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Brasile, assolti due poliziotti accusati di stupro su una 19enne nell’auto di servizio: “Poteva resistere, non ha fatto niente per liberarsi”

Per il giudice militare, il fatto che la ragazza si trovasse in un’autovettura della polizia con sirene e lampeggiante attivati con due agenti armati non è stato considerato sufficiente come minaccia. L'agente alla guida del mezzo è stato assolto da tutte le accuse e quello che ha consumato il rapporto è stato condannato per atti libidinosi o pederastia in ambiente militare e può tornare a lavoro grazie alla sospensione della pena

Il giudice del tribunale militare di San Paolo, in Brasile, ha assolto dall’accusa di stupro due agenti di polizia militare accusati di aver violentato una ragazza di 19 anni all’interno di un veicolo mentre erano in sevizio nella città costiera di Praia Grande, sulla costa meridionale di San Paolo, nel 2019. Per il giudice militare, il fatto che la ragazza si trovasse in un’autovettura della polizia con sirene e lampeggiante attivati con due agenti armati non è stato considerato sufficiente come minaccia. Per questo gli agenti sono stati assolti. In base a quanto emerge dalle motivazioni della sentenza pubblicate dal quotidiano G1, per il giudice la vittima “non ha fatto nulla per liberarsi dalla situazione. Non ha offerto resistenza fisica, non ha detto nulla, né ha chiesto aiuto al poliziotto alla guida” mentre il collega era impegnato con lei in “atti libidinosi” sul sedile posteriore.

Di fronte alla denuncia della giovane di essersi sentita intimidita dal fatto che il poliziotto fosse armato, il giudice ha considerato che l’agente “non ha usato l’arma direttamente”. In particolare il magistrato ha “evidenziato” come “tanto quanto non c’è stata violenza fisica per la pratica di atto libidinoso con la civile, allo stesso modo non c’è stata grave minaccia e il fatto che l’agente fosse armato, dal momento che era in servizio, non deve confondersi con l’uso di arma da fuoco contro il crimine, né tantomeno si deve ammettere la tesi dell’essersi sentita forzata nell’atto come ricostruito della vittima”. Per il giudice “la vittima poteva resistere alla pratica del fatto libidinoso, ma non l’ha fatto”. Trattandosi di sesso consensuale, il poliziotto alla guida è stato assolto da tutte le accuse e quello accusato di stupro è stato condannato per il reato di atti libidinosi o pederastia in ambiente militare, reato previsto dall’articolo 235 del codice penale militare, che prevede la detenzione fino a un anno. Tuttavia, la pena è stata sospesa e il poliziotto potrà continuare a lavorare regolarmente.

Per il gruppo femminista legato al Partito socialismo e libertà (Psol) Mulheres do Psol di Sao Vicente, la decisione discutibile del giudice militare rivela un “corporativismo potenziato da machismo”, denunciando che “l’adozione di comportamenti protettivi nei confronti dei propri pari da parte della giustizia militare nelle più diverse situazioni non è un fatto isolato” e “non c’è dubbio che ci sia una generalizzata mancanza di morale nella decisioni emesse dalla giustizia militare”. Nel caso specifico, sottolineano le Mulheres do Psol, “il giudice si è trovato in una zona di conforto, dal momento che incolpare la vittima in situazioni di molestie e violenza sessuale, purtroppo, non trova il ripudio desiderato e necessario nella società”.

Per il gruppo femminista attivo nello stato di San Paolo condanne come questa non fanno altro che aumentare il livello di violenza istituzionale che colpisce tutte le donne. La cosa più grave, affermano, “è la certezza che non abbiamo i nostri diritti protetti, costringendoci a una cittadinanza di serie B. Qualcosa che non può essere ammesso”. La Costituzione federale, ricordano, “stabilisce nel suo articolo 5 che uomini e donne sono uguali in diritti e doveri. Tuttavia, in pratica, quando si tratta di proteggere i diritti siamo classificati per genere”. E se c’è qualcosa di peggiore è che, “oltre al sentimento di invisibilità in termini di cittadinanza, è chiaro il messaggio di scoraggiamento da altre denunce di violazione dei diritti”.