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Onu, Guterres contro redistribuzione vaccini: “Ricchi immunizzati, ma il 90% degli africani no. Un’oscenità, siamo sull’orlo dell’abisso”

Il segretario generale delle Nazioni Unite ha aperto la 76esima Assemblea generale lanciando l'allarme sulle crisi in corso in tutto il mondo, dalla pandemia all'emergenza climatica, fino alla situazione in Afghanistan, Yemen ed Etiopia, senza dimenticare il rischio di nuova Guerra Fredda tra Usa e Cina. E ha attaccato i Paesi più sviluppati che hanno approfittato del loro potere economico per beneficiare dei farmaci anti-Covid prima degli Stati in via di sviluppo

“Siamo sull’orlo dell’abisso e ci muoviamo nella direzione sbagliata”. Il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha scelto queste parole, questo avvertimento a tutti i rappresentanti dei Paesi presenti, per aprire il dibattito della 76esima Assemblea Generale. Un incontro che prende il via, come ricordato dallo stesso segretario, in un momento di estrema emergenza su più fronti, dalla pandemia all’emergenza climatica, fino alle crisi in Afghanistan, Etiopia e Yemen. Situazione ulteriormente peggiorata da ciò che più preoccupa Guterres: l’aumento delle disuguaglianze, “un surplus in alcuni Paesi e scaffali vuoti in altri”.

E questo anche e soprattutto nella gestione e nella risposta all’emergenza coronavirus che ha fatto emergere un’enorme disparità tra i Paesi più ricchi del mondo e quelli in via di sviluppo: “La maggioranza del mondo più ricco si è vaccinata, oltre il 90% degli africani sta ancora aspettando la prima dose. Questo è un atto d’accusa morale contro lo stato del nostro mondo, è un’oscenità“. Il segretario generale basa la prima parte del suo intervento sul tema dei farmaci anti-Covid aggiungendo che “da un lato vediamo vaccini sviluppati in tempi record, dall’altro vediamo quel trionfo annullato dalla tragedia della mancanza di volontà politica, dall’egoismo e dalla sfiducia“.

Un atteggiamento che a suo dire va in direzione opposta a quella che invece andrebbe percorsa per cercare di affrontare le numerose sfide per il pianeta: “Il mondo non è mai stato più minacciato o più diviso. Sono qui per lanciare l’allarme, il mondo deve svegliarsi. Stiamo affrontando la più grande serie di crisi della nostra vita”, ha detto citando le varie crisi internazionali, oltre all’ondata di sfiducia nella politica ormai diffusa a livello globale. “Il Covid e la crisi del clima hanno messo in luce profonde fragilità come società e come pianeta – ha proseguito – Le persone che serviamo e rappresentiamo possono perdere fiducia non solo nei loro governi e nelle istituzioni, ma nei valori che animano il lavoro dell’Onu da oltre 75 anni”. Secondo il segretario generale, infatti, “un crollo della fiducia sta portando a un crollo dei valori. Le promesse, dopotutto, sono inutili se le persone non vedono risultati nella loro vita quotidiana”. A suo parere ci sono sei aree di divisione, dei “Grand Canyon” che bisogna “colmare ora”: “In primo luogo dobbiamo colmare il divario della pace, quindi quello climatico, quello tra ricchi e poveri (dentro e tra i Paesi) e quello di genere. Poi ripristinare la fiducia e ispirare speranza significa colmare il divario digitale e infine dobbiamo colmare il divario tra le generazioni”.

E tra le varie crisi che mettono a repentaglio la pace ci sono le nuove tensioni tra Stati Uniti e Cina, nelle quali molti osservatori vedono una nuova Guerra Fredda. Guterres, così, ha sentito la necessità di lanciare il proprio appello al “dialogo” e alla “comprensione”: “Sarà impossibile affrontare drammatiche sfide economiche e di sviluppo mentre le due maggiori economie del mondo sono in contrasto tra loro. Questa è una ricetta per i guai, sarebbe molto meno prevedibile della Guerra Fredda. Per ripristinare la fiducia serve cooperazione”. Poi ha lanciato l’allarme: il mondo sta andando verso due diverse “forze armate e strategie geopolitiche”.

Guterres non dimentica anche di ricordare gli obiettivi sul clima, da decenni ormai disattesi nonostante la sempre maggior urgenza di un cambio di rotta in direzione dell’ecosostenibilità. “Il recente rapporto dell’Intergovernmental Panel on Climate Change è stato un codice rosso per l’umanità – ha spiegato – Siamo a poche settimane dalla Cop26 di Glasgow, ma apparentemente lontani anni luce dal raggiungimento dei nostri obiettivi. Dobbiamo fare sul serio e dobbiamo agire in fretta – ha esortato – Gli scienziati ci dicono che non è troppo tardi per mantenere vivo l’obiettivo di 1,5 gradi dell’Accordo sul clima di Parigi, ma la finestra si sta chiudendo rapidamente”. Per fare ciò, “serve un taglio del 45% delle emissioni entro il 2030, eppure un recente rapporto dell’Onu mostra che le emissioni aumenteranno del 16% entro il 2030. Ciò ci condannerebbe all’inferno di un aumento della temperatura di almeno 2,7 gradi rispetto ai livelli preindustriali”.