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“Epstein non si è suicidato”. Parla la giornalista che per prima incastrò il miliardario: “Sono accadute diverse cose sospette sulla scena del delitto”

La cronista ha pubblicato ora un libro, "Perversion of Justice (Giustizia perversa)" edito da HarperCollins, in cui ricostruisce la vicenda e mette in luce tutti i punti oscuri, uno su tutti la morte in carcere di Epstein

“Le autorità non hanno mai reso pubbliche le prove che dicono di avere. Il fratello Mark Epstein e il patologo forense che fece l’autopsia per la famiglia non ci credono. Sono accadute diverse cose sospette”. A dirlo è la giornalista americana del Miami Herald Julie K. Brown, colei che per prima portò alla ribalta lo scandalo degli abusi sessuali commessi dal finanziere miliardario Jeffrey Epstein con un’inchiesta che raccoglieva le testimonianze di 80 ragazze sue vittime: la cronista ha pubblicato ora un libro, “Perversion of Justice (Giustizia perversa)” edito da HarperCollins, in cui ricostruisce la vicenda e mette in luce tutti i punti oscuri, uno su tutti la morte in carcere di Epstein.

“Il cadavere è stato rimosso subito, anche se tutti sanno che non va alterata la scena del crimine, di cui peraltro non sono state scattate foto – ha spiegato in un’intervista al Corriere della Sera -. Né è chiaro che fine abbiano fatto le riprese delle telecamere di sorveglianza. Era in cella con uno spacciatore che proprio quella notte fu inspiegabilmente trasferito. I due guardiani che dovevano monitorarlo si sarebbero addormentati, contemporaneamente. Non c’era alcun biglietto d’addio”.

Julie K. Brown è una delle persone che meglio conosce il caso in tutte le sue pieghe e per questo non può ignorare le incongruenze che circondano la morte del miliardario, avvenuta in carcere nell’agosto del 2019 e subito bollata dalle autorità come un suicidio per impiccagione. “C’erano molte persone che lo volevano morto. Non significa necessariamente che sia stato assassinato, ma ci sono troppe domande cui le autorità non hanno risposto”, ha detto la giornalista. E parlando dell’ipotesi che la sua morte possa esser stata commissionata da qualcuno del suo circolo che non vuole che trapeli nulla a suo carico ha sottolineato: “C’erano sicuramente telecamere nella sua casa e c’era chi faceva sesso con le ragazze in quella casa. Se anche non sono state registrate, di certo le persone coinvolte sono preoccupate“.

Un altro elemento chiave dell’inchiesta è Ghislaine Maxwell, l’ex fidanzata complice di Epstein: “È evidente che Ghislaine Maxwell sa molte cose – ha spiegato Brown -. Era sempre sugli aerei di Epstein, viveva nelle sue case e le autorità ritengono che lo abbia aiutato ad organizzare l’intero sistema di abusi sulle minorenni. Alcuni dei misteri su Jeffrey Epstein probabilmente resteranno tali a lungo, un po’ come l’assassinio di Jfk. Ma le autorità devono indagare fino in fondo tutti coloro che erano coinvolti negli abusi e nel traffico di minorenni. Non era opera di due sole persone”.