Mafie

Il casolare confiscato a don Tano deve tornare ai Badalamenti per un errore burocratico. Impastato: “Sconfitta per l’antimafia”

Il casolare alle porte di Cinisi è diventato un monumento alla lotta contro la mafia, grazie a un investimento di 400mila euro arrivati grazie a fondi Ue. “Casa Felicia” si chiama adesso, in onore della mamma di Peppino Impastato e a gestirlo sono il fratello Giovanni e i suoi familiari. Ora dovrebbe essere restituito agli eredi dello storico capomafia della città

La lotta alla mafia frenata da un cavillo. Un pasticcio su una particella catastale: su questo va in fumo la confisca di un bene sottratto a Tano Badalamenti, il capomafia di Cinisi, il “Tano Seduto” del film I Cento passi su Peppino Impastato. Lo scorso 25 febbraio gli ufficiali giudiziari si sono presentati alla porta del fratello di Peppino, Giovanni, per prendere le chiavi del casolare: “Ma io non avevo ricevuto nessuna notifica e mi sono rifiutato di consegnarle”, spiega Impastato. Un rifiuto che ha permesso di recuperare tempo: adesso la prossima scadenza è il 29 aprile. Entro questa data bisognerà trovare una soluzione oppure la casa che fu di Badalamenti dovrà essere restituita ai suoi eredi.

E dire che l’errore era già noto dal 2010, quando ci fece caso il sindaco di Cinisi di allora, Salvatore Palazzolo. Da allora ad oggi nessuno è stato in grado di sistemarlo e adesso è diventato insanabile. Nel frattempo il casolare alle porte di Cinisi è diventato un monumento alla lotta contro la mafia. “Casa Felicia” si chiama adesso, in onore della mamma di Peppino Impastato, un casolare che dal 2010 è stato assegnato al Comune di Cinisi, alle porte di Palermo, e da allora è diventato un centro culturale gestito dal fratello da Giovanni Impastato e dai suoi familiari. Una “sconfitta per Cinisi, per noi, per la società civile, per l’antimafia, per tutto il Paese: troppo”, dice Impastato. “Non è possibile per un errore burocratico perdere tutto quello che abbiamo fatto fino ad oggi”, continua. Non era che un rudere, infatti, quando dalla confisca si è passati all’assegnazione al Comune, con tanto di pasticcio burocratico. Negli anni, per sistemarlo, sono stati investiti tanti soldi: circa 400mila euro ottenuti grazie a un finanziamento europeo.

Solo che adesso l’agenzia per i beni confiscati ha tempo fino al 29 aprile per riconsegnare l’immobile a Leonardo Badalamenti, secondogenito del boss, tornato in Italia nel 2017, quando andò ad abitare con la madre a Castellammare del Golfo. Per tre anni nessuno si accorse che Badalamenti junior era ricercato dal Brasile per traffico di droga. Solo dopo uno scontro col sindaco di Cinisi, Salvatore Palazzolo, proprio sull’inghippo burocratico sulla confisca, nel 2020, ci si accorse che su di lui pendeva una richiesta di estradizione. Fu arrestato dalla Dia, ma un anno dopo la seconda sezione della Corte d’Appello di Palermo disse no all’estradizione e fu scarcerato. Ricercato dal Brasile ma senza condanne in Italia, il figlio di don Tano vive in libertà ed ora rientrerà in possesso del casolare alle porte di Cinisi. Ma il fronte antimafia non si arrende: “Dare al figlio di don Tano le chiavi di ‘Casa Felicia’, sarebbe una grande sconfitta per Cinisi, per le giovani generazioni e per chi ha sacrificato la vita nella lotta alla mafia”, dicono in una nota Casa Memoria, Centro Impastato e Associazione Peppino Impastato – Casa Felicia. “Casa Felicia fu ristrutturata con quasi 400mila euro di fondi europei. Adesso, dopo più di dieci anni, la confisca è stata revocata. Se c’è stato un ‘errore’ vogliamo capire chi ne ha la responsabilità, anche perché questo ha determinato la spesa di molti soldi pubblici”. E continuano nella nota: “Leonardo Badalamenti nell’agosto del 2020, con la scusa di rivendicare un suo diritto, aveva rotto le serrature di questo per appropriarsene con la forza…A gennaio 2021 il Comune ha dato a Casa Memoria Impastato la gestione del bene, che da allora è stato visitato da centinaia di giovani”.

Intanto, gli avvocati di Impastato e del Comune si sono messi subito al lavoro, e hanno scovato una legge che permette loro di non restituire il bene, ripagando però l’antico proprietario del valore catastale dell’epoca e risarcendolo del mancato possesso. Si tratta del codice dei beni culturali (articolo 10, comma 3, del codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio del 2004 n.42) che consente di mantenere il possesso di beni di interesse pubblico: “Siamo convinti della bontà del nostro ragionamento che proponiamo ai legali di Badalamenti”, spiega Giangiacomo Palazzolo, attuale sindaco di Cinisi che ha firmato una delibera che impegna il Comune a provvedere alle spese per mantenere il bene, se fosse necessario. Badalamenti junior potrebbe, infatti, non rientrare in possesso del bene, venendo risarcito. Ma da chi? Questo è il nuovo nodo da sciogliere: il Comune di Cinisi si è detto disponibile, ma “a pagare dovrebbe essere chi ha commesso l’errore”, indica Impastato. Ovvero l’Agenzia per i beni confiscati o addirittura i tecnici responsabili dell’errore catastale. “È chiaro che non ci riteniamo responsabili del danno economico – chiarisce il primo cittadino – e ciò nonostante siamo gli unici a dire che in ogni caso ci faremo totale carico della questione. Fermo restando che andrebbe approfondita tutta la vicenda per ribaltare un esito che finora è andato a favore di Badalamenti, anche per individuare le responsabilità di questo errore. Di certo era doveroso che l’Agenzia si ponesse questo problema, c’è invece stata una grave noncuranza che ci ha portato all’esito di oggi”.