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Recovery, il Piano italiano è stato inviato alla Commissione europea. La scadenza era fissata al 30 aprile

Ora può finalmente partire il conto alla rovescia per ottenere i primi fondi: la valutazione di Bruxelles ai vari Piani richiederà almeno due mesi, poi serviranno altre 4 settimane per l’ok del Consiglio Ecofin. Ma la presidenza portoghese vuole accelerare, e ha già indicato l’Ecofin del 18 giugno come la data per dare il via libera. Ciò significa che, se venisse rispettata questa tabella di marcia, l’Italia potrebbe avere il suo anticipo da 25 miliardi già a luglio

A poche ore dalla scadenza – fissata per la mezzanotte del 30 aprile – il governo italiano guidato da Mario Draghi ha inviato alla Commissione europea la versione definitiva del Piano italiano di ripresa e resilienza, approvata dal Parlamento e bollinata giovedì dal Consiglio dei ministri. Lo apprende l’Ansa da fonti di Palazzo Chigi. Ora può finalmente partire il conto alla rovescia per ottenere i primi fondi del Recovery: la valutazione di Bruxelles ai vari Piani nazionali richiederà almeno due mesi, poi serviranno altre 4 settimane per l’ok del Consiglio Ecofin. Ma la presidenza portoghese vuole accelerare, e ha già indicato l’Ecofin del 18 giugno come la data per dare il via libera almeno ai piani arrivati per primi. Ciò significa che, se venisse rispettata questa tabella di marcia, l’Italia potrebbe avere il suo anticipo da 25 miliardi di euro già a luglio.

Difficile. Lo dimostra il fatto che la Commissione già da giorni sta cercando di frenare le aspettative degli Stati membri. Finora sono arrivati una decina di piani nazionali, e il numero di pagine da analizzare si avvicina già a 100mila. Una mole di lavoro a cui la task force dei 100 tecnici europei del desk Recovery promette di lavorare giorno e notte, ma senza garantire la tempistica. Gli Stati sostengono che la maggior parte del lavoro sia stata già fatta, visto che la preparazione dei Pnrr è avvenuta in stretta collaborazione con la Commissione. Bruxelles invece è convinta che il lavoro di valutazione andrà fatto con estrema attenzione, probabilmente coinvolgendo ancora i governi su alcuni dettagli.

I nodi irrisolti non riguarderanno soltanto le misure previste da ciascuno Stato membro – in teoria dovrebbero rispondere a tutti i criteri fissati dall’Ue su investimenti e riforme – ma anche il calendario con la scaletta degli obiettivi finali e di quelli intermedi, cioè quelle tappe che una volta raggiunte daranno diritto a chiedere nuove tranche di fondi. In pratica quello che Bruxelles dovrà preparare è la ‘road map’ di investimenti e riforme a cui ogni governo sarà vincolato per i prossimi sette anni. Per questo la task force, guidata dalla presidente Ursula von der Leyen, dai suoi vicepresidenti Dombrovskis e Vestager e dal commissario Gentiloni, vuole prendersi tutto il tempo necessario per evitare errori dovuti alla fretta. “L’importante è la qualità, che vince sulla rapidità”, ripetono da giorni i portavoce della Commissione. A rendere ancora incerta la tempistica legata all’arrivo dei fondi c’è anche il problema della ratifica della decisione sull’aumento delle risorse proprie del bilancio Ue, cioè quelle garanzie necessarie alla Commissione per andare sui mercati a raccogliere i 750 miliardi del Recovery. Manca ancora l’ok di dieci Paesi Ue per completare il processo, e l’auspicio è che arrivi entro maggio.