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Huawei, accordo con gli Usa: rientra in Cina la figlia del fondatore detenuta a Vancouver. Pechino libera due cittadini canadesi

Meng Wanzhou, direttrice finanziaria del colosso cinese, era stata arrestata nel 2018 in Canada su mandato degli Stati Uniti: l'accusa era di frode bancaria e violazione dell'embargo all'Iran. Agli arresti domiciliari a Vancouver da tre anni, è stata rilasciata e si trova ora a Shenzhen. Liberi anche Michael Spavor e Michael Kovrig, che furono incarcerati da Pechino come atto di rappresaglia

Dopo quasi tre anni di esilio, “Lady Huawei” ha fatto ritorno in Cina. Questo il risultato dell’accordo raggiunto tra il Dipartimento di giustizia degli Stati Uniti e Meng Wanzhou, la direttrice finanziaria del colosso delle telecomunicazioni, arrestata e messa agli arresti domiciliari in Canada nel 2018 su richiesta americana con l’accusa di cospirazione e frode bancaria. Nel pomeriggio del 25 settembre, la donna è atterrata a Shenzhen a bordo di un volo charter messo a disposizione dal governo mentre il colosso tecnologico rilasciava due cittadini canadesi arrestati all’epoca dei fatti come gesto di rappresaglia verso Vancouver. Intanto Pechino attacca Washington e parla di “persecuzione politica“.

Senza una Cina forte non avrei ottenuto oggi la libertà”, ha commentato Meng Wanzhou sui social. “Tornerò presto all’abbraccio della mia madre patria”, ha detto Meng. ”Sotto la leadership del Partito comunista cinese, il mio Paese natale è diventato più forte e più prospero ogni giorno di di più”, ha aggiunto. ”Viviamo in un periodo di pace e siamo nati in un grande Paese”, ha scritto Meng, aggiungendo di essere cresciuta durante l’era delle riforme e dell’apertura, e quindi di aver assistito e sperimentato la grande trasformazione resa possibile dal popolo cinese sotto la guida del Partito. Meng ha definito la Cina, il Partito e il governo come la luce splendente che ha illuminato “i momenti più bui” della sua vita. “Nonostante tutti i colpi di scena, questo viaggio di ritorno è il viaggio più dolce verso casa”, ha concluso.

L’intesa, che è stata formalizzata il 24 settembre nel corso di un’udienza presso la corte federale di Brooklyn a New York, prevede che Meng ammetta alcune colpe in cambio del ritiro di parte delle accuse mosse nei suoi confronti. La manager, figlia del fondatore di Huawei Ren Zhengfei, era stata fermata nel dicembre 2018 all’aeroporto internazionale di Vancouver su mandato degli Stati Uniti, che ritenevano fosse responsabile di aver ordito un’elaborato inganno bancario per permettere alla controllata Skycom di aggirare l’embargo imposto all’Iran e vendergli le proprie infrastrutture. Un’iniziativa che aveva scatenato dure reazioni da parte di Pechino: il governo cinese aveva subito accusato la Casa Bianca di pressioni illecite nei confronti del Canada e pochi giorni dopo aveva arrestato due canadesi, l’uomo d’affari Michael Spavor e l’ex diplomatico Michael Kovrig, per crimini legati allo spionaggio. Da lì, l’inizio di un’aspra battaglia legale che fino a luglio 2021 sembrava destinata a concludersi con l’estradizione di Meng negli States, dove avrebbe potuto scontare fino a 30 anni di carcere. E invece in colpo di scena, che ha spinto la Cina a lasciare andare a sua volta Spavor e Kovrig: all’arrivo a Calgary, in Alberta, c’era ad attenderli il premier canadese Justin Trudeau mentre l’ambasciatore Dominica Barton li accompagnava. Accoglienza in grande stile, però, anche per Meng che in aeroporto ha ringraziato il suo Paese: “Xi ha a cuore la sicurezza di ogni cittadino cinese, inclusa me”. Il governo cinese, ha poi affermato, “salvaguarda fermamente i diritti dei cittadini e delle imprese cinesi”.

La vicenda giudiziaria ha intersecato per due anni la grande battaglia contro Huawei da parte dell’Amministrazione Trump, che accusava il gigante di vendere una tecnologia 5G pericolosa per la sicurezza dei Paesi clienti. In quel periodo, dominato dalla guerra dei dazi, gli Stati Uniti hanno più volte esercitato pressioni con successo sugli alleati europei affinché chiudessero le porte al produttore cinese. E poi sono arrivati anche ad imporre un embargo sulle forniture di tecnologie americane che sta ancora causando problemi al gruppo di Shenzhen. Ora gli esperti non escludono che la svolta possa preannunciare una nuova stagione nei rapporti tra le due superpotenze. Anche se le scintille intorno al caso non accennano a fermarsi. “Continueremo a difenderci dalle accuse della Corte Distrettuale degli Usa per il Distretto Orientale di New York”, si legge in una nota diffusa dal colosso cinese. “Meng si è assunta la responsabilità del suo ruolo principale nel perpetrare un piano per frodare un’istituzione finanziaria globale”, ha risposto il procuratore ad interim Nicole Boeckmann. Nel frattempo ha preso posizione anche il ministro degli esteri cinese, Wang Yi, che ha detto: “L’accusa di frode è puramente inventata e le azioni di Usa e Canada costituiscono una tipica detenzione arbitraria“. “I fatti hanno pienamente dimostrato che si tratta di un episodio di persecuzione politica contro cittadini cinesi, con lo scopo di sopprimere le imprese high-tech della Cina”, ha concluso.