Giustizia & Impunità

Loggia Ungheria, la versione di Amara in tv: “Un’associazione a delinquere, collaborare una scelta di vita. Storari? Sua ingenuità cosmica”

L'ex avvocato esterno dell'Eni parla a Piazzapulita: "Comincio a parlare della loggia quando la Procura di Milano rinviene un file indirizzato a Luca Lotti, in cui si raccomandavano una serie di magistrati e altri funzionari. Mi sono posto il problema dei riscontri, è stato facile acquisire delle registrazioni audio da parte di soggetti che ora dicono di non conoscermi. Fino al mio arresto la loggia esisteva ancora". I verbali consegnati a Davigo? "Se lo avesse fatto un avvocato, sarebbe in carcere"

“Sono stato arrestato nel febbraio del 2018, mi venivano contestati due episodi di corruzione. Sono stato ristretto nel carcere di Regina Coeli per circa 5 mesi, poi ho fatto un periodo di domiciliari, un periodo di grande riflessione. Lì ho maturato la forte, determinata e decisa convinzione di collaborare con l’autorità giudiziaria. Nel momento in cui ho deciso ho fatto una scelta di vita, o era una scelta radicale o non aveva senso”. Piero Amara, 52 anni, l’ex avvocato esterno dell’Eni che ha scatenato una nuova bufera nel mondo della magistratura con le sue dichiarazioni ai pubblici ministeri di Milano sulla fantomatica loggia massonica “Ungheria” (formata, a suo dire, da uno svariato numero di magistrati e figure istituzionali) parla per la prima volta in tv intervistato da Corrado Formigli a Piazzapulita, su La7. “Ho riferito una serie di circostanze per le quali non ero nemmeno indagato“, spiega. “Avrei potuto limitarmi a confessare le ipotesi di reato che mi erano contestate, ma sono andato avanti. A chi dice che ho collaborato per avere uno sconto di pena, ricordo che avevo già patteggiato a Roma e Messina”.

“Ho cercato di limitare la mia deposizione ai fatti di cui ero assolutamente certo“, spiega Amara. “Comincio a parlare della loggia Ungheria perché, in verità, non so come, la procura di Milano riuscì a rinvenire un file del 2015 all’interno di un computer nella mia disponibilità. Era un file indirizzato a una persona indicata come ‘LL’, Luca Lotti“. Che, dice, lo avrebbe incontrato più volte: “Esisteva una forma di comunicazione con il dottor Lotti alla Presidenza del Consiglio. Devo fare un distinguo tra Lotti e Renzi. Con Lotti, a parte la conoscenza diretta, il sistema di comunicazione era mediato da un imprenditore fiorentino, poi fu costruito un rapporto economico quando c’erano problemi di finanziamento della Leopolda, ma non l’ho finanziata io”. Nel documento trovato dai pm, racconta, “si raccomandavano una serie o di magistrati o di altri funzionari dello Stato che avevano esigenze di varia natura”. Il legale, indagato per un presunto depistaggio nel caso Eni-Nigeria, ha cominciato a rendere dichiarazioni nel dicembre 2019. “Cercavo di limitarmi a riferire fatti rispetto ai quali ero certo di un tema probatorio, che potevo dimostrare. Mi sono totalmente affidato al dottor Storari (Paolo Storari, il pubblico ministero ora indagato per aver diffuso i suoi verbali, ndr)”, spiega. “Nel momento in cui ho cominciato a rendere dichiarazioni a Storari, mi sono posto io il problema dell’esigenza dei riscontri: per un certo periodo è stato facile acquisire delle registrazioni, degli audio” da parte dei soggetti chiamati in causa, “alcuni dei quali ora dicono che non mi conoscono“.

Storari, dice Amara, “in questa vicenda pecca solo di una ingenuità cosmica rispetto a quello che è successo, per non qualificarlo altrimenti. Conoscendo Storari, che è una persona certamente perbene, io penso che ne avrà parlato con il dottor Davigo… questo avviene nell’aprile nel 2020, quindi siamo in piena segretezza istruttoria. Era stato stabilito un percorso che prevedeva ancora diversi interrogatori. Se lo avesse fatto un avvocato, sarebbe in carcere probabilmente. Sono io – prosegue – che mi sono posto il problema dell’esigenza di riscontri. Per fortuna mia ho cercato, dopo aver reso queste dichiarazioni, di ricostruire attraverso colloqui e registrazioni dei fatti a mia tutela”. La cosiddetta loggia Ungheria, nella sua versione, “è molto peggio che non un’associazione segreta. Cioè, rispetto a certi fatti, per me c’è proprio un’associazione a delinquere finalizzata all’abuso d’ufficio. Certamente – aggiunge – fino al mio arresto il gruppo di potere che si riconosceva in parte di questa associazione esisteva ancora e io sono pronto a parlarne con qualunque altro magistrato, non solo con la procura di Milano”. Il primo a parlargli della sua esistenza, dice, “fu il dottor Giovanni Tinebra”, già direttore del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap) e Procuratore generale di Catania. “Nell’ambito di una certa parte della magistratura – spiega – vi era un circolo più ristretto rispetto al quale inizialmente ho avuto l’onore di partecipare grazie all’invito del dottor Tinebra. Fu lui il primo a pronunciarmi la parola Ungheria”.

“Le dichiarazioni sul mio conto rilasciate stasera dall’avvocato Piero Amara a Piazzapulita su La7 sono false e prive di fondamento. Non conosco le circostanze descritte. Ho incontrato Amara in una circostanza assolutamente occasionale, peraltro già nota e in presenza di decine di persone, e soprattutto non ho mai ricevuto file da lui. Di fronte a tali invenzioni diffamatorie mi riservo di valutare un’azione di querela”. Lo comunica Luca Lotti in una dichiarazione inviata alla trasmissione di La7 in seguito ai riferimenti fatti da Amara.