Cronaca

Alzano, la mancata zona rossa, il disastro di Bergamo: la serata “per la ricerca della verità” organizzata dai familiari delle vittime Covid

"Quello che resta di una vita" è l'evento in programma a Osio Sotto. Presenti membri della società civile che in questi due anni si sono impegnati per ricostruire quanto avvenuto a Bergamo e in Lombardia. E giornalisti che si sono impegnati per ricostruire le responsabilità delle mancate chiusure in quella zona. Tra loro Francesca Nava e la vicedirettrice del Fatto Maddalena Oliva: per le inchieste del nostro giornale un riconoscimento speciale

“È una vecchia abitudine dell’umanità, passare accanto ai morti e non vederli”, scriveva José Saramago. L’emergenza Covid sembra essere finita, un ricordo lontano. Eppure, per milioni di persone è tutt’altro che così. Cosa è successo più di due anni fa all’ospedale “Pesenti Fenaroli”di Alzano Lombardo, al territorio della Val Seriana e all’intera Bergamasca, la “Wuhan italiana”, è ormai tristemente noto. Meno – ancora oggi – le responsabilità di chi doveva vigilare, e non l’ha fatto. Di chi doveva “difendere”, chiudendo, e non l’ha fatto. La Procura di Bergamo è al lavoro da anni in quella che si presenta come la più grande inchiesta giudiziaria sulla gestione della pandemia in un Paese occidentale. La relazione tecnica firmata dal super perito, il professor Andrea Crisanti, e consegnata ai pm di Bergamo coordinato dal procuratore Walter Chiappani, chiarisce come si sarebbero potute evitare fino a 4mila vittime nella Bergamasca, se si fosse “tempestivamente istituita la zona rossa” nella zona della Val Seriana e se si fossero applicati i piani pandemici nazionale e regionale. E procede anche la più grande azione civile della storia italiana contro delle istituzioni pubbliche: 520 familiari delle vittime del Covid che hanno citato in giudizio l’allora presidenza del Consiglio, il ministero della Salute e la Regione Lombardia.

È con questo spirito – uno spirito di ricordo dei morti di questa terra e di quelli che si sarebbero potuti evitare, ma anche di continua e costante ricerca di verità e giustizia su come andarono le cose – che l’associazione dei familiari delle vittime del Covid ha organizzato oggi una serata speciale, in occasione della seconda giornata nazionale in ricordo delle vittime del Covid, per commemorare “Quello che resta di una vita”. Proprio nella Bergamasca, a Osio Sotto, l’appuntamento è a partire dalle 20 nella Sala Comunale.

Presenti moltissimi membri della società civile che in questi due anni si sono impegnati per ricostruire quanto avvenuto a Bergamo e in Lombardia. Tra questi, un riconoscimento d’eccezione andrà al Cav. Alfredo Ambrosetti, fondatore del Forum di Cernobbio; al Gen. dell’Esercito italiano Pier Paolo Lunelli; all’ex ricercatore dell’OMS, Francesco Zambon; all’ex direttore medico dell’Ospedale Pesenti di Alzano Lombardo, Giuseppe Marzulli; al presidente dell’Ordine dei Medici di Bergamo, Guido Marinoni. Ma saranno presenti anche il direttore della prevenzione sanitaria per il Ministero della Salute, Giovanni Rezza; il Ten. Col. Giuseppe Regina, che organizzò la colonna dei mezzi militari del 18 marzo divenuta simbolo della tragedia. E anche quei giornalisti che si sono particolarmente dedicati al lavoro di inchiesta sulla strage della Val Seriana. Per il “Fatto quotidiano” sarà la vicedirettrice Maddalena Oliva a partecipare alla tavola rotonda “La tana dei titani. Due anni di inchieste giornalistiche sulla pandemia” a cui parteciperanno anche Francesca Nava (Presa Diretta), Giulio Valesini (Report), Fabrizio Gatti (L’Espresso), Francesco Borgonovo (La Verità), Felice Manti (Il Giornale). Proprio per le inchieste sulla Val Seriana, e in particolare per quelle sulle responsabilità nella gestione della prima ondata di Regione Lombardia, al “Fatto quotidiano” andrà un riconoscimento speciale.