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Riforma Cartabia, i partiti depositano 1.631 emendamenti in Commissione: 917 del M5S, 403 da “Alternativa c’è”. Soltanto 21 dal Pd

Presentano modifiche pure i dem, ma in misura minore: "Il testo che uscito dal Cdm ha necessità di aggiustamenti. Uno di questi riguarda la prescrizione come è stata immaginata". La guardasigilli da Napoli: "Lo status quo non è un’opzione sul tavolo"

Alla scadenza del termine delle 18 sono 1.631 i sub-emendamenti depositati dai partiti alla riforma Cartabia, di cui 275 relativi all’articolo 14, quello sulla prescrizione processuale. Ben 917 (più della metà) sono firmati dal Movimento 5 Stelle. Altri 403 vengono da “L’alternativa c’è” (componente del Misto formata da ex pentastellati), 120 da Forza Italia, 65 da Italia viva, 39 da Fratelli d’Italia, 21 dal Pd e 12 dalla Lega. Insomma, chi più chi meno, chi in un senso e chi nell’altro, tutte le forze politiche hanno qualche aggiustamento da proporre. I grillini, dal canto proprio, l’intenzione di dare battaglia l’avevano annunciata da giorni – già nelle ore immediatamente successive al voto in Consiglio dei ministri – e lunedì è stata confermata dal premier Giuseppe Conte dopo l’incontro con Mario Draghi.

A scaldare ulteriormente gli animi, il giorno dopo, è arrivata l’audizione del procuratore di Reggio Calabria Nicola Gratteri: “È stata drammaticamente chiara: la riforma del processo penale messa a punto dalla ministra Marta Cartabia deve essere modificata. Tra tutte le critiche espresse da Gratteri quelle che più preoccupano, poiché prefigurano scenari inquietanti, sono relative alle conseguenze concrete: convenienza a delinquere e diminuzione del livello di sicurezza per la Nazione”, scrivono in una nota i deputati della commissione Giustizia. “Il procuratore capo di Catanzaro – proseguono – ha parlato anche di un abbassamento della qualità del lavoro dei magistrati causato dalla fissazione di una tagliolà con termini troppo rapidi. Gratteri ha correttamente preannunciato un ‘aumento smisurato di appelli e ricorsi in Cassazionè perché ‘con questa riforma a tutti, nessuno escluso, conviene presentare appello e poi ricorso in Cassazione non foss’altro per dare più lavoro ed ingolfare maggiormente la macchina della giustizià. Si tratta di considerazioni che devono indurre tutti a rivedere e modificare nel profondo la riforma, soprattutto con riguardo a prescrizione e improcedibilità. Ne va del futuro del Paese” concludono.

Modifiche erano state annunciate anche Debora Serracchiani, capogruppo del Pd alla Camera, ma in numero molto minore: “Siamo convinti che l’impianto della riforma Cartabia sia estremamente valido. Ä già stato fatto un lavoro collettivo da esperti e gruppi parlamentari” ma “il testo che uscito dal Cdm ha necessità di aggiustamenti. Uno di questi riguarda la prescrizione come è stata immaginata, che ha una certa rigidità e potrà essere applicata in questa forma quando effettivamente avremo organici e un’organizzazione diversa della giustizia”. E infatti l’emendamento dem più importante allunga, fino al 31 dicembre 2024, i termini superati i quali scatta l’improcedibilità, in Appello e in Cassazione, rispettivamente a tre e due anni. Altri allargano – sulla scia di quelli M5s – il novero dei reati per i quali è possibile l’allungamento a tre anni e a 18 mesi, oppure eliminano del tutto l’elenco, attribuendo al giudice la possibilità di chiedere la deroga per qualsiasi reato nei procedimenti più complessi. Emendamenti che, spiega Bazoli, “introducono una maggiore flessibilità e più discrezionalità per i giudici procedenti. Si tratta di emendamenti con ipotesi alternative tra loro che offriamo come spunto di riflessione”. Altre proposte dem riguardano la messa alla prova e i riti alternativi, “recuperando una serie di proposte uscite dalla Commissione Lattanzi” con lo scopo di deflazionare i carichi degli uffici giudiziari.

La diretta interessata, cioè la guardasigilli Marta Cartabia, difende invece il suo testo: “Le forze politiche spingono in direzioni diametralmente opposte, ma questa riforma deve essere fatta perché lo status quo non può rimanere tale. So molto bene che i termini che sono stati indicati sono esigenti per queste realtà, perché partiamo da un ritardo enorme, ma non sono termini inventati, sono quelli che il nostro ordinamento e l’Europa definisce come termini della ragionevole durata del processo, che è un principio costituzionale”, ha detto la ministra dal palazzo di giustizia di Napoli, dove la corte d’Appello ha il record negativo della durata dei processi: con la riforma salterebbero praticamente tutti.

“Con questi organici, che auspichiamo vengano in qualche modo rimpolpati, mi sembrerebbe molto triste dover trarre la conclusione che l’unico modo di fare i processi in questo Paese sia non farli, sia offrire ponti d’oro agli imputati per indurli a scegliere a suon di sconti, saldi, liquidazioni e riti alternativi”, ha detto Luigi Riello, procuratore generale di Napoli. La ministra ha replicato: “Lo status quo non è un’opzione sul tavolo. Dopo quanto ho sentito su numeri delle pendenze, i tempi delle definizioni dei giudizi, i tempi delle trasmissioni degli atti, mi domando: possiamo noi stare inerti e fermi di fronte a una Giustizia che non è un Frecciarossa che in un’ora e dieci ci porta da Napoli a Roma, che non deve fermarsi mai nelle campagne di Frosinone, ma possiamo restare sul calesse perché Frecciarossa non si inceppi?”