Tecnologia

Dying Light 2: Stay Human – Il nuovo capitolo dell’action horror di Techland offre una storia e nuove meccaniche interessanti, ma non senza qualche pecca

Dopo 7 anni dal primo titolo, Techland porta sui nostri schermi il secondo capitolo di Dying Light: Dying Light 2 Stay Human. Nonostante uno sviluppo travagliato siamo davanti a un ottimo action in prima persona con preponderanti elementi gdr, ma naturalmente tutte le difficoltà affrontate dallo studio si sono riflesse per forza di cose in alcune meccaniche di gioco che approfondiremo a breve. Abbiamo esplorato per più di sessanta ore le strade di Villedor su XBOX Series X in compagnia di Aiden, il pellegrino a caccia della sorella scomparsa in una terra abitata da un’umanità sull’orlo dell’estinzione.

Una storia quasi riuscita
Sono passati 15 anni dagli eventi del primo Dying Light, dove era stata trovata una cura per il virus, ed una versione potenziata dello stesso, sfuggito da una sperimentazione militare, ha creato nuovi focolai trasformare quasi l’intera umanità. Aiden, il protagonista dell’avventura, è uno dei pochi umani disposti ad avventurarsi al di là delle mura e le indagini per ritrovare sua sorella, dalla quale è stato separato da bambino dopo terribili esperimenti, lo portano a Villedor.

La trama di Dying Light 2 si lascia piacevolmente seguire, grazie a qualche colpo di scena ben congeniato, l‘ottima costruzione del mondo di gioco e la buona caratterizzazione delle tre fazioni (sopravvisuti, rinnegati e pacificatori), ma più si procede con la narrazione più si sente qualcosa che non suona come dovrebbe. Ci troveremo infatti davanti a parecchie scelte durante il nostro cammino, scelte soprattutto inerenti a come distribuire punti chiave dei territori che conquisteremo o con chi schierarci durante determinate prese di posizione tra sopravvissuti e pacificatori.

Tutte scelte che però, a parte aiuti di un determinato tipo sparsi per la mappa, non vedranno conseguenze davvero fondamentali durante l’arco narrativo e non avremo mai il sentore di esserci inimicati davvero una o l’altra fazione. Insomma, sarebbero state gradite conseguenze molto più marcate a seconda delle nostre scelte.

Il gameplay
Dying Light 2 mantiene tutte le meccaniche che hanno reso celebre il suo predecessore aggiungendo qualche novità in ambito di parkour. La prima, grande differenza che può notare chi arriva dal primo capitolo è il fatto che Stay Human spinge molto di più il gioco notturno, con parecchie missioni ed esplorazioni al chiuso in posti visitabili quando gli infetti sono impegnati a invadere le strade.

La progressione dei livelli, oltre ai perk (vantaggi, ndr) guadagnati da spendere negli skill tree grazie a missioni, combattimenti e parkour, sarà legato agli inibitori, oggetti che ci permettono di aumentare il massimale dei punti vita e della stamina, oltre al permetterci di spendere i suddetti perk in rami più avanzati dei due alberi delle abilità. In generale la progressione del nostro personaggio sarà parecchio lineare e non riusciremo mai a mettere le mani su armi che non possiamo permetterci di usare, cosa che in fin dei conti non ci ha infastidito più di tanto, nonostante possa sembrare quasi un’eresia nell’ambito di un open world.

È proprio nei combattimenti corpo a corpo e nel parkour che traspaiono quei problemi che hanno afflitto lo sviluppo del titolo: capita spesso che Aiden, durante le corse e le arrampicate s’incastri più del dovuto, non si appenda agli appigli facendoci precipitare nel vuoto o, ancora più fastidioso, resti appeso in posti dai quali vorremmo scendere in tutta fretta per, magari, scappare da un’orda che ci sta ineguendo.

Per quanto riguarda il combattimento, a parità di livello ed equipaggiamento, non avremo mai dei problemi giganteschi, grazie anche all’alto numero di oggetti curativi recuperati durante le scorribande o craftati, ma la cura con cui sono stati gestiti può creare qualche fastidio come schivate che inspiegabilmente ci fanno comunque colpire, o parate che non entrano. Tutte cose risolvibili con poche patch, sia chiaro, ma allo stato attuale c’è sicuramente qualcosa da smussare.

In linea generale siamo comunque davanti a un titolo che, pad alla mano, diverte in ogni ambito, dal parkour, al combattimento alle numerose attività secondarie, grazie soprattutto a un level design ottimamente strutturato soprattutto nella sua verticalità. Un parco giochi per equilibistri davvero ben congegnato.

In conclusione
Una buona costruzione del mondo di gioco, atmosfere azzeccate e un gameplay frenetico e ben strutturato, al netto di qualche problema al quale abbiamo accennato, rendono Dying Light 2 un più che degno successore del primo capitolo. Il crafting rivisto e migliorato, l’introduzione del parapendio, le numerose attività e il carisma dei personaggi ci regalano una quarantina di ore di storia principale che si traducono in un buon centinaio impegnate a esplorare ogni anfratto di questo mondo alla deriva.

Certo, Stay Human si porta dietro il difetto tipico del genere: l’ovvio senso di ripetitività che comincia ad affacciarsi dopo decine di ore spese a fare acrobazie tra i tetti di Villador, ma complice la possibilità di giocarlo completamente in cooperativa insieme ad altre (al massimo) tre persone, fa sì che la sensazione di noia si affievolisca di parecchio.

Certi del supporto, degli aggiornamenti e dei DLC che non tarderanno ad arrivare, Dying Light 2: Stay Human è sicuramente un titolo da giocare assolutamente non solo da chi ha già apprezzato il predecessore, ma da tutti gli amanti del genere.