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Mauritius sfida la Gran Bretagna e issa la propria bandiera sull’arcipelago di Chagos. Londra: “Nessun dubbio su nostra sovranità”

La piccola repubblica aveva ottenuto la conferma della propria sovranità su Chagos già nel 2019 da parte della Corte internazionale di giustizia

La Repubblica di Mauritius, isola a este del Madagascar nell’Oceano Indiano, ha sfidato la Gran Bretagna, suo ex paese colonizzatore, reclamando la propria sovranità sull’arcipelago di Chagos, ancora sotto il dominio britannico. Mauritius aveva ottenuto la conferma della propria sovranità su Chagos già nel 2019 da parte della Corte internazionale di giustizia. Londra non nutre però “nessun dubbio” sulla propria sovranità sulle isole dell’arcipelago. Secondo quanto riporta il quotidiano britannico The Guardian, in una cerimonia, alle 10.30 (ora locale) del 14 febbraio, i funzionari mauriziani hanno cantato l’inno nazionale di Mauritius e lo stendardo rosso, blu, giallo e verde di Mauritius è stato innalzato sopra l’atollo di Peros Banhos dall’ambasciatore mauriziano alle Nazioni Unite, Jagdish Koonjul. “Stiamo compiendo l’atto simbolico di alzare la bandiera, come hanno fatto tante volte gli inglesi per stabilire le colonie. Noi, però, reclamiamo ciò che è sempre stato nostro”, ha detto il diplomatico.

Un messaggio preregistrato del primo ministro mauriziano, Pravind Jugnauth, è stato trasmesso ai chagossiani, ai funzionari mauriziani e ai media riuniti sulla spiaggia. “È la prima volta che Mauritius guida una spedizione in questa parte del suo territorio”, ha affermato. “Sono triste di non aver potuto far parte di questa visita storica. Sono lieto che i nostri fratelli e sorelle di Chagos possano viaggiare nel loro luogo di nascita senza alcuna scorta straniera (britannica, ndr)”. “La comunità internazionale e le istituzioni internazionali hanno già deciso che questo è il nostro territorio. Quello che stiamo facendo è legittimo”, ha dichiarato il premier mauriziano al Guardian, riferendosi tra l’altro alla richiesta dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite al Regno Unito di restituire l’arcipelago a Mauritius. Alla domanda su cosa sarebbe successo se i funzionari del Regno Unito avessero successivamente rimosso la bandiera mauriziana, Jugnauth ha detto: “Non so cosa faranno. Se rimuoveranno la bandiera, ciò costituirà una provocazione da parte loro. Il Regno Unito non si attiene alle sentenze di diritto internazionale”.

Un portavoce del Foreign Office britannico spiega però che: “Il Regno Unito non ha dubbi sulla nostra sovranità su questo territorio britannico nell’Oceano Indiano, che abbiamo in modo continuativo sin dal 1814″. “Mauritius non ha mai avuto la sovranità su questo territorio e il Regno Unito non riconosce le sue rivendicazioni”, ha aggiunto. Tre anni prima l’indipendenza, Londra aveva infatti scorporato da Mauritius l’arcipelago Chagos facendolo diventare territorio britannico. Alla fine degli anni sessanta gli abitanti dell’arcipelago furono deportati in massa dalle isole, perché uno degli atolli, Diego Garcia, veniva dato in concessione agli Stati Uniti per la costruzione di una base aeronavale.

Nel corso dei decenni successivi, vi sono stati diversi ricorsi internazionali contro questa deportazione di massa, e il governo britannico ha accettato di pagare un risarcimento di 40 milioni di sterline agli abitanti costretti a lasciare le loro isole. Nel 2019 poi la Corte internazionale di giustizia ha espresso un parere per la rapida restituzione delle isole a Mauritius, sulla base della quale l’Assemblea Generale dell’Onu approvò una mozione in questo senso. Nel 2020 arrivò la risposta di Londra che si impegna “a cedere la sovranità del territorio a Mauritius quando non è più necessario per motivi di difesa”. L’arcipelago è infatti molto importante per le strategie militari di Londra e Washington: da lì infatti si sono alzati in volo alcuni degli aerei (in particolare i B-52) che hanno bombardato l’Afghanistan e l’Iraq. Nel 2016 la concessione per la base è stata estesa a tutto il 2036 e quindi gli esuli delle Chagos dovranno attendere ancora a lungo.