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Vaccino Covid, l’Oms vuole una svolta sulla redistribuzione ai Paesi poveri. Usa: “Da noi 80 milioni di dosi entro la fine di luglio”

Il direttore generale, Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha lanciato un nuovo appello chiedendo "a tutti i produttori di concedere alla piattaforma Covax il diritto di prelazione sul nuovo volume di vaccini o di impegnare per Covax il 50% dei loro volumi". E 230 personaggi di spicco, tra cui 100 ex capi di Stato, di governo o ministri, chiedono ai governi del G7 di pagare i due terzi dei 66 miliardi di dollari necessari per vaccinare i Paesi a basso reddito

La decisione dell’amministrazione americana può rappresentare l’inizio di una nuova fase nella campagna di vaccinazione mondiale contro il Covid-19. Dopo gli appelli, ripetuti anche in giornata, dell’Organizzazione mondiale della sanità per una più equa redistribuzione delle dosi che tenga conto della scarsa immunizzazione dei Paesi più poveri, il segretario di Stato Usa, Antony Blinken, ha annunciato nel corso di un’audizione alla Camera che da ora alla fine di luglio il Paese distribuirà 80 milioni di dosi di vaccino ai Paesi che ne hanno più bisogno.

Si partirà, ha aggiunto, con un primo blocco da 25 milioni che per il 75% andranno a sostenere il programma Covax per la redistribuzione dei farmaci anti-coronavirus nei Paesi più poveri del mondo, mentre il restante 25% sarà affidato direttamente da Washington. La decisione dell’amministrazione arriva dopo che il direttore generale dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus, durante il consueto punto stampa sulla situazione di Sars-CoV-2, aveva lanciato in giornata un nuovo appello chiedendo “a tutti i produttori di concedere alla piattaforma Covax il diritto di prelazione sul nuovo volume di vaccini o di impegnare per Covax il 50% dei loro volumi” prodotti quest’anno. Un appello sulla stessa linea di quello lanciato da 230 personaggi di spicco, tra cui 100 ex capi di Stato, di governo o ministri, con una lettera citata dal Guardian in cui si chiede ai leader del G7 di pagare i due terzi dei 66 miliardi di dollari necessari a vaccinare i Paesi a basso reddito. Da Tony Blair a Ban-Ki Moon, da Richard Branson al premio Nobel per l’economia, Bengt Holmström, tutti hanno chiesto ai governi di Regno Unito, Stati Uniti, Francia, Germania, Italia, Giappone e Canada di fare del 2021 “un punto di svolta nella cooperazione globale”.

Ghebreyesus ha ricordato che “la condivisione dei vaccini ora è essenziale per porre fine alla fase acuta di Covid-19. Alla 74esima Assemblea mondiale della sanità ho chiesto un massiccio sforzo globale per vaccinare almeno il 10% della popolazione di tutti i Paesi entro settembre e almeno il 30% entro fine anno. Per raggiungere questi obiettivi, abbiamo bisogno di ulteriori 250 milioni di dosi entro settembre, 100 milioni solo a giugno e luglio”. Un obiettivo che deve essere perseguito con forza, quello evidenziato dal direttore generale dell’Oms, perché una massiccia diffusione del virus nei Paesi più poveri, con le frontiere che si stanno riaprendo in tutto il mondo, rischierebbe di dare origine a nuove mutazioni del virus che potrebbero anche risultare resistenti ai vaccini usati fino a oggi. “Questo fine settimana, i leader del G7 si incontreranno per il loro vertice annuale. Queste sette nazioni hanno il potere di raggiungere questi obiettivi – ha aggiunto – Chiedo al G7 non solo di impegnarsi a condividere le dosi, ma di impegnarsi a condividerle a giugno e luglio”.

Guardando i numeri, la situazione delle aree più povere del Paese appare drammatica. “A sei mesi da quando sono partite le vaccinazioni anti-Covid, i Paesi ad alto reddito hanno somministrato quasi il 44% delle dosi – ha spiegato Ghebreyesus – Quelli a basso reddito solo lo 0,4%. La cosa più frustrante di questa statistica è che non è cambiato nulla in questi mesi. L’iniqua distribuzione dei vaccini ha permesso al virus di continuare a diffondersi, aumentando le possibilità che emerga una variante che renda i vaccini meno efficaci”. L’iniquità nelle vaccinazioni, ha aggiunto, “è una minaccia per tutte le nazioni, non solo per quelle con il minor numero di vaccini”.

Oltre a una più equa redistribuzione dei vaccini, è necessario anche un aumento della produzione di questi farmaci, così da poter garantire sia la completa immunizzazione dei Paesi meno ricchi che i richiami che potrebbero essere necessari già dal prossimo autunno. “L’aumento della produzione – ha spiegato Ghebreyesus – non avviene dall’oggi al domani, ma prima si investe, prima può iniziare. All’Assemblea mondiale della sanità, gli Stati membri hanno adottato una risoluzione che chiedeva all’Oms di sostenere ulteriormente i Paesi per aumentare la produzione locale. Lo faremo, aiuteremo a identificare i colli di bottiglia, a fornire soluzioni e sviluppare piani di accelerazione della produzione”.

Uno di questi, continua il direttore, prevede la creazione di “un hub di trasferimento di tecnologia a mRna per facilitare una maggiore produzione globale di questi vaccini. Abbiamo ricevuto manifestazioni d’interesse da alcune aziende e da alcuni Paesi desiderosi di ricevere la tecnologia e realizzare impianti di produzione. La condivisione dei vaccini ora è essenziale. Ma è anche chiaro che, in caso di emergenza, i Paesi a basso reddito non possono fare affidamento esclusivamente sulle importazioni di vaccini dalle nazioni più ricche”. Investire nella produzione locale quindi “è fondamentale per i vaccini Covid-19 e per la produzione di vaccinazioni di routine e altri prodotti sanitari”.