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Open data, l’Italia è sotto la Romania: Colao e Brunetta devono modernizzare il Paese

Quando si parla di beni comuni bisogna includere la “conoscenza, bene per sua natura globale e presupposto per la crescita della persona e per la sua piena partecipazione, in condizioni di eguaglianza alla vita politica, economica e sociale del Paese. A tutti deve essere garantito il diritto alla conoscenza, assicurando la libertà di espressione e il diritto a essere informati, anche attraverso l’accesso libero e gratuito alla rete.” È questo un passaggio fondamentale del nuovo statuto del M5s, che definisce i Beni Comuni come prima stella.

È ormai cultura diffusa nel folto gruppo di attivisti digitali che il passaggio epocale per realizzare il bene comune della conoscenza passa attraverso gli open data. Distribuire dati della pubblica amministrazione in formato aperto, accessibile e riutilizzabile è oggi una svolta fondamentale che dà motore allo sviluppo dell’individuo, della comunità, della cittadinanza e delle imprese, e la trasparenza resta anche il miglior antidoto alla corruzione. I dati aperti sono così importanti per la cittadinanza attiva perché hanno tutte le potenzialità di essere impattanti sul nostro quotidiano, dando ai cittadini dei dati incontrovertibili per valutare l’azione della politica. Pensate ai dati sui trasporti della vostra città, sulla sanità, sull’esecuzione e sui risultati dei progetti del Pnrr che ti permettono di valutare il sindaco, il presidente della regione e il presidente del consiglio, non sulla base degli editoriali denigratori o di apprezzamento, ma sulla base dei dati e della loro evoluzione nel tempo.

Il numero e il tipo di informazioni che la Pubblica Amministrazione può fornire sono di tipo sociale, politico, economico, giuridico, geografico, ambientale, meteorologico, sismico, turistico, informazioni in materia di affari, di brevetti e di istruzione. Ogni dato reso pubblico, elaborato da associazioni di cittadinanza digitale, diventa un cruscotto chiaro e semplice per i cittadini per valutare l’operato della politica, ma diventa anche uno strumento per la politica per individuare i correttivi da realizzare, le scelte fallimentari e quelle di successo, per esempio nella lotta alla povertà educativa o al degrado ambientale.

Purtroppo la posizione dell’Italia nel mondo non è delle migliori: nel 2020 si è posizionata al 63esimo posto nell’Open data rankings, dopo la Romania. Si tratta di un indicatore che misura la quantità e qualità dei dati aperti messi a disposizione degli istituti nazionali di statistica da ogni ente governativo.

Ciò che è strategico, infatti, non è solo l’accesso ma anche la licenza d’uso, come denunciano ActionAid, Trasparency, onData, Libera, così come molte altre organizzazioni in Italia. Il M5s, che è stato avanguardia sui temi digitali, ha il compito di intercettare questo fermento e spingere sull’uniformare le licenze d’uso ad accesso aperto per rendere possibile l’incrocio di dati e i confronti garantendo l’accesso automatizzato a dati e metadati.

Ostacoli e barriere sono erette ogni giorno per limitare l’informazione del settore pubblico e l’informazione finanziata con fondi pubblici. Basti pensare che in qualità di Presidente della Cultura della Camera dei deputati ho varato come prima legge del Parlamento una norma che trasformava ogni ricerca italiana finanziata dai soldi pubblici in una ricerca visionabile e accessibile entro sei mesi da tutti i cittadini. Ma la norma approvata alla Camera è andata subito a sbattere sulle barriere alzate dal Pd che ha deciso di diventare avvocato degli editori, ostacolando l’approvazione della legge al Senato – legge che è un obiettivo 2020 del piano della ricerca europea sostenuto dal movimento internazionale Open Science.

I ministri Vittorio Colao e Renato Brunetta dovrebbero uscire dal torpore e trasformare il nostro Paese in un Paese moderno, che attraverso gli Open Data e l’Open Science consegnino in mano ai cittadini il vero potere di informarsi e di discernere, in un’epoca così complessa che necessita di essere analizzata attraverso il pensiero sistemico e che senza gli open data non può varare nessuna transizione digitale utile.