Ambiente & Veleni

Clima, ambientalisti denunciano il piano industriale di Eni all’Ocse: “Il greenwashing è diventato il suo marchio di fabbrica”

Organizzazioni e movimenti ambientalisti hanno denunciato oggi in sede Ocse la mancanza di un taglio sufficiente delle emissioni previste per i prossimi anni, di una valutazione complessiva dell'impatto climatico delle attività d'impresa e la mancata elaborazione di un piano di prevenzione e mitigazione dei rischi

Un gruppo di organizzazioni e movimenti ambientalisti ha presentato oggi al Punto di Contatto Nazionale dell’Ocse – Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico – un’istanza di denuncia contro il piano industriale di Eni, inadeguato, secondo quanto riferiscono le organizzazioni promotrici dell’iniziativa, rispetto agli impegni internazionali sottoscritti per contrastare l’emergenza climatica. Tra le criticità rilevate dalle ong nel piano industriale di Eni c’è il fatto che il piano non prevederebbe un taglio sufficiente delle emissioni previste per i prossimi anni e che mancherebbe una valutazione complessiva dell’impatto climatico delle attività d’impresa. Oltre a queste due criticità, le organizzazioni ambientaliste sottolineano un’assenza generale di informazioni “trasparenti e adeguate” e una mancata elaborazione di un piano di prevenzione e mitigazione dei rischi, come invece è previsto dalle Linee Guida dell’Ocse per le imprese multinazionali.

Con la presentazione dell’istanza di denuncia si è espressa Marica di Pierri, portavoce della onlus A Sud: “Parliamo di greENIwashing perché il greenwashing sembra diventato per Eni un marchio di fabbrica. Per quanto si sforzi di raccontarsi come attenta all’ambiente, inclusa la recente l’operazione Plenitude che ha imperversato anche sul palco di Sanremo, Eni resta saldamente il primo emettitore italiano di gas serra ed è circa al 30esimo posto a livello globale”. “A ciò va aggiunto che lo Stato italiano possiede oltre il 30% delle azioni di Eni” ha aggiunto di Pierri: “Anziché permettere all’impresa di condizionare le politiche energetiche nazionali, dovrebbe orientarne il piano strategico verso un’ottica di abbandono delle estrazioni, che invece sono ancora in crescita, anno dopo anno”. Intervengono con una nota anche Eleonora Evi ed Angelo Bonelli, co-portavoce nazionali di Europa Verde: “Sosteniamo con convinzione questa iniziativa, a cui abbiamo contribuito sin dall’inizio e per la quale abbiamo chiesto e ottenuto il supporto dell’intero gruppo dei Greens del Parlamento Europeo. Inammissibile che, proprio mentre l’emergenza climatica richiede l’eliminazione delle fonti fossili, Eni continui impunemente ad investire in estrazioni di oil & gas”. Philippe Lamberts, presidente del gruppo Verdi/Ale, aggiunge: “Eni ha dichiarato spontaneamente di volersi impegnare a rispettare gli obiettivi fissati dall’Accordo di Parigi attraverso la firma del Paris Pledge for Action.  Nonostante il dichiarato impegno dell’azienda petrolifera italiana in ambito climatico, il piano industriale prevede un incremento del 4% annuo della quantità di oil&gas estratto nei successivi tre anni, un trend di riduzione delle emissioni non in linea con gli scenari individuati dalla comunità scientifica per rispettare i target di lungo termine previsti dall’Accordo di Parigi e il ricorso a tecniche controverse ed inefficaci, come il CCS (processo di cattura e stoccaggio di CO2) o la produzione di idrogeno blu. Proposte che di fatto risultano essere solo diversivi dall’efficacia non dimostrata, piuttosto che soluzioni concrete al problema delle emissioni.” Le organizzazioni promotrici dell’iniziativa sono: Rete Legalità per il clima, A Sud, Forum Ambientalista, Generazioni Future – Cooperativa di mutuo soccorso, Fridays for Future, Extinction Rebellion Milano, Per il clima fuori dal fossile, Emergenzaclimatica.it, Europa Verde, Greens/ALEa al Parlamento Europeo, Diritto Diretto.