Cronaca

Coronavirus, il rapporto Istat-Iss: “Nei primi 4 mesi del 2021 quasi 2 milioni di casi, il 46% del totale. Nel Nord-Est la maggiore incidenza”

I 1.867.940 casi contagi tra gennaio ed aprile hanno riguardato una popolazione più giovane, in mesi durante i quali le somministrazioni sono concentrate sulla fascia più a rischio. "Si è registrato un calo in termini percentuali dei contagi registrati nella popolazione molto anziana e un abbassamento dell'età dei casi segnalati", scrivono Istat-Iss. Un "segnale" di come i vaccini abbiano "dato esiti positivi" nel ridurre la trasmissione della malattia

Nei primi quattro mesi del 2021 sono stati accertati in Italia 1.867.940 casi di infezione di Sars-Cov-2, pari al 46% dei 4.035.367 rintracciati da inizio pandemia al 30 aprile. È una delle principali novità contenute nel sesto rapporto Istat-Iss sull’impatto del Covid-19 che focalizza l’attenzione sulla mortalità ma evidenzia anche come l’impatto della campagna di vaccinazione stia risolvendo il problema dei decessi. I quasi 2 milioni di contagi tra gennaio ed aprile, ad esempio, si legge nel rapporto, hanno riguardato una popolazione più giovane, in mesi durante i quali le somministrazioni sono concentrate sulla fascia più fragile e a rischio della popolazione. “Si è registrato un calo in termini percentuali dei contagi registrati nella popolazione molto anziana (80 anni e più) e un abbassamento dell’età dei casi segnalati”, scrivono Istat-Iss. Un “segnale” di come la campagna abbia “dato esiti positivi” nel ridurre la trasmissione della malattia, ma è anche – sottolinea il rapporto – una “conseguenza dell’aumentata capacità diagnostica e delle attività di contact tracing” che “hanno facilitato l’identificazione di casi tra la popolazione più giovane”, che spesso è paucisintomatica o asintomatica.

Buona parte del focus è dedicato alla mortalità e conferma che nel 2020 il totale dei decessi per il complesso delle cause è stato “il più alto mai registrato nel nostro Paese dal secondo dopoguerra” con 746.146 morti. Una quota di persone che hanno perso la vita superiore di 100.526 unità rispetto alla media 2015-19. L’eccesso di mortalità è stato quindi del 15,6%. I tassi standardizzati di mortalità – ovvero il rapporto tra decessi e popolazione, a parità di struttura per età – mostra un aumento del 9% a livello nazionale rispetto alla media del quinquennio 2015-19 e certifica che le regioni con aumenti più significativi sono state Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia e Provincia autonoma di Trento.

Il rapporto nota anche come i primi 4 mesi del 2021 abbiano determinato un cambiamento dello scenario rispetto alla prima ondata per quanto riguarda la distribuzione dei casi sul territorio nazionale. Da gennaio ad aprile 2021, infatti, le province con maggiore incidenza di diffusione del virus sono state Bologna, Gorizia, Forlì-Cesena, Udine, Rimini e Bolzano. Anche l’impatto di decessi per Covid-19 sui decessi totali ha visto un aumento soprattutto nelle Regioni del Centro e del Mezzogiorno, che invece durante la prima ondata erano state risparmiate dalla diffusione del virus.

Per quanto riguarda il genere e le fasce di età, Istat e Iss riportano che “la stima del contributo dei decessi per Covid-19 alla mortalità generale conferma come l’impatto sia più marcato nel genere maschile”, con un’incidenza maggiore tra i 65 e i 79 anni: un decesso su 5 in questa fascia è attribuibile al virus. Infine il rapporto spiega che, sulla base dei dati Eurostat, l’eccesso di mortalità mensile, tra fine 2020 e primi mesi 2021, in Italia è stato “al di sotto della media europea per poi risalire leggermente in marzo”. Tenendo conto della struttura per età delle popolazioni, stando a uno studio del British Medical Journal, eccesso di mortalità nel nostro Paese è risultato inferiore a quello registrato in altri paesi europei – tra i quali Spagna, Belgio e Regno Unito – oltre che negli Stati Uniti.