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Bonus psicologico, l’esperto: “150 euro non sarebbero bastati. Situazione devastante tra gli under18: non c’è più molto tempo per arginare il malessere dei nostri figli”

Nonostante che “L’Italia sia arrivata alla pandemia due anni fa con una rete psicologica pubblica quasi inesistente”, sottolinea sconsolato il professor David Lazzari, presidente del Consiglio Nazionale Ordine Psicologi

Il Governo, nell’ultima manovra economica, e un po’ a sorpresa, non ha introdotto il bonus psicologo, tanto invocato da vari schieramenti politici. Una decisione che ha suscitato polemiche fino a fare “scendere in campo” influencer di vario tipo che sui social sottolineano come tra le imprese e il benessere dei cittadini, si sia preferito concentrarsi sulle prime. Nonostante che “L’Italia sia arrivata alla pandemia due anni fa con una rete psicologica pubblica quasi inesistente”, sottolinea sconsolato il professor David Lazzari, presidente del Consiglio Nazionale Ordine Psicologi.

Dottor Lazzari, perché c’è bisogno di aiutare le famiglie a rivolgersi alla figura dello psicologo?
Nonostante la legge garantisca non solo l’assistenza medica, ma anche quella psicologica, e lo preveda per le situazioni di disagio, oltre che per i disturbi più gravi nelle aziende sanitarie, gli psicologi sono rimasti in pochissimi. Un diritto previsto per legge e negato nella realtà. Così su dieci persone che cercano un aiuto psicologico otto lo trovano nel privato e solo due nel pubblico. Una situazione arretrata e inaccettabile che denunciamo da anni, che ci mette fuori dall’Europa che ha una idea ben diversa della psicologia”.

Quali disturbi psichici sono aumentati in questi ultimi mesi?
“Guardi i numeri che escono dalle ricerche: fanno impressione. Io spesso cerco di non citarli per non spaventare o deprimere le persone ancora di più. E perché sono così elevati che temo di non essere preso sul serio. Ormai i disturbi più diffusi, ansia e depressione, interessano due persone su dieci e i casi di malessere accentuato, definiti ‘disturbo dell’adattamento’, oltre una persona su quattro. La situazione più devastante è tra gli under 18, perché i loro problemi danneggiano il presente ma condizionano anche il futuro della loro vita adulta, come i danni di un terremoto su edifici in costruzione. In più, la pandemia sta rialzando la testa”.

Il bonus prevedeva due canali, 150 euro per una consulenza e fondi più consistenti per avviare un percorso terapeutico. A quali condizioni potrebbe essere realmente utile questa opportunità?
“Il bonus, sia chiaro, non è un’alternativa alle indispensabili risposte strutturali, è una prima risposta emergenziale, immediata, dopo due anni di sole parole senza fatti. La proposta prevede due canali, un incentivo di 150 euro per avere un ascolto senza barriere, e finanziamenti più consistenti, da 400 a 1.600 euro, in relazione al reddito per chi ha bisogno di una terapia. Da tenere poi presente che siamo riusciti a mantenere nella legge di bilancio un fondo di 20 milioni che c’è e che potrebbe essere utilizzato per incrementare il bonus, che va riproposto in una prossima legge”.

Supponiamo che questo voucher sia approvato più avanti, una famiglia con poche risorse economiche come potrebbe utilizzarlo? E dopo?
“Se fosse passata la proposta di 50 milioni avremmo avuto risorse per 70 milioni con le quali si può dare un aiuto a decine di migliaia di famiglie, anche per percorsi di terapia. Ovviamente tutto è in relazione alle cifre, si crea però un canale concreto e immediato che abbatte un muro, economico e socioculturale, tra il bisogno e la risposta”.

Il supporto psicologico sembra ancora non entrare in pianta stabile nella cultura del nostro Paese. Quali gli ostacoli, oltre quelli economici? Quante persone hanno ancora timore di ammettere un sostegno di questo tipo?
“L’Italia è stata influenzata da una tradizione filosofica ostile alla psicologia, come scienza e come professione. Questo in parte spiega perché in Italia i giovani non trovano psicologi nella scuola, le famiglie non li trovano nei consultori o nei distretti, gli ammalati non li incontrano in ospedale e nemmeno chi si rivolge ai servizi sociali comunali. La nostra professione sta esercitando negli studi privati, questo è un problema dei cittadini e di modernità di un Paese. Ma la pandemia ha accelerato una trasformazione nelle persone; oggi c’è una consapevolezza crescente su questi aspetti e sull’importanza di affrontarli. La psicologia è stata sdoganata a livello sociale. È la politica che continua ad avere la testa nel passato: è questo uno dei temi che rende visibile la distanza tra il palazzo e la società. Anche perché non ci sono scuse economiche, gli studi mostrano il costo di questi problemi e il vantaggio di affrontarli con strumenti psicologici”.

In termini di risposte più strutturali viene da pensare alle case di comunità o a rendere stabile la presenza degli psicologi nelle scuole. Cos’altro ancora?
“Una sanità delle persone vuol dire mettere le competenze psicologiche nelle strutture di prossimità, ambulatori dei medici di famiglia, case di comunità, distretti. Vedere lo psicologo solo come uno specialista di secondo livello per le situazioni più gravi, significa non conoscere la realtà e i bisogni sociali. Nella scuola è di fatto una figura fondamentale, perché oggi questa istituzione ha funzioni di formazione e non solo di trasmissione di nozioni. Intercettare il disagio e dare ascolto ai ragazzi evita una deriva di disturbi e problemi sempre più gravi e diffusi. Prima si fa, meglio è. Non c’è più molto tempo per arginare il malessere dei nostri figli”.