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Una lucida follia – La storia de il Fatto Quotidiano, il documentario sugli 11 anni del giornale

Arriva ‘Una lucida follia – La storia de il Fatto Quotidiano’, il documentario in quattro puntate disponibile su TvLoft, in abbonamento o acquisto singolo al costo di 4,49 € su tvloft.it, app e smart tv dal 3 settembre, che racconta la nascita e le tappe più importanti di questi undici anni di storia di una realtà editoriale ormai consolidata: “Ho visto uscire la prima copia direttamente dalla rotativa”, ricorda la presidente e amministratrice delegata Cinzia Monteverdi, mentre uno dei fondatori e primo direttore, Antonio Padellaro, racconta: “Non ci siamo neanche posti il problema, anzi quando è nato il Fatto Quotidiano, la follia che stavamo facendo contribuiva ad aumentare la gioia”. La vera follia, secondo il cofondatore, Marco Travaglio, risiedeva e risiede nella “pretesa di mantenere un giornale solo con le vendite in edicola e gli abbonamenti. Non esisteva e non esiste – precisa l’attuale direttore – una realtà del genere nel nostro Paese”. Ormai è noto che il nome ‘il Fatto’ è un omaggio al programma di approfondimento di Enzo Biagi in onda su Rai Uno: “Bice e Carla (le figlie dello storico volto Rai, ndr) erano entusiaste perché significava mantenere vivo il ricordo”, racconta Loris Mazzetti, collaboratore di lungo corso dello storico giornalista.

Il direttore del giornale Marco Travaglio, il direttore del sito Peter Gomez e l’editorialista Gianni Barbacetto raccontano le giornate frenetiche in cui scoppiò lo scandalo Bunga Bunga e il rapporto – solo a tratti ironico – con “l’acerrimo nemico” di sempre, Silvio Berlusconi che però, ammette l’editorialista Massimo Fini, “ha fatto la fortuna dei suoi amici e dei suoi nemici”. Il vicedirettore Marco Lillo analizza uno dei cavalli di battaglia del quotidiano, la Trattativa Stato-mafia, senza tralasciare lo scandalo dei conti truccati di Monte dei Paschi di Siena e gli scoop sul caso Consip. Nelle parole di Silvia d’Onghia e Ilaria Cucchi si rivivono i difficili giorni in cui il giornale decise di pubblicare le foto del corpo martoriato di Stefano Cucchi, il giovane romano morto il 22 ottobre 2009 all’ospedale Sandro Pertini a causa delle botte ricevute da due carabinieri, condannati a 13 anni per omicidio preterintenzionale. Direttori e giornalisti ripercorrono la solitaria opposizione al governo tecnico di Mario Monti e all’allora presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Impossibile non attraversare di nuovo tutte le tappe del complesso rapporto con “l’Innominabile” ed ex presidente del Consiglio, Matteo Renzi: “La mia antipatia per lui – rivela l’editorialista Furio Colombo – è stata istantanea. Ho dato subito un’interpretazione poltronistica alla rottamazione e quando Renzi si è rivelato un danno anche gli occhi del ‘Fatto’ mi sono sentito due volte a casa”, conclude il giornalista. Con il “senatore di Scandicci tutto è nato quasi come una amicizia e naufragato all’indomani della vittoria del No in occasione del referendum costituzionale, altra grande battaglia de ‘il Fatto’ che ha visto in prima linea Marco Travaglio e Silvia Truzzi: “La Costituzione era stata ridotta a un libretto di istruzioni della lavatrice – commenta la giornalista -. Eravamo soli, ma ci siamo divertiti durante quella campagna”.

Una lunga parabola, nella quale non si evita nessuno spigolo, come le accuse di eccessiva vicinanza al Movimento Cinque Stelle: “E’ una posizione idiota che contiene, però, un elemento di verità – commenta l’editorialista Andrea Scanzi – siamo l’unico giornale che riesce a raccontarli senza pregiudizi”. Tuttavia il direttore de ilfattoquotidiano.it, Peter Gomez, ironizzando, ci tiene a precisare: “Si è creata una certa confusione, sono loro che la pensano come noi”. Fino ad arrivare ai giorni nostri, tra l’avanzata nei sondaggi del “Cazzaro verde”, Matteo Salvini, bersaglio, tra gli altri, della ficcante firma di Selvaggia Lucarelli, e il tragico racconto della pandemia di Covid-19 che si è rivelata anche un’occasione per ampliare la comunità dei lettori, a cui promettere ogni giorno di rimanere “allegramente contro” – per dirla con le parole di Marco Lillo, ma soprattutto restare indipendenti: “Io ci credo ancora nel nostro slogan – assicura Peter Gomez – continuare a pubblicare quello che gli altri non dicono”.