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Olena, la moglie di Zelensky si mobilita per evacuare i bambini malati dall’Ucraina: “Devono battersi su due fronti, con il cancro e con il contesto militare”

“Come sto? Come un essere umano che ha una guerra in casa. Come ogni cittadino ucraino. Ogni giorno bisogna chiamare tutti i parenti. Sono vivi? Controllare i messaggi. Se appaiono come letti, si può ancora sperare che abbiano avuto un minimo accesso alla rete, che siano in vita. Ed è già una fortuna incredibile in guerra”. Così Olena Zelenska, moglie del presidente ucraino Volodimir Zelensky, in un’intervista al Corriere della Sera in cui racconta il suo nuovo impegno a sostegno del suo Paese. Dall’inizio del conflitto, la first lady di Kiev si è mobilitata per garantire corridoi umanitari alla popolazione ucraina e anche per evacuare i bambini malati di cancro verso i Paesi occidentali, tra cui la Francia, con aiuto di Brigitte Macron, la première dame francese.

“Questi ‘convogli della vita’ non hanno precedenti. È una vera e propria operazione di salvataggio. Quando è diventato chiaro che era impossibile curare i bambini malati di cancro nei rifugi anti-bomba, abbiamo immediatamente cercato una soluzione. Per prima cosa, i bambini di diverse zone del Paese, anche molto calde, vengono trasportati a Leopoli, al Western Ukrainian Specialized Children’s Medical Centre. Lì vengono visitati, le loro condizioni si stabilizzano, le cartelle cliniche sono ricostruite e tradotte in diverse lingue. In seguito, un hub in Polonia consente ai bambini di ricevere una diagnosi e un supporto medico”, racconta. “Dopo i giovani pazienti, col sostegno della comunità oncologica internazionale, vengono smistati. Alcuni restano in Polonia, altri vengono mandati in Francia, in Italia, in Germania, negli Stati Uniti, in Canada. Sono felice di aver potuto essere utile al progetto”.

E ancora: “I bambini non si separano dai loro cari, è un elemento importante del progetto – ha spiegato Olena Zelenska -. Un altro principio chiave è che vengono assistiti gratuitamente. Il cancro è una guerra personale per ogni famiglia coinvolta. Devono battersi su due fronti, con la malattia e con il contesto militare. È una prova estremamente complessa. Prendiamo Anya, 12 anni, di Kiev: le mancava solo qualche seduta di chemioterapia per terminare il trattamento. La guerra poteva impedirle questa vittoria? Mai e poi mai. Non possiamo permetterlo!”. Infine, un pensiero di speranza arriva da tutti quei bimbi nati in questo mese di guerra sotto le bombe: “Abbiamo avuto più di 4.000 nascite. Sono venuti al mondo nei sotterranei, nelle stazioni della metropolitana, nei rifugi anti-bomba.. talvolta nei reparti maternità bombardati: è successo a Mariupol, avete visto tutti le foto”.