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La Scala, i lavoratori rifiutano la tournée in Egitto per il caso Giulio Regeni: “Non andiamo”. Scoppia la polemica, ecco come stanno davvero le cose

Dalla direzione del teatro è arrivato subito un chiarimento: la tournée non si farà per diverse ragioni. E’ stata così subito disinnescata una polemica che rischiava di diventare incandescente. E che ne ricordava una del passato: quella scoppiata nel 2019

La Scala non va in Egitto. Un no secco da parte dei lavoratori ha bloccato l’ipotesi di una tournée che avrebbe toccato anche il Paese del presidente Abdel Fattah al-Sisi. Un rifiuto non negoziabile. “Non andiamo – hanno spiegato i rappresentanti dei lavoratori – là dove il caso Regeni brucia ancora e quello di Zaki è ancora aperto”. Una posizione che Francesco Lattuada, delegato della Slc Cgil nell’orchestra della Scala, ha sintetizzato così: “Proprio davanti alla Scala da anni uno striscione su Palazzo Marino invita a non dimenticare la morte di Regeni. Che ne pensa il sindaco Sala? Io poi sarei contrario ad andare a suonare in qualsiasi Paese che non rispetti la democrazia”. Conclusione: “I soldi non sono sempre uguali, e la perplessità in certi casi si fa molto forte. Mica si può suonare per i Casamonica”.

La famiglia di Giulio Regeni ha subito ringraziato “ogni singolo lavoratore della Scala per questa scelta di responsabilità culturale, morale e politica”. E ha detto: “Vorremmo che tutti i rappresentanti politici italiani ed europei, gli artisti, gli imprenditori e i turisti seguissero il loro esempio lodevole”. Il ‘no’ è stato davvero deciso. E il pressing forte. Anche da parte dei parenti del dottorando italiano dell’Università di Cambridge rapito al Cairo il 25 gennaio 2016 e trovato senza vita il 3 febbraio. Torturato e ucciso, secondo la ricostruzione della procura di Roma, dal servizio segreto interno egiziano.

Dalla direzione del teatro è arrivato subito un chiarimento: la tournée non si farà per diverse ragioni. E’ stata così subito disinnescata una polemica che rischiava di diventare incandescente. E che ne ricordava una del passato: quella scoppiata nel 2019. In quell’anno l’allora sovrintendente Alexander Pereira aveva prospettato l’ingresso fra i soci, con un posto in cda, di Badr bin Abdullah bin Mohammed bin Farhan al Saud. Di chi si trattava? Del ministro della Cultura saudita. E’ una vicenda che, si dice, è pesata nella mancata conferma di Pereira alla guida della Scala

Ma com’è nato il caso-Egitto che ha determinato reazioni così forti? L’invito avrebbe sostituito la prevista tournée in Giappone. Più volte annunciata, è stata sempre rimandata per il Covid. L’alternativa sarebbe stata rappresentata da sedici spettacoli in Egitto e poi in Kuwait e a Dubai. Tra questi quattro recite della “Traviata”, un concerto con orchestra e coro nel nuovo teatro del Cairo e il balletto “Giselle”. Un pacchetto che, dicono gli informati, aveva giù anche un nome: “Operazione Iside”. Avrebbe portato in cassa, secondo le stime, dai 4 ai 5 milioni.

La vicenda ha però avuto una coda avvelenata nella mattinata di oggi. La Scala è tornata a chiarire: non è mai stata programmata e nemmeno formalizzata l’ipotesi di una tournée nella terra dei faraoni, il Consiglio di amministrazione non ha discusso di una tournée in Egitto e il sovrintendente e direttore artistico Dominique Meyer, unico che dispone delle deleghe autorizzative, non ha ricevuto i sindacati per presentare o discutere con loro di una tournée in Egitto.

Incalza lo stesso Meyer, con una dichiarazione all’Ansa: “C’è stato tanto rumore per nulla”. Chiarisce: “Non c’è stato alcuno scontro con i sindacati. Due o tre giorni fa ho saputo che c’era una sensibilità forte da parte di alcuni. Capisco la famiglia Regeni e l’attenzione dopo un disastro del genere, la cosa peggiore che possa succedere a un genitore. Ma noi abbiamo rinunciato a fare qualcosa che non volevamo fare”. Affiora un ulteriore dettaglio. Non sarebbe comunque stato possibile organizzare la tournée in Egitto perché all’inizio dell’estate l’Orchestra sarà impegnata a Milano nell’evento “La Scala in città”. Tra i sindacati c’è scompiglio. Con una stoccata a Lattuada, della Cgil, accusato da altri rappresentanti dei lavoratori di eccessivo protagonismo. Su una cosa sono tutti d’accordo, la tragedia di Regeni non può essere dimenticata. E dev’essere fatto ogni sforzo per arrivare alla verità.