Giustizia & Impunità

Csm, la riforma elettorale Cartabia favorisce le correnti e spacca le toghe: “Col nuovo sistema sottomessi i magistrati liberi”

Il governo vorrebbe modificare l'attuale sistema elettorale per Palazzo dei Marescialli in questo modo: al posto di un unico collegio nazionale ci sarebbero sette collegi più piccoli, che eleggerebbero i due candidati più votati. I consiglieri Ardita e Di Matteo: "Sarebbe il trionfo del correntismo e del bipolarismo che provocherà ulteriori spaccature e conflitti". Articolo 101: "Improbabile che si possa ottenere l'elezione di un candidato indipendente, fuori da certe dinamiche"

Al momento non c’è alcun testo definitivo, ma solo i retroscena dei giornali e bozze di documenti che hanno fatto irritare pure l’Associazione nazionale magistrati. Come era già successo per la giustizia penale, infatti, anche per la riforma del Consiglio superiore della magistratura bastano le anticipazioni per scatenare le polemiche. Ieri la guardasigilli, Marta Cartabia, era intervenuta ad Atreju alla festa di Fratelli d’Italia per spiegato che quello del Csm “è il prossimo imminente appuntamento di riforme”. Non potrebbe essere altrimenti visto che la riforma di Palazzo dei Marescialli è stata chiesta a più riprese pure direttamente da Sergio Mattarella. Ecco perché già in mattinata la ministra ha visto visto le forze di maggioranza. La guardasigilli si è confrontata sulle principali novità che il governo intende inserire in un emendamento al disegno di legge in discussione alla Camera. Proposte già anticipate negli incontri con l’Associazione nazionale magistrati, che hanno fatto infuriare alcune componenti delle toghe. Il motivo? La nuova legge elettorale per Palazzo dei Marescialli, secondo alcuni addetti ai lavori, ha come effetto quello di rafforzare le correnti. Un risultato completamente opposto a quello che in teoria dovrebbe essere raggiunto con la riforma. Già ieri Cartabia aveva messo le mani avanti: “E’ ovvio che i sistemi elettorali possono incidere, ma l’abbiamo visto sul campo politico: non è lì che cambi gli attori che poi giocano la partita”. Ecco perché nelle ultime ore si ragiona di correttivi per tutelare la rappresentanza di “gruppi minoritari”. Ma andiamo con ordine.

Secondo quanto trapelato nelle ultime ore il governo vorrebbe modificare l’attuale sistema elettorale per il Csm in questo modo: al posto di un unico collegio nazionale ci sarebbero sette collegi più piccoli. Uno sarebbe riservato ai giudici di legittimità, due per i pubblici ministeri, quattro per i giudici. Il numero dei consiglieri togati sarebbe invariato: quindi per coprire 16 seggi ogni collegio elegge i due candidati più votati con preferenza unica. Gli altri due posti vengono scelti tra i migliori terzi classificati. Un meccanismo che ha provocato la reazione di Sebastiano Ardita e Nino Di Matteo, consiglieri togati eletti con Autonomia e Indipendenza a Palazzo dei Marescialli. “La nuova legge elettorale per la elezione del Csm prevederebbe un sistema binominale con piccoli collegi. Questo farà sparire ogni possibile opposizione allo strapotere delle correnti che sottometteranno definitivamente i magistrati liberi che sono la maggioranza. Sarebbe il trionfo del correntismo e del bipolarismo che provocherà ulteriori spaccature e conflitti“, dicono i due magistrati. Secondo Ardita e Di Matteo, infatti, la creazione di collegi più piccoli agevola le correnti che hanno più potere elettorale nei territori e dunque possono facilmente spingere i loro candidati tra i primi due posti. Ecco perché parlano di bipolarismo. “La governabilità – continuano i due consiglieri del Csm – che si basa su maggioranze stabili è il peggior nemico dell’autogoverno dei magistrati. Perché sacrifica il merito e premia chi milita nei gruppi che hanno più numeri al Csm. Esattamente l’opposto di ciò che aveva pensato il Costituente nell’interesse dei cittadini che meritano una giustizia serena ed indipendente: i magistrati sottomessi ad un potere interno e non previsto dalla Costituzione”.

Sulla stessa lunghezza d’onda anche i magistrati di Articolo 101, il gruppo nato in polemica con le correnti della magistratura. “Se dovesse essere confermato questo meccanismo di designazione è improbabile che si possa ottenere l’elezione di candidati non designati da correnti e dunque fuori da certe dinamiche”, dice Andrea Reale, componente dell’Anm di Articolo 101. Come altri componenti del sindacato delle toghe, neanche Reale ha ricevuto dei testi definitivi sulla riforma. “Però – aggiunge- posso dire che se con una norma simile non solo non si debella il correntismo ma anzi si mortificano le istanze di tutti i magistrati che non vogliono appartenere ad alcun gruppo”. Anche secondo Reale questo tipo di norma crea una sorta di bipolarismo in toga, “avvantaggiando di fatto le correnti più forti”. Unico piccolo elemento positivo, per il magistrato di Articolo 101, è il sorteggio, che la nuova legge introduce in caso di candidature insufficienti e per eventualmente assicurare la parità di genere. “Almeno viene sdoganato un meccanismo che noi vorremmo fosse utilizzato per individuare tutti i candidadibili. In questo modo, però, il sorteggio è residuale per le corazzate: servirà a trovare i riempilista che però non prenderanno più di qualche decina di preferenza. Così la ragion d’essere del sorteggio è totalmente frustrata e la sua previsione è inutile”.

Una irritazione sotterranea si registra anche nelle altre componenti dell’Anm: un malumore legato anche al fatto che la ministra non ha fornito testi scritti. “Senza carte in mano è più difficile ragionare”, dicono fonti del sindacato delle toghe al fattoquotidiano.it. Fastidio trapela persino Area, una delle correnti che potrebbe essere avvantaggiata dalla nuova norma elettorale. Già in passato dalla corrente progressista della magistratura avevano criticato la creazione di collegi troppo piccoli perché “non garantiscono trasparenza dei meccanismi di aggregazione e favoriscono gli accordi e i patti di desistenza tra le correnti organizzate, rendendo estremamente difficile, se non impossibile, la affermazione di candidati indipendenti”. Insomma: la riforma che doveva ridimensionare il potere delle correnti rischia di rafforzarle.