Cronaca

Inps, stipendiata per 15 anni ma non aveva i titoli: tribunale di Crotone ora chiede il processo, in sei a giudizio per truffa ai danni dello Stato

Nel 2017 Marisa Arcuri denunciò al fattoquotidiano.it le angherie subite per aver preteso di sapere se il suo superiore avesse mai svolto un concorso pubblico per accedere ai ruoli della Pa da cui percepiva 10mila euro al mese. Dopo quattro anni è stato accertato che aveva ragione, la "falsa dirigente" è stata allontanata, e ora il Gip ha chiesto di disporre il giudizio. "Una svolta sulle assunzioni facili nella pubblica amministrazione". L'avvocato Ingroia: "Dopo anni di insabbiamento arriva la verità"

La “falsa dirigente” dell’Inps rischia la condanna per truffa, chi la denunciò di passare alla storia per aver chiuso il varco alle “assunzioni facili” di dirigenti negli enti pubblici. È un altro colpo di scena nella storia che proprio il fattoquotidiano.it raccontò giusto quattro anni fa, portando all’attenzione dei media e delle autorità competenti il “caso” di Marisa Arcuri, la funzionaria della sede di Crotone che arrivò a denunciare se stessa pur di far emergere la vicenda kafkiana di cui era vittima, tra sanzioni, demansionamenti e mobbing: il Gip del Tribunale di Crotone Romina Rizzo lo scorso 16 novembre ha firmato la richiesta di imputazione coatta contro la ex dirigente (e altre cinque persone) ordinando alla Procura di formulare il capo di imputazione di truffa ai danni dello Stato “finalizzata all’assunzione nel pubblico impiego”.

La storia inizia nel 2011 quando la Arcuri, funzionario direttivo presso la sede provinciale Inps del capoluogo calabro, sospetta che il proprio direttore e superiore gerarchico, Alessandra Infante, non abbia i titoli per occupare quel posto: in sostanza che non avesse mai espletato un concorso per entrare nei ruoli della Pa, come prevede la Costituzione. Per acclararlo, fa un accesso agli atti, interpella la Corte dei Conti e il collegio sindacale Inps, ricevendo per contro solo dinieghi, un richiamo, tre disciplinari, la rimozione da direttore dell’agenzia di Cirò Marina e un progressivo isolamento negli uffici fino a indurla a una sostanziale inattività. Pure la sua segnalazione all’Anac finisce in nulla.

La Arcuri però non ci sta, e davanti a un giudice, nel novembre 2017, dichiara: “Conosco una funzionaria che da cinque anni viene pagata per non far nulla, ma proprio nulla, cagionando un danno erariale di almeno 200mila euro. E quella funzionaria, signor giudice, sono io”. La storia viene raccontata per la prima volta da questo giornale, rilanciata da altri, e prende una piega diversa. Partono interrogazioni parlamentari cui seguono risposte alquanto vaghe, se non proprio arrampicate sugli specchi, anche da parte dell’allora ministro della Funzione Pubblica Marianna Madia che in aula sostenne: “È tutto regolare”.

Sul fronte civile ci vorrà più di un anno (e diversi servizi delle Iene) per accertare che, in effetti, la Infante non aveva fatto uno straccio di concorso, proprio come sosteneva la Arcuri, e tuttavia da 15 anni percepiva regolarmente fior di stipendi da dirigente pubblico: assunta da un consorzio privato, il CoPross di Crotone, con un contratto a termine nel 2005 era “transitata” dall’ente di diritto privato al Mef e nel 2009 all’Inps. Dopo le denunce si cerca al Mef, si cerca all’Inps: ma un solo concorso salta fuori, ed era un concorso interno al consorzio stesso per un ruolo da “direttore”, mentre l’Infante veniva assunta a tempo indeterminato nel pubblico come “dirigente”. “Accertato questo è stata rimossa, e senza neppure una lettera di licenziamento, giacché il rapporto di lavoro era da considerarsi di fatto nullo, concetto ribadito lo scorso ottobre anche dalla Corte d’Appello”, sottolinea l’avvocato Giampaolo Stanizzi, che insieme a Susanna Simbari ha seguito la vicenda sul fronte civile.

Resta ancora in piedi quello penale. Anche questo, grazie all’Arcuri, potrà forse scrivere una nuova pagina di giurisprudenza che possa servire da monito a chi opera nella pubblica amministrazione: di fronte della richiesta di archiviazione depositata dalla Procura di Crotone, il Gip del Tribunale locale ha accolto l’opposizione dell’Arcuri, assistita dall’avvocato Antonio Ingroia e ha ordinato alla procura di formulare entro dieci giorni il capo di imputazione, ipotizzando a carico di sei indagati, tra cui la Infante, la commissione di una truffa ai danni della Pubblica Amministrazione. Sono sei persone che rischiano la condanna. Oltre l’Infante, tutti membri del cda del consorzio Copross che autorizzò il suo trasferimento al Mef. Il giudice ha rilevato infatti che il reato di truffa non fosse prescritto, perché produce effetti fino al versamento dell’ultimo emolumento ricevuto. “Dopo anni di silenzi e insabbiamenti – ha commentato Antonio Ingroia – finalmente arriva il momento della verità e della giustizia, ma siamo solo all’inizio del percorso”. Nell’atto, del resto, né Inps né Mef sono citati come parte lesa. Su questo fronte, dunque, potrebbero esserci novità.

“Ancora rimangono molti punti oscuri – dice oggi Marisa Arcuri – numerosi complici ai quali continuerò fermamente a muovere ogni addebito, affinché ognuno risponda del proprio. Ho aperto il cesto dei panni sporchi, e non immaginavo fossero tanti. Il prezzo che ho pagato è altissimo: ricordo, di questi anni, la tensione e lo stress che ho subito per difendermi da ripetuti attacchi, sanzioni, atti diffamatori e calunnie perpetuati persino con azioni giudiziarie temerarie. Forse dovrei essere felice oggi, ma i miei battiti restano accelerati e le notti insonni. Confido che la Giustizia dia un segnale e un monito alle assunzioni incostituzionali nel pubblico impiego, che niente di buono possono garantire”.