Giustizia & Impunità

Stalking e discriminazione razziale, il giudice si scusa con la vittima che ha deciso di ritirare la denuncia dopo il pentimento dell’imputato

L'uomo si è rivolto alla donna che lo aveva accusato di averla tormentata con atti persecutori che riguardavano il colore della pelle, spiegando che all'epoca, nel 2019, non aveva la capacità per rendersi conto del dolore provocato da quel suo comportamento. A lei è bastato questo passo indietro per perdonarlo

Nel corso dell’udienza preliminare in cui era imputato per stalking aggravato dalla discriminazione razziale, l’uomo si è alzato e ha chiesto scusa alla vicina di casa per il suo comportamento. Ma il gesto è stato ripetuto anche da Rodolfo Piccin, il giudice dell’udienza preliminare, che si è scusato a nome della comunità di Pordenone dopo che la donna ha dichiarato che con le scuse avrebbe rimesso la querela.

L’imputato si è rivolto alla donna che lo aveva denunciato per averla tormentata con atti persecutori che riguardavano il colore della pelle, spiegando che all’epoca, nel 2019, non aveva la capacità per rendersi conto del dolore provocato da quel suo comportamento. A lei è bastato questo passo indietro per rimettere la querela, senza chiedere risarcimenti per gli insulti ricevuti, nonostante avesse dichiarato che viveva nel terrore del suo vicino di casa, che per un lungo periodo l’ha molestata con atti razzisti. Così, senza ulteriori udienze, la vittima ha perdonato l’uomo e ha deciso di chiudere definitivamente la vicenda giudiziaria.

Solo il 13 novembre, sempre a Pordenone, un pensionato di 76 anni è stato condannato a 1 anno e 10 mesi di reclusione per stalking con finalità a sfondo etnico e razziale. Viveva nello stesso condominio con una famiglia albanese, una africana e un uomo magrebino, e quando li incontrava per le scale faceva il saluto romano fischiettando “Faccetta nera“, scrive Il Gazzettino di Pordenone. Anche lui in Tribunale ha chiesto scusa, racconta la testata, provando a ravvedersi e a ridimensionare gli episodi che gli erano stati imputati, ma le aggravanti erano troppo pesanti. Gli si contestava l’uso di spray urticante e di inviare alle famiglie cartoline raffiguranti Benito Mussolini.