Scienza

Ecco Abel il robot umanoide che “capisce” le emozioni. La sua intelligenza potrebbe essere utile anche con i pazienti affetti da Alzheimer

Non solo somiglia e si muove come noi umani, ma è in grado di interagire, comportarsi e percepire ciò che lo circonda in modo analogo al nostro. Il robot è il risultato della collaborazione di due settori della ricerca, la robotica sociale e l'affective computing quel ramo specifico dell'intelligenza artificiale che si propone di realizzare robot in grado di esprimere emozioni

A guardare Abel robot umanoide capace di parlare, ragionare e capire le emozioni per un attimo non si può pensare anche al piccolo David del film AI – pensato da Kubrick e fimrato da Spielberg – amava disperatamente la sua mamma umana. Ma la macchina dall’aspetto di un 12enne realizzato dai ricercatori del centro di ricerca Enrico Piaggio dell’università di Pisa non è in grado di “provare” un’emozione ma prova a capire se riesce a scatenare un’emozione.

Nato in collaborazione col Biomimics di Londra, il laboratorio dove sono stati creati alcuni dei più famosi robot e alieni del cinema, da quelli della saga di Star Wars, ai dinosauri di Jurassic Park, Abel appunto parlare, ragionare e capire le emozioni degli esseri umani. “È un robot umanoide sia sotto l’aspetto estetico sia comportamentale – dice Lorenzo Cominelli, sviluppatore del centro pisano -. Non solo somiglia e si muove come noi umani, ma è in grado di interagire, comportarsi e percepire ciò che lo circonda in modo analogo al nostro”.

Il robot è il risultato della collaborazione di due settori della ricerca, la robotica sociale e l’affective computing, quel ramo specifico dell’intelligenza artificiale che si propone di realizzare robot in grado di riconoscere ed esprimere emozioni. Il tutto, con l’apporto di alcuni dei maestri degli effetti speciali come Gustav Hoegen, il disegnatore e creatore di animatronic olandese creatore di alcuni personaggi della saga di Star Wars. Abel è in grado di studiare il suo interlocutore e interagire con lui, osservandone numerosi parametri – molti dei quali anche invisibili all’uomo stesso, come i piccoli cambiamenti termici o anche la frequenza del battito cardiaco – dai quali può dedurre quali emozioni prova l’umano che ha di fronte, forse meglio di come può fare una persona.

Il “ragazzino” è in grado anche di elaborare concetti astratti, di affrontare ragionamenti deduttivi e induttivi e di formulare ipotesi, cercando “di capire la persona che ha davanti – continua Cominelli – e, se fa un’azione, prova a capire se ha provocato una reazione, e di che tipo”. Una delle sue più importanti applicazioni è quella che riguarda la sua capacità di relazionarsi con i pazienti affetti da disturbi come l’Alzheimer. Abel può essere usato per misurare le reazioni del paziente sulla base di una serie di comportamenti e poi capire quale possano essere le migliori risposte da fornire, aiutando anche i medici stessi a individuare i trattamenti più adatti. “Abel ha incredibili potenzialità – conclude Cominelli – una piattaforma per usi in moltissimi campi”.