Giustizia & Impunità

Bus dirottato a Milano, definitiva la condanna a 19 anni per l’autista Ousseynou Sy

La Corte di Cassazione ha confermato la pena inflitta in Appello al 49enne senegalese per attentato e sequestro di persona con finalità di terrorismo e incendio. Il 20 marzo 2019 quando Sy sequestrò un bus con cinquanta ragazzini, due professori e la bidella della scuola media Vailati di Crema, inondandolo di benzina e dirottandolo in direzione Linate: il piano non riuscì grazie all'intervento dei Carabinieri, avvertiti da due dei bambini a bordo

Diciannove anni di carcere per Osseynou Sy, l’ex autista 49enne che sequestrò, dirottò e incendiò un bus con a bordo una scolaresca di Crema nel marzo del 2019. È il verdetto della Corte di Cassazione, che ha reso definitiva la condanna inflitta nell’aprile 2021 dalla Corte d’Assise d’Appello di Milano per attentato e sequestro di persona con finalità di terrorismo e incendio. I giudici di legittimità hanno rigettato i ricorsi presentati dal difensore dell’imputato, dalla società proprietaria del mezzo e dall’azienda di trasporto pubblico Autoguidovie (per cui lavorava Sy) riconosciuta come responsabile civile e quindi tenuta a risarcire i danni. Respinto anche il ricorso presentato da uno dei legali di parte civile, l’avvocato Antonino Ennio Andronico, che chiedeva di ammettere tra i responsabili civili anche il ministero dell’Istruzione.

Era il 20 marzo 2019 quando l’ex autista di origine senegalese sequestrò un bus con cinquanta ragazzini, due professori e la bidella della scuola media Vailati di Crema. L’indagine sulla vicenda fu coordinata all’epoca dal capo del pool antiterrorismo di Milano, Alberto Nobili: in primo grado la condanna per Sy era stata di 24 anni. Il mezzo, impregnato di benzina, era stato dirottato in direzione Linate e bloccato solo grazie all’intervento dei Carabinieri all’altezza di San Donato milanese: a dare l’allarme erano stati due dei bambini a bordo, Ramy e Adam. Più volte in aula Sy ha ripetuto che il suo era un “gesto dimostrativo” per “raccontare l’orrore che sta accadendo davanti ai nostri occhi”, ovvero i migranti morti nel Mediterraneo.