Società

Milano, “legalizzare il Tempio del Futuro Perduto”. Dopo il processo finito con un l’assoluzione l’appello al Comune

Nato nel 2018 dalle macerie del lotto 2 della Fabbrica del Vapore il Tempio ha organizzato lo spazio e dato vita a molte iniziate. Nel 2018 le contestazioni di "invasione di terreni di proprietà pubblica, e apertura abusiva di luoghi di pubblico spettacolo e intrattenimento", ma il dibattimento si è chiuso con un verdetto a favore dei volontari

“La nostra arte è contro la guerra. La musica elettronica insegna alla politica amore per il futuro e per le nuove generazioni. Pace, eguaglianza, giustizia sociale”. Queste le parole riportate su un cartello arcobaleno affisso davanti a una porta. Subito accanto, eccone un altro, affisso questa volta in mezzo a una serie di grucce, appendiabiti e ripiani su cui posano libri e vestiti di ogni tipo: “Ciao! Questo è il Muro della Gentilezza. Tutto è gratis. Aiutaci a tenere pulito”. Uno strumento, quello dei cartelli, che sembrerebbe essere il mezzo di comunicazione preferito: anche lo scorso lunedì, davanti all’ingresso del Tribunale di Milano, tra musica e balli, diverse persone mostravano cartelli su cui capeggiava la scritta “Legalizzare il Tempio. Perché il Futuro non sia perduto”.

Quella del Tempio del Futuro Perduto, pur essendo una realtà molto giovane, ha già notevolmente fatto parlare di sé. Nato nel 2018 dalle macerie del lotto 2 della Fabbrica del Vapore, il Tempio del Futuro Perduto è stato la risposta all’esigenza di spazi da parte dei vecchi lavoratori della stessa Fabbrica del Vapore, dove poter continuare la loro attività. Essenziale, per questo progetto, la collaborazione con altre associazioni culturali della città, che mettendosi a loro volta a disposizione per riqualificare il vecchio lotto, sono riuscite a dare vita a uno spazio polifunzionale: da corsi di yoga a quelli di danza, da mercatini del baratto all’organizzazione di eventi culturali. Eventi volti prevalentemente al sociale, con prezzi calmierati, in modo da ampliare l’accesso delle attività a una fetta molto larga della cittadinanza.

In particolar modo, a livello sociale, ciò che ha reso celebre il Tempio è stato il Muro della Gentilezza. Dal 2020, infatti, appesi alle pareti esterne della struttura di Via Luigi Nono fanno capolino indumenti e altri beni, messi gratuitamente a disposizione per i più indigenti che attraversano la via. Tommaso Dapri, portavoce e organizzatore delle varie realtà che compongono il Tempio a ilfattoquotidiano.it spiega l’importanza del Muro nel tessuto sociale del Tempio: “È sicuramente una tra le attività che hanno avuto la maggiore adesione. La nostra rete è impegnata ogni giorno a gestire l’enorme mole di vestiti e altri beni di prima necessità che ci viene donata dai cittadini, e che noi ci premuriamo di donare a chi ce li chieda”. Una rete di solidarietà che si è attivata anche guardando alla recente crisi Ucraina delle ultime settimane, sul lato sia materiale che culturale: “Ancora una volta la cittadinanza si è mossa, raccogliendo da noi indumenti, giocattoli, cibo che ci è stato precedentemente donato, inviandolo direttamente in Ucraina tramite cooperative e ong. Inoltre, essendo noi un centro culturale, abbiamo voluto dare il nostro contributo anche su questo versante, ospitando all’interno della struttura alcuni artisti ucraini. Tramite il loro lavoro, che ricopre musica, pittura e testi letterari, speriamo si riesca a sensibilizzare il pubblico riguardo questo conflitto”.

Tuttavia, le conseguenze dell’occupazione di suolo pubblico non si sono fatte attendere; motivo per cui il Tempio del Futuro Perduto ha intrapreso un braccio di ferro legale con il Comune di Milano. Nel 2018, stesso anno della sua fondazione, Palazzo Marino ha infatti citato in giudizio l’organizzazione del Tempio ed è Dapri che si è offerto, in comune accordo con gli altri membri, di rispondere alle contestazioni di “invasione di terreni di proprietà pubblica, e apertura abusiva di luoghi di pubblico spettacolo e intrattenimento”. L’esito finale, tenutosi lunedì 28 febbraio con l’udienza di primo grado, è stata l’assoluzione di Dapri da entrambe le accuse: dalla prima perché “il fatto non costituisce reato”, dalla seconda a causa “della mancanza dell’elemento soggettivo del reato (il dolo), in quanto lo scopo dell’asserita occupazione non era da rinvenirsi nel profitto, ma nello svolgere opere di rigenerazione urbana e beneficenza”.

Sebbene l’attività dei volontari sia stata riqualificare una zona abbandonata in elevato stato di degrado, sono sorte controversie con Palazzo Marino riguardo la richiesta principale del Tempio: la sua legalizzazione. L’assoluzione – secondo Dapri – è stata importantissima per scongelare i precedenti rapporti, grazie a una ipotetica maggiore possibilità nel chiedere un dialogo con il Comune, ed esaudire il tanto agognato desiderio del centro culturale. “Grazie alla legalizzazione, potremmo avere un regolare contratto d’affitto e concentrarci su attività molto più dispendiose e complesse. Tra tutte, quelle che vedono una rigenerazione di altri spazi abbandonati sparsi per la città, basata sullo studio di questi luoghi e sulle eventuali operazioni di rigenerazione che si possono applicare. Reputiamo che questo modello di centri culturali, fondati sulla cooperazione, la solidarietà e la diffusione di arti e idee, siano essenziali in una realtà come Milano”.

Il Comune, inoltre, non si è costituito parte civile (decidendo quindi di non chiedere i danni in sede penale, ma preferendo attendere l’esito del processo penale per poi eventualmente rivolgersi al giudice civile). Ora si vedrà quali saranno le mosse di Palazzo Marino nei confronti di questa realtà: una realtà in grado di dare molto ai meneghini, sia in ambito solidale, che in quello culturale, e che non renda più “perduto” questo futuro.