Cronaca

Missionaria laica italiana uccisa in Perù: colpita con un machete o un’ascia. Si ipotizza un tentativo di rapina. La Farnesina segue le indagini

La donna sarebbe stata assassinata mentre dormiva. Era responsabile nel centro 'Mamma mia' di Nuevo Chimbote, realizzato da padre Ugo De Censi

Era partita 25 anni fa dall’Italia per dedicarsi ai poveri del Sudamerica. Una volontaria vicentina di 50 anni è stata massacrata a colpi di machete e di “compa” (una mazzetta da muratore) mentre dormiva nella sua camera, a Chimbote, sulla costa del Pacifico del Perù, qualche centinaio di chilometri a nord della capitale Lima. La notizia è rimbalzata in Italia attraverso i canali dell’Operazione Mato Grosso, l’organizzazione di cui faceva parte. Nadia De Munari, originaria di Giavenale, una frazione di Schio, era partita per il Perù per la prima volta nel 1987, ma dal 1995, a parte qualche sporadico ritorno in Italia, il paese latinoamericano era diventata la sua seconda patria. È stata uccisa brutalmente mentre dormiva all’ultimo piano della casa “Mamma Mia” a Nuevo Chimbote una città di almeno mezzo milione di abitanti, molto violenta, che è cresciuta a dismisura negli ultimi anni per le migrazioni della gente proveniente dalla Sierra. Decine di migliaia di persone vivono in baracche, in una periferia caotica e priva degli elementari servizi igienici.

Come racconta il quotidiano locale Diario de Chimbote, la donna è stata aggredita mentre era a letto, colpita più volte con un machete in quello che è stato segnalato come un tentativo di rapina. Pare abbiano anche tentato di strangolarla con una corda. Secondo le testimonianze dei volontari, era andata a dormire, come tutti gli altri, alle 21.30, nel rispetto del regolamento interno. La sveglia è fissata alle 6.30 del mattino. Ma a quell’ora, il giorno dopo, Nadia non è scesa dalla sua camera che si trova all’ultimo piano dell’edificio. Nei piani sottostanti alloggiano una ventina di insegnanti che si occupano delle scuole materne. Quando sono saliti, hanno trovato la direttrice dell’istituto in un lago di sangue. Dava ancora qualche segno di vita. E’ stata trasportata in ambulanza a Lima, dove i medici l’hanno sottoposta a un lungo intervento chirurgico per rimuovere alcuni ematomi cerebrali. Ma le ferite erano troppo gravi e non è sopravvissuta.

Nella residenza “Mamma Mia” si sono recati agenti di polizia che hanno repertato numerose macchie di sangue e sequestrato una corda su cui l’assassino potrebbe aver lasciato qualche traccia. Ma se si tratta di un malintenzionato entrato per rubare sarà molto difficile individuarlo. Su quanto sia accaduto si possono fare solo ipotesi. La più probabile è quella di una rapina, visto che la stanza è facilmente accessibile passando attraverso alcune terrazze. Non si esclude nemmeno una vendetta, anche se non sarà facile capire a chi l’attività umanitaria possa aver dato fastidio. Nadia De Munari lascia i genitori e due sorelle, che vivono in provincia di Vicenza. In Perù si è occupata quasi sempre di bambini. In un paesino sulla Sierra aveva gestito a lungo un piccolo asilo dove raccoglieva i piccoli che abitavano nel “pueblo”. Poi il trasferimento a Chimbote dove don Ugo De Censi, fondatore dell’Omg, prima di morire aveva voluto realizzare sei asili.

“Nadia era la responsabile – raccontano i volontari dell’Omg – Si dedicava anima e corpo a questa attività ramificata nei quartieri della città. Praticamente vengono raccolti ogni giorno i bambini che vivono nelle baraccopoli. Si tratta di circa 400 piccoli che sono coinvolti in attività di gioco ed educative. Vicino alla struttura centrale c’è anche una mensa popolare che ogni giorno dà da mangiare a 1.000 persone, tutti i bambini degli asili, oltre a 500-600 poveri della città”. La casa ha funzionato anche da centro educativo che ha consentito la formazione di qualche decina di maestri. L’Operazione Mato Grosso ha già conosciuto tragedie simili in Perù. Nel 1992 il volontario Giulio Rocca, di Sondrio, fu sequestrato dai terroristi di Sendero Luminoso, contrari all’attività umanitaria di aiuto ai poveri che vivono sulla Sierra. Rocca era stato minacciato più volte, prima di essere ucciso. Nel 1997 padre Daniele Badiali, di Faenza, fu assassinato dal proprio autista che voleva dei soldi.