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Deathloop: il lavoro di Arkane Studios offre un’esperienza divertente ed appagante, grazie ad un sapiente utilizzo dei loop temporali

Abbiamo provato su PC il nuovo FPS di Arkane Studios che, dopo i grandi successi della saga di Dishonored e Prey, prova a mettere a segno un nuovo colpo con Deathloop.

Dopo aver affilato i coltelli con il magnifico Prey, le aspettative erano sicuramente altissime, ma bisogna staccarsi da quello stile di gioco per restare più aderenti a Dishonored, dal quale Deathloop pesca a piene mani, cercando di affinarne il gameplay e staccandosi dall’ambientazione steampunk per immergerci in scenari dal sapore anni ’70, cercando di coinvolgere il giocatore con una trama fuori di testa e tanto, riuscitissimo, umorismo.

Deathloop: incastrati in un loop
Un titolo decisamente azzeccato quello dei ragazzi di Arkane, visto che Deathloop comincia esattamente così, con il personaggio che impersoneremo, Colt, che assiste in prima persona impotente alla propria morte per mano di Julianna, per poi risvegliarsi su una spiaggia deserta. Intontiti, dovremo farci guidare dallo stesso gioco tramite strani messaggi e per tutta la prima parte prenderemo confidenza con le meccaniche e l’attrezzatura prima di morire nuovamente praticamente uccisi da un altro “noi stessi” e risvegliarci per la seconda volta sulla stessa spiaggia.

Il nostro obiettivo è molto semplice (per così dire): riacquisire i nostri ricordi, uccidere tutti i Visionari – praticamente dei miniboss – nel giro di ventiquattrore e porre fine al “Deathloop” nel quale siamo intrappolati. Allo scoccare della mezzanotte infatti non importa cosa avremo fatto, cosa ci saremo ricordati, quante persone avremo fatto fuori e quanti “simpatici scambi di opinioni” avremo avuto con la nostra strana antagonista: la mattina dopo ci risveglieremo senza attrezzatura su quella maledetta spiaggia, ma ogni volta lo faremo con qualche prezioso pezzo di conoscienza in più che ci aiuterà a trovare il modo di far incastrare gli eventi e riuscire a spazzare via tutti i visionari prima dello scadere del nostro tempo.

Deathloop: incastrati, ma liberi
Complice un ottimo level design, cosa alla quale, bisogna dirlo, Arkane ci ha sempre piacevolmente abituati, Deathloop dona un piacevolissimo senso di libertà. Esattamente come succedeva in Dishonored che ormai, lo avrete capito, è impossibile non tirare in ballo in continuazione, ci sono davvero tante strade per arrivare all’obiettivo tra quelle già aperte e quelle ancora da sbloccare tramite magari qualche meccanismo o qualche piccolo puzzle ambientale.

La tridimensionalità e la continua scoperta di nuove informazioni, unita alla scrittura dei due protagonisti, sono sicuramente il vero punto di forza di Deathloop che durante le sessioni ci intrattiene con un volgare e cinico umorismo sempre sul pezzo che, bisogna dirlo, riesce a non scadere quasi mai nella banalità, il tutto coadiuvato da un ottimo doppiaggio italiano dalle voci azzeccatissime (l’interpretazione di Colt e Julianna da parte di Francesco Rizzi e Alice Bertocchi è da dieci e lode).

Blackreef, l’isola sulla quale siamo intrappolati, è divisa in 4 macro zone diverse liberamente esplorabili al netto delle nostre abilità e dei percorsi che riusciremo a sbloccare nel tempo. Una volta compiuta la prima missione “guidata” nelle varie zone, potremo tornare a visitarle in un diverso momento della giornata notando rilevanti cambiamenti. Le informazioni che riusciremo a raccogliere esplorando saranno infatti riferite a un preciso momento della giornata nel quale dovremo tornare a “dargli un senso” e utilizzarle per manipolare i Visionari in modo da farli essere esattamente dove vogliamo e quando lo vogliamo per farli fuori tutti in ventiquattrore.

Il gameplay
Archiviata la lunga fase di tutorial saremo finalmente liberi di affrontare le orde di nemici che s’intromettono tra noi e il nostro obiettivo. Come accennato, il suggestivo level design dalla marcata tridimensionalità ci permette di approcciarci ai gruppi di Eternalisti – i nemici meno potenti- un po’ come più ci aggrada passando dallo stealth con tanto di tag attivabili sulle loro teste che ci forniranno anche qualche informazione succosa, al poterci buttare in mezzo e spianare le nostre armi, grazie (o a causa) anche di un’intelligenza artificiale nemica non eccelsa, almeno durante le prime ore di gioco.

Più si prosegue con i loop, più fare il “Rambo” può diventare ostico, ma mai impossibile e dalla nostra possiamo contare con un set di armi e poteri non indifferente. Uccidendo i visionari potremo rubare infatti determinati poteri, molti dei quali presi un po’ troppo dal già citato Dishonored, che ci aiuteranno sia in fase di esplorazione, come la tavola del teletrasporto a corto raggio, che in combattimento come la fortissima tavola di Harriet che ci permetterà di creare collegamenti tra i nemici e far subire a tutti i danni che infliggeremo a uno solo: potremo ripulire un’intera zona con un singolo headshot se sapremo sfruttarla a dovere.

Alla fine della giornata e del relativo loop, oppure morendo più di due volte, torneremo sulla spiaggia armati solo delle abilità passive che avremo sbloccato, come se fosse una sorta di roguelite, ma una meccanica che acquisiremo in una fase un po’ più avanzata ci permetterà di “eternalizzare” a noi alcuni elementi, al costo di spenderci sopra un elemento chiamato “residium”. Sì, insomma, si potrà anche farmare in Deathloop, come in ogni buon rpg.

Tra la nostra dotazione di base non dobbiamo assolutamente dimenticarci del fondamentale Hackmajig, bizzarro strumenti di hacking parecchio “artigianale” costruito dallo stesso Colt che ci permetterà di attivare dispositivi a distanza, inibire telecamere e rivoltare torrette automatiche contro i nostri nemici. Strumento che ci tornerà utile anche nelle sessioni di multiplayer, perché sì, Deathloop ha una sorta di multiplayer.

Durante i loop c’è la possibilità che Julianna, l’antagonista, decida di metterci direttamente la faccia invadendo la nostra linea temporale, invasione durante la quale ci veranno precluse tutte le uscite dalla zona che stiamo esplorando. Avremo solo due modi per liberarci dallo sgradito ospite: hackerare tramite l’hackmajig le antenne che ci chiudono le vie di fuga o far fuori l’invasore. Julianna potrà invaderci sia sottoforma di intelligenza artificiale che sottoforma di avatar controllato da un giocatore in carne e ossa e una volta risolto il nostro loop niente ci impedirà di andare a tormentare noi stessi altri giocatori. Fa molto Dark Souls.

Una scelta carina, ma anche un’arma a doppio taglio: da una parte, mentre impersoneremo Colt potremo essere invasi durante ogni singola esplorazione, cosa che alla lunga potrebbe risultare estenuante, dall’altra i tempi di attesa per trovare un giocatore collegato “invadibile” potrebbero essere abbastanza lunghi.

Tiriamo le somme
Al netto di alti e bassi, Deathloop è un ottimo esperimento trasformato in un buon gioco; la marcatissima base di Dishonored si fa sentire davvero tanto, cosa che può essere un bene per i fan della saga, ma durante l’esplorazione di Blackreef la sensazione di già visto potrebbe farsi avanti in modo abbastanza prepotente.

La scrittura dei due comprimari è stellare così come la concezione del mondo di gioco e l’utilizzo della meccanica dei loop a livello di storytelling e, proprio per questo, è quasi un peccato la mancanza di una vera e propria narrazione, lasciata più che altro alla lettura delle varie informazioni e alle (comunque ottime) linee di dialogo tra i protagonisti. Se vogliamo vedere comunque vedere il lato chiaro della luna, possiamo affermare che la storia la costruiremo noi stessi man mano che ci avventureremo nelle varie zone di Blackreef esplorandole a determinate ore del giorno.

Deathloop è sicuramente un titolo piacevole, appagante e che intratterrà piacevolmente per almeno una ventina di ore e farà sicuramente la gioia dei molti che hanno scorrazzato per i tetti di Dunwall nei panni di Corvo!