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Inchiesta Open | Fondi, poltrone e “la morte dell’emendamento” dannoso: nelle carte il rapporto tra i renziani e British American Tobacco

Nei documenti depositati nella chiusura indagini sulla fondazione renziana è tracciata per filo e per segno la storia dei finanziamenti e degli incarichi garantiti dalla lobby del tabacco agli uomini chiave del giglio magico. Nel 2017 Lotti&c si mossero per far saltare una norma che avrebbe penalizzato gli affari della multinazionale. Il caso del tesoriere con una poltrona nel collegio sindacale. E del messaggio di Lotti ai manager di Bat: "L'emendamento è morto". Un anno dopo l'ex segretario del Pd dava dei "marchettari" ai leghisti, la cui colpa era quella di aver presentato un emendamento per tagliare le sanzioni sulle accise non pagate sui prodotti per inalazione dopo aver accettato un finanziamento (tracciato) di 75mila euro da una società attiva nel settore

“L’emendamento è morto”. Missione compiuta. Parola di Luca Lotti, all’epoca ministro del governo Gentiloni, direttamente ai manager della British American Tobacco (Bat), in allarme per un emendamento alla legge di bilancio del 2017 che impegnava il governo ad aumentare le accise sul tabacco riducendo i profitti dei big del settore. L’emendamento saltò all’ultimo, con buona pace dell’Erario. Per la Procura l’episodio rientra tra quelli che, insieme al finanziamento illecito, configurano anche il reato di corruzione per l’ex ministro, il presidente di Open Bianchi e per due manager di Bat, il vice presidente Gianluca Ansalone e il responsabile relazioni esterne, Giovanni Carucci. Negli anni 2014-2017, quelli che contano in questa storia, Bat ha finanziato direttamente la cassaforte renziana Open con 250mila mila euro, ha affidato due in carichi di consulenza direttamente allo studio legale del presidente Alberto Bianchi e, last bat not least, ha fatto anche accomodare il tesoriere di Renzi Lorenzo Anichini direttamente nel collegio sindacale della società. Queste, secondo le carte ora depositate a chiusura dell’inchiesta, sarebbero le contropartite per le quali Lotti&c avrebbero messo a disposizione l’attività parlamentare, in cambio di vantaggi economici per sé o altri. Ma Renzi dava dei “marchettari” ai leghisti, accusando loro di fare gli interessi dell’industria della nicotina.

Andiamo con ordine. I rapporti finanziari tra la Bat e il giglio renziano sono descritti nei verbali della Gdf di Firenze che un anno fa hanno fatto irruzione negli uffici romani della multinazionale acquisendo la documentazione contabile e sequestrando due cartelline intestate con le diciture “Fondazione Open” e “Bianchi”. L’attività investigativa ha poi permesso, anche grazie alle chat prelevate dalle utenze telefoniche, di ricostruire il rapporto strettissimo tra il giglio renziano e i manager della seconda più grande azienda al mondo di lavorati del tabacco. Spuntano allora gli inviti alla Leopolda, dove i vertici italiani della società possono incontrare ministri e viceministri (“C’è il viceministro della Salute De Filippo, può essere interessante”), poi le cene elettorali da 20mila euro con Renzi, Carrai, Boschi e Lotti. Il rischio di una stangata sul fumo del resto balena anche tra il 2015 e 2016, Bianchi si attiva con il ministro della Salute Beatrice Lorenzin (non indagata) perché lo scongiuri (“Tu sei decisiva”, si legge in una mail). E pochi mesi dopo, accerta l’indagine, Lorenzo Anichini che era tesoriere di fiducia di Renzi (Comitato “Basta un sì”) ottiene una poltrona nel collegio sindacale della Bat.

È convinzione dei magistrati che l’incarico fosse stato assegnato per compiacere il ministro Lotti. Evidenza di questo si avrebbe dal fatto che il curriculum vitae del prescelto fu mandato direttamente da un suo collaboratore. Interrogato sul punto, Anichini prima nega poi è costretto ad ammettere: “Fu Lotti a dirmi che c’era la possibilità di essere nominato sindaco effettivo di Bat”. Agli atti c’è poi un messaggio whatsapp del responsabile pubblic affairs di bat Gianluca Ansalone a Lotti stesso che toglie ogni dubbio: “Caro Luca, ho appena ricevuto conferma da Londra della cooptazione di Anichini, che verrà deliberata in assemblea il 26 aprile. Lo chiamerò a breve ma volevo in tempo reale aggiornare te innanzitutto”. Anichini ammetterà anche di aver ricevuto nel 2016 compensi dalle società riconducibili alla famiglia Maestrelli di Firenze, i cui finanziamenti a Open sono negli atti dell’indagine.

E siamo all’epilogo di questi intrecci e investimenti sul personale politico del giglio renziano. A novembre 2017 – ricostruisce La Stampa – alla Camera si materializza l’emendamento che rischia di passare nella tonnara di modifiche alla legge di Bilancio scatta la mobilitazione generale da parte dei vertici di Bat che chattano con Lotti, interessano i suoi collaboratori, arrivano al sottosegretario Baretta e ad Antonio Funiciello che era nello staff del premier Gentilloni. Obiettivo dichiarato: “la morte dell’emendamento”, questione “vitale per noi”. Anche il capogruppo del Pd Ettore Rosato viene informato via whatsapp. E’ notte quando si discute. Si attiva Lotti. Un suo collaboratore presidia la commissione e informa direttamente i manager. Ed è il ministro in persona ad annunciare la vittoria: “Da riunione di maggioranza emendamento morto”.

Il Bat-Gate in salsa renziana, al di là degli sviluppi giudiziari, ha rivolti imbarazzanti per il leader di Italia Viva. Restano agli atti, ad esempio, le accuse che mosse alla Lega, giusto un anno dopo, di essere al soldo dell’altro lato dell’industria del fumo. Era emerso allora, a fine novembre 2018, il caso del finanziamento elettorale in favore del Carroccio per 75mila euro da parte di una società leader nei liquidi per la sigaretta elettronica. Il contributo ricevuto da Vaporart era regolarmente dichiarato e finì nel mirino dei renziani solo quando la Lega depositò un emendamento per tagliare le sanzioni sulle accise non pagate sui prodotti per inalazione. Allora Renzi accusò i leghisti di essere dei “marchettari”. Salvo tacere, nel frattempo, su tutto quel che sta venendo a galla ora.