ne sono parecchie. Eccone alcune. Come quell'ex senatore che si giustificò con un'urgenza gastrointestinale

Mastella si difende: “Non ho manco la patente!”. Si capisce così che per una vita intera, almeno dal lontano 1976 che segna il suo ingresso in Parlamento, c’è un autista che lo scarrozza. Il punto però è un altro: è venuto fuori che in meno di cinque anni sulla tratta Benevento-Roma la sua auto blu ha collezionato ben 150 multe, tutte prontamente annullate dal prefetto. Alcune per il superamento dei limiti di velocità, altre per aver bucato la Ztl e le preferenziali come fosse un autobus dell’Amst, non a bordo dell’auto con l’emblema del Comune o della sua Audi privata. Le Iene alzano, giustamente, un polverone sul “caso”. Lui ci soffia sopra, accusando il suo rivale a Palazzo Mosti di montare la panna e facendo notare che la benzina per le trasferte, almeno quella, se la paga lui. La querelle finirà in tribunale, dove il politico di Ceppaloni ha già portato – per effetto di una querela – l’ex funzionario Gabriele Corona, diventato consigliere comunale, sempre per la storia dell’auto. Non così i verbali, presi a raffica e subito cestinati dopo altrettanti ricorsi-fotocopia. Tutti motivati da Mastella così: impegni istituzionali, esigenze di servizio e di sicurezza. La polemica andrà avanti per giorni ma l’epilogo sembra scontato a causa di precedenti illustri che fanno del “caso Mastella” solo l’ultimo di tanti.

Su questo giornale li abbiamo raccontati a più riprese. Anche più coloriti, ma altrettanto disarmanti per il cittadino comune che le multe le paga e senza avere un ruolo istituzionale né stipendi pubblici che dovrebbero essere aggravanti e invece sono la manleva per non pagare. Il “vizietto”, se così si può chiamare, vanta illustri precedenti. Andando a ritroso c’è un Salvini, futuro ministro dell’Interno, che sfreccia a 87 km per andare in via Bellerio lungo lo stradone Enrico Fermi, dove il limite è 70 ed è l’incubo di tutti gli automobilisti comuni, che disciplinatamente lo rispettano. Non così il politico che prende carta e penna e si fa annullare il verbale accampando il “ruolo istituzionale” e il “rischio sicurezza”. E pazienza se all’epoca il leghista era solo candidato capolista alle Comunali di Milano. Prima di lui c’erano stati ministri e politici come Michela Vittoria Brambilla, Mariastella Gelmini, l’allora deputato del Pdl Maurizio Bernardo e perfino l’ex padre della patente a punti Pietro Lunardi. In alcuni casi l’annullamento è formato extralarge, nel senso che oltre alla sanzione al povero politico può capitare che la polizia locale sequestri il mezzo in divieto di sosta, quasi fossero persone normali. Poi a quelle che lo sono davvero tocca pagare il deposito etc a loro no.

Dai ricorsi su carta intestata degli onorevoli si scoprono poi i veri costi, per i contribuenti, delle “auto blu”. Nel caso della Brambilla, ad esempio, venne fuori che la sua – una Mercedes con autista – costava anche 500 euro al giorno, che in un anno sarebbero 182mila euro. Tutta colpa di un semaforo bruciato in quel di Milano. La rossa che passa col rosso allegò al ricorso il contratto di servizio con la Prefettura di Lecco, indicando che l’auto era rimasta a sua disposizione per 19 ore consecutive, i chilometri percorsi erano stati 210 più del pattuito e alla consegna il conto fu appunto di 530 euro per un solo giorno.

E che dire dell’ex senatore Antonio Paravita? Si beccò una multa da 264 euro per aver bruciato il limite sul cavalcavia del Ghisallo, altro incubo per gli automobilisti milanesi che vanno al lavoro a 50 all’ora, mentre il nostro sfrecciava a 111 col suo Land Rover. Ma loro pagano, lui no. Il bello, si fa per dire, è che non era più senatore da un pezzo ma prendeva carta e penna del Senato che gli erano rimasti e (senza precisare che la carica era cessata) scriveva al Prefetto per chiede l’annullamento della sanzione e la pronta restituzione dei punti. Oltre alle cose solite (“ruolo istituzionale”…) aggiungeva le cose coliche: proprio a quell’ora, in quel punto, aveva avuto un’urgenza, diciamo così, che lo spingeva a raggiungere la destinazione (cioè casa della figlia).

Ecco, tutto questo per dire che il vizio è antico. Che Mastella, fosse solo per il numero record di contravvenzioni annullate, merita di diritto di entrare nella casistica della Casta che corre impunita verso l’ostilità dell’uomo qualunque. Anche perché, val la pena ricordarlo, le sanzioni annullate sono soldi in meno per i comuni, da Benevento (che l’anno scorso ha chiuso il proprio bilancio in rosso di 30 milioni) a Milano, cui ne mancano 200 per chiudere l’esercizio. Le multe dei politici non bastano a ripianarli, sarebbe populista sostenerlo, ma che le paghino sarebbe di conforto a chi invece non ha scelta.