Calcio

Ho provato a tesserare mio figlio in una squadra milanese e ho capito cos’è la burocrazia italiana

Uno dei tanti vantaggi di crescere i propri figli in Australia, oltre alla sicurezza, qualità dell’aria, disponibilità di spazi verdi etc…, consiste nell’enorme importanza che viene attribuita all’attività fisica e sportiva. Ci sono ovviamente dei fattori oggettivi che facilitano la pratica sportiva (clima, disponibilità economiche con conseguente elevatissimo livello delle infrastrutture, ampi spazi ancora disponibili per costruire impianti sportivi, soprattutto nelle aree rurali). Ma quando si vive qui ci si rende conto che vi è qualcosa che va ben oltre queste componenti: una vera passione della popolazione per l’esercizio fisico (sport, corsa, camminate, bicicletta, sport acquatici etc..) che viene incentivata sin dalla giovanissima età.

Non a caso a scuola l’educazione fisica è una materia sacra e considerata assai più degna ed importante di quanto lo sia da noi. Il curriculum scolastico prevede esercizio fisico praticamente tutti i giorni, oltre ad una quantità sterminata di tornei sportivi tra scuole, corse campestri etc.. Non credo di esagerare nel sostenere che uno studente medio in Australia pratica tra le 5 e le 8 ore di sport a settimana tramite la propria struttura scolastica.

E poi esiste il mondo esterno alla scuola, con strutture sportive ad ogni angolo di strada, squadre di ogni genere e livello che si fondano sull’associazionismo e la buona volontà di genitori e persone che decidono di dedicare il proprio tempo ad un’attività comunitaria a beneficio della salute fisica e mentale dei bambini.

I risultati di tale politica sono sotto gli occhi di tutti: una nazione con 25 milioni di abitanti si è piazzata sesta nel medagliere olimpico di Tokyo, con un totale di 46 medaglie. Una medaglia ogni 543mila persone. Gli Stati Uniti, primi classificati con 113 medaglie, hanno una “densità” di medaglie di una ogni 2.9 milioni di abitanti. E l’Italia, che quest’anno ha compiuto un exploit pazzesco in Giappone, ha viaggiato al ritmo di una medaglia ogni 1,5 milioni di persone.

Recentemente ho scoperto un altro segreto di questo paese super-sportivo, ed è successo grazie al contatto con il Bel Paese. Ho un figlio tredicenne che tra due settimana partirà per compiere un anno di studi a Milano, vivendo con i nonni che non vede da una vita (pre-pandemia). Mio figlio ha fatto ogni tipo di sport qui in Australia, alcuni a discreto livello agonistico. Un paio di anni fa ha deciso di provare con il calcio ed ha giocato in una squadra locale di livello medio. Vi posso garantire che non abbiamo di fronte il nuovo Garrincha, ma solo un ragazzino che ama correre e divertirsi con la palla tra i piedi.

Ebbene, in tutta la preparazione da incubo che stiamo affrontando per farlo viaggiare da solo in era Covid (certificati vaccinali, test negativi, travel exemption da chiedere al Governo australiano, iscrizione ad una scuola italiana etc..), ci è venuta la brillante idea di cercare una squadretta di calcio a Milano. Abbiamo scritto e telefonato ad alcune società (per completezza di informazione specifico che non si tratta di Milan o Inter, ma squadre dilettantistiche di quartiere), le quali ci hanno sostanzialmente rimbalzato spiegandoci che per tesserare un nuovo giocatore a questo livello l’iter burocratico richiede un paio di mesi??!! Sono rimasto senza parole.

Ed ho pensato a come funziona qui. Tesseramento online che si effettua con la Federazione di competenza in massimo 10 minuti. Ho tesserato i miei figli per pallacanestro, tennis, nuoto, football australiano, pallavolo e calcio. Stessa esperienza e modalità. Numero identificativo che si conserva nel tempo, e rinnovo tesseramento fatto in due minuti alla fine di ogni stagione. I miei figli hanno cambiato squadre e società e non ho mai avuto bisogno di dichiarazione di trasferimento del cartellino o cose del genere. Tutto si fa online con due click.

Sento spesso dibattiti in Italia su come si possa incentivare l’attività sportiva dei giovani. Abbiamo alcuni limiti strutturali (impianti, soldi per manutenzione, spazi disponibili) ed un ostacolo culturale che non ci permette di conferire maggiore importanza all’educazione fisica nelle scuole. E temo che su questo fronte ci sia poco da lottare ed i cambiamenti potranno avvenire solo su un periodo di tempo piuttosto lungo.

Ma uno snellimento burocratico dei requisiti e documenti per iscrivere un ragazzino ad un’attività sportiva amatoriale richiede solo buona volontà e la capacità di pensare a come efficientare un settore avente lo scopo primario di promuovere la pratica sportiva tra i giovani, che rappresenta l’esatto opposto di un concetto che prevede pastoie burocratiche per far giocare a calcio i nostri figli, costretti ad aspettare due mesi per giocare una partita ufficiale in attesa che qualche burocrate da scrivania applichi il famoso e famigerato timbro alla scartoffia di turno.