Ambiente & Veleni

Malpensa, il progetto della nuova ferrovia non convince Legambiente e cittadini: “Una condanna per il paesaggio”. Ricorso al Tar

L'idea prevede di abbreviare lo spostamento verso l'aeroporto in provincia di Varese di circa 12 minuti. La sua costruzione comporterebbe però l’abbattimento di una foresta storica all’interno del Parco Regionale della valle del Ticino. Ambientalisti e cittadini chiedono di bloccare i lavori: l'udienza è prevista per il 15 febbraio

Velocizzare il viaggio in treno dalla Svizzera a Milano e diminuire il traffico delle auto verso l’aeroporto di Malpensa. Secondo Ferrovie Nord e Sea (Società aeroportuale italiana) la linea ferroviaria di 5 chilometri tra il Terminal 2 e la tratta Rfi del Sempione è un’opera necessaria. Il progetto, già previsto dai tempi del piano di ampliamento di Malpensa 2000, ha anche il consenso di Regione Lombardia. I cittadini dei paesi di Casorate Sempione e Cardano al Campo – attraversati dal cantiere – però non sono convinti e hanno presentato, insieme a Legambiente, un ricorso al Tar per bloccare i lavori: l’udienza sarà il prossimo 15 febbraio. Un collegamento tra il Ticino e lo scalo varesino infatti esiste già, il TiLo. La nuova linea abbrevierebbe lo spostamento di circa 12 minuti, ma il suo costo sarebbe notevole dal punto di vista ambientale: la sua costruzione comporta infatti l’abbattimento di una foresta storica all’interno del Parco Regionale della valle del Ticino. “È una condanna per il paesaggio” afferma Raffaella Filippini di Legambiente.

La ferrovia proseguirà per 4,6 chilometri verso Gallarate, con un raccordo di 1,1 chilometri nel comune di Casorate Sempione. Il percorso – spiegano Sea e Ferrovie Nord in un comunicato congiunto – sfrutterà in parte gallerie artificiali e naturali, mentre nel tratto a cielo aperto attraverserà una sorta di trincea. Parte dei costi (circa 63 milioni dei 211 totali) saranno coperti dall’Unione Europea – tramite il Programma Connecting Europe Facility (CEF) per le reti TEN-T (Trans-European Networks – Transport). Circa 1 milione di euro ricadrà su Sea, mente il resto sulla Regione e sul ministero delle Infrastrutture e dei trasporti. Secondo Raffaele Cattaneo, assessore regionale all’ambiente, si tratterà di una vera e propria svolta per il territorio. Sarà infatti un’alternativa più sostenibile per tanti pendolari alla trafficata Statale 33 e aiuterà a “calmierare la richiesta di ulteriori strade e parcheggi, che comportano impatti ambientali in relazione all’inquinamento dell’aria e un maggior consumo di suolo”. Le intenzioni sono lodevoli, ma secondo i ricorrenti, il progetto sconta un importante punto debole: è invecchiato male. All’epoca della sua ideazione, negli anni Novanta, dall’aeroporto di Malpensa “sarebbero dovuti passare a 21mila passeggeri e 500mila tonnellate di merci all’anno” afferma Girolamo Pasin, ex assessore all’urbanistica di Somma Lombardo e professore di Viabilità e trasporti al Politecnico di Milano. Negli anni successivi però, complice anche il Covid 19, l’obiettivo è stato a fatica raggiunto e le stime sono state riviste nettamente al ribasso. Il piano per il collegamento invece è rimasto lo stesso. “Gli studi dei vari masterplan – spiega ancora il professore– dicevano che la bretella non era indispensabile per la crescita dell’aeroporto”. Oggi i passeggeri dalla Svizzera sono circa 520 al giorno e la maggior parte di loro si ferma nella stazione di Busto Arsizio, senza arrivare al Terminal. Non è poi chiaro se sulla nuova tratta potranno circolare anche i vagoni merci. Su questo punto anche il Parco del Ticino ha “chiesto approfondimenti”.

Il progetto – affermano Sea e Ferrovie Nord – “è stato studiato in modo da limitare il più possibile l’impatto sul territorio”. Ma per i ricorrenti l’analisi-costi benefici è incompleta: la Valutazione ambientale Strategica (Vas) infatti è legata ad un Piano d’Area precedente al 2009 e quindi non considera gli effetti cumulativi di tutte le infrastrutture, realizzate nel corso degli anni. I lavori per l’ampliamento dell’aeroporto hanno già coinvolto diverse aree naturali, come la cava diventata il parcheggio P6, o parte della Valle del Ticino. Tra il 2005 e il 2007, uno studio autonomo del Parco aveva definito l’area satura. “Da anni continuano a ritagliare pezzettini di territorio spiega Tiziano Marson, eletto con il Pd e membro del comitato “Salviamo la brughiera di Casorate – il paese in questo modo si troverà tagliata fuori da tutto. Ci stanno rendendo un’area di servizio”. Sotto accusa anche le mitigazioni ambientali proposte dalla Regione e dalle aziende: “Stiamo ancora aspettando il saldo delle compensazioni di Malpensa 2000 – racconta il capo del comitato, Daniele Porrini – Come è possibile valutare la compatibilità di un’opera in luoghi che hanno ancora un credito da riscuotere?”.

Le promotrici hanno promesso diversi “interventi di recupero delle aree forestali, per il ripristino della brughiera, la realizzazione di un ecodotto e di un passaggio faunistico per animali di piccola e media taglia”. Non è però stato detto chiaramente – lamentano i cittadini di Casorate – dove queste compensazioni saranno attuate. “Si cederà un’area verde al Parco del Ticino, ma a 17 chilometri dal nostro paese” dichiara ancora Porrini. Per gli impatti non mitigabili poi non basta il risarcimento economico, “i danni restano”. Diversa la linea del Parco del Ticino, che ha ritirato il ricorso del 2019: oltre alla riforestazione prevista dalla legge, la Regione Lombardia ha sottoscritto un accordo da 3.400 euro per “depavimentaizoni e decostruzioni” di ex fabbriche ed edifici – spiegano il Direttore del Parco, Claudio De Paola, e la Presidente, Cristina Chiappa – Di fatto significa restituire alla permeabilità del suolo ed alla vegetazione aree – ancora da identificare – che oggi sono costruite”. Questo approccio “complesso e innovativo” riguarderà con priorità i comuni attraversati dall’opera. Al momento la realizzazione della linea è ancora indiscussione. La questione però determinerà probabilmente tutti i futuri piani di Sea per l’area: “Bisogna confrontarsi con le aziende – afferma Tiziano Marson – ma il territorio non deve essere gestito da loro, ma dalle istituzioni”.