Olimpiadi

Pallavolo maschile, la maledizione della medaglia d’oro: da Barcellona del 1992 allo schianto di Tokyo

Il primo posto sul podio resta irraggiungibile. Da ieri, quando si è consumata l’eliminazione contro l’Argentina al tie-break, si pensa già a Parigi. Ma trovare un nuovo Zaytsev, modello del pallavolista moderno, al momento sembra un’impresa

Sembra essere diventata una creatura mitologica la medaglia d’oro per la nazionale italiana di pallavolo maschile. Una chimera nata negli anni Novanta. Da allora la si cerca, ma non si trova mai, neanche a Tokyo, dopo l’eliminazione contro l’Argentina al tie-break. Per tornare a un gradino così basso bisogna tornare indietro di 29 anni, a Barcellona 1992. Dopo un Europeo nel 1989 e il Mondiale nel 1990, la nazionale guidata da Julio Velasco e capitanata da Andrea Lucchetta è la più forte del mondo. La paragonano al Dream Team degli Stati Uniti: “Noi siamo The Dreaming Team, la squadra sognante”. Il sogno, però, si infrange ai quarti di finale contro l’Olanda al tie-break. “A Barcellona 1992 non siamo scivolati, siamo proprio caduti in un burrone – ricorda Lorenzo Bernardi, una delle stelle della nazionale, nella sua biografia La regola del 9 –. Per toglierci l’amaro dalla bocca abbiamo dovuto aspettare quattro anni”.

Nel 1996 Velasco e gli azzurri volano ad Atlanta con un carico di aspettative pesante tanto quanto la bacheca della Federazione italiana pallavolo, che ora custodisce anche le coppe degli Europei del 1993 e del 1995 e quella del Mondiale del 1994. Il ciclo degli azzurri continua, Jacopo Volpi la rinomina “generazione di fenomeni”, ma Velasco – in silenzio – sta già pensando di lasciare al termine. Prima, però, c’è quel sogno. Il girone eliminatorio procede liscio. Ai quarti gli azzurri trovano l’Argentina e passano. L’Italia è tra le prime quattro, ma vuole arrivare più su: battuta la Jugoslavia, va in finale. Si trova davanti, ancora una volta, l’Olanda. L’ha già battuta 3 a 0 nel girone eliminatorio, ma questa volta Andrea Zorzi e Bernardi sono infortunati e gli oranje sono più caparbi. Come quattro anni prima, perde al tie-break. Per gli azzurri sono una medaglia d’argento e lacrime.

A Sydney, nel 2000, Andrea Anastasi, che da giocatore nei primi anni dell’era di Velasco prendeva appunti, allena ora alcuni suoi ex compagni come Andrea Gardini e Paolo Tofoli, a cui si aggiungono giocatori più giovani come Alessandro Fei. L’Italia supera il girone eliminatorio e i quarti, ma perde la semifinale contro la Jugoslavia che si vendica della sconfitta ai mondiali del 1998, terzo oro iridato consecutivo per l’Italia. Finalina contro l’Argentina, vinta facilmente 3 a 0, vale il bronzo. Ad Atene, nel 2004, della “Generazione di fenomeni” non resta più nessuno, tranne quei giocatori che sono entrati molto giovani nel giro azzurro, Andrea Giani e Samuele Papi, allenati ora Gian Paolo Montali. Superato il girone, è ancora una volta Italia-Argentina, vinta 3-1. Gli azzurri battono la Russia in semifinale e trovano il Brasile in finale. È un altro argento, il secondo. Nel 2008, dopo tre edizioni sul podio, gli azzurri di Andrea Anastasi tornano da Pechino senza medaglie: “Olimpiadi stregate”, dice il coach. È ancora il Brasile a farci fuori, stavolta in semifinale. La finalina con la Russia non ha storia.

A Londra 2012 l’Italia di Mauro Berruto è una buona formazione: ci sono Samuele Papi, Alessandro Fei e Gigi Mastrangelo, c’è Cristian Savani come capitano e c’è Ivan Zaytsev, 24 anni ancora da compiere. Il loro torneo, però, comincia male e poi sorprende. Quarta nel girone, approda ai quarti ed elimina i campioni olimpici di Pechino, gli Stati Uniti. In semifinale ci sono di nuovo i brasiliani che ci battono. L’Italia vince il bronzo e sul podio Savani e Mastrangelo portano la maglia di un assente, Vigor Bovolenta, scomparso pochi mesi prima. Tra Berruto e la squadra i rapporti si interrompono nel 2015 dopo le finali di World League a Rio de Janeiro. Un anno dopo, ai giochi in Brasile, ci sarà il suo vice, Gianlorenzo Blengini, con una squadra rimaneggiata: del 2012 restano soltanto Zaytsev ed Emanuele Birarelli, per il resto è un gruppo nuovo in cui spiccano un 20enne di nome Simone Giannelli e uno schiacciatore portentoso che veste l’azzurro da poco, Osmany Juantorena. L’Italia arriva prima nel girone, vince contro Usa e Brasile. Ai quarti liquida l’Iran e in semifinale ritrova gli Stati Uniti in una partita epica: Zaytsev, al massimo della sua forza, trascina i suoi alla vittoria al tie-break. In finale c’è il Brasile, ancora una volta: l’Italia lotta, ma perde 22-25, 26-28 e 24-26. Terzo argento olimpico.

Da ieri si pensa già a Parigi. Ferdinando De Giorgi, tre ori mondiali da palleggiatore di riserva, ha già preso la guida della nazionale. “A Velasco dicevo sempre che quando sono stato convocato per i mondiali abbiamo vinto, mentre non sono stato convocato alle Olimpiadi e le abbiamo perse”, racconta. La nazionale del futuro potrà contare su Giannelli e Michieletto, prodotti del vivaio del Trentino Volley. Questo torneo ha rivelato altri elementi interessanti, mentre alcuni giovani validi, come Fabio Balaso, sono nel gruppo che sta preparando gli Europei agli ordini di De Giorgi. Il ct non potrà contare sugli arrivi dal Club Italia, la squadra federale di serie A2 formata dai giovani talenti: il progetto è stato interrotto nel 2019 perché non stava rendendo come sperato e, con l’arrivo di Velasco alla guida delle giovanili, è stato ritenuto meglio selezionare gli azzurrini dai vivai dei club. Altri, però, potranno giungere dalla nazionale under-21 che disputerà i mondiali in Sardegna a settembre, quel gruppo che due anni fa ha vinto i mondiali under-19 in Tunisia con Michieletto. Trovare un nuovo Zaytsev, modello del pallavolista moderno, al momento sembra un’impresa.