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I problemi di udito non li hanno solo gli anziani, ma sempre più giovani e adolescenti: ecco di chi è la “colpa”

“Durante il lockdown dello scorso marzo 2020 mi sono reso conto di avere problemi all’udito. Galeotte sono state le comunicazioni che avvenivano prevalentemente al telefono o per video chiamata, si risolveva poco alzando l’audio. È stato un doppio trauma. Il confinamento in casa mi costringeva già a vivere uno stato di isolamento e in più quella che si evidenziava come una vera e propria perdita di udito mi faceva sentire ancora più ai margini. Una bruttissima sensazione che non auguro a nessuno”, ci racconta Walter Belli, grafico romano. E non è certo un caso isolato.

Diverse persone hanno preso coscienza di avere dei problemi di udito proprio durante la pandemia, anche come conseguenza dell’obbligo di indossare la mascherina, un dispositivo che coprendo quasi del tutto il viso aumenta le difficoltà di relazione, in particolare fra le persone più anziane. Secondo l’Istituto auxologico italiano chi ha deficit dell’udito non avverte bene le parole e compensa, spesso senza rendersene conto, con la lettura dei movimenti labiali e anche sulle espressioni facciali dell’interlocutore, l’incapacità di “sentire” bene la voce dell’altro. Tecnicamente si chiama ipoacusia e, come afferma l’Istituto Auxologico, “Si tratta della perdita parziale o totale dell’udito da uno o da entrambe le orecchie (monolaterale o bilaterale). Può rivelarsi leggera, moderata, severa o profonda, a seconda della gravità del deficit dell’udito. Per porvi rimedio è fondamentale agire prima che sia troppo tardi, e al di là di tutto è consigliabile sottoporsi a controlli periodici, anche se non si presentano problemi uditivi. La prevenzione è essenziale”.

Fare più test – Dunque, il segreto è innanzitutto prevenire. E messaggi rassicuranti arrivano anche da Cochlear, multinazionale australiana, leader nel settore degli impianti cocleari e a conduzione ossea. Il messaggio? Che le possibilità di riacquisire a pieno le funzionalità uditive oggi ci sono, anche per i casi più gravi. Il primo passo è l’aumento della sensibilità generale e degli addetti ai lavori verso la prevenzione, la corretta diagnosi e i trattamenti disponibili. L’ipoacusia è un problema serio e a livello mondiale. Secondo dati dell’Oms, più di 460 milioni di persone, oltre il 5% della popolazione globale, sono colpite da questa patologia e le statistiche indicano che il loro numero triplicherà toccando la quota di 1,2 miliardi di persone entro il 2050, se non si correrà ai ripari. Come? Partendo dalla considerazione che la diffusione dell’abbassamento dell’udito è da mettere in relazione alla mancanza di prevenzione, con moltissimi soggetti incapaci di realizzare di avere problemi a sentire in maniera adeguata. L’Oms afferma che “tutte le persone dovrebbero controllare l’udito di tanto in tanto”, con particolare riferimento agli adulti sopra i 50 anni, e a quanti lavorano in luoghi rumorosi, ascoltano musica con regolarità e a volume elevato, avvalendosi di auricolari, e (quando riapriranno questi luoghi) frequentano discoteche e concerti, dove il volume conosce dei veri e propri boom. In parole povere, i casi scenderebbero della metà avvalendosi degli strumenti messi a disposizione dalla sanità pubblica. E poi vanno considerati altri fattori. Per esempio, praticare per anni un’attività in cui si è esposti a rumori molto intensi, abusare di alcol, tabacco o farmaci, seguire un’alimentazione squilibrata, praticare sport potenzialmente pericolosi, andare a caccia. E ancora patologie sistemiche come il diabete e l’ipercolesterolemia.

Sette milioni di italiani – Viste le cause scatenanti è chiaro che la patologia può presentarsi a qualsiasi età e non è quindi solo una prerogativa dell’età che avanza. In Italia sono, per esempio, le fasce più giovani a destare maggior preoccupazione. I casi di perdita dell’udito qui da noi sono cresciuti del 4,8% dal 2012. Oggi gli italiani che ne soffrono sono oltre 7 milioni; tuttavia, secondo l’osservatorio di Cochlear, solo il 31,5% di essi ammette di aver effettuato un test dell’udito negli ultimi 5 anni. Inoltre, fra coloro che sono ipoacusici solo un po’ più del 25% si sottopone a cure, malgrado a posteriori tutti i pazienti che beneficiano di un dispositivo riconoscano miglioramenti nella qualità di vita e nello stato generale di salute. “Questi dati evidenziano come sia necessario un cambiamento culturale, che promuova la consapevolezza sul tema della diagnosi e dei controlli preventivi, così che si riservi la stessa attenzione che viene rivolta ad altre patologie”, ha dichiarato il dottor Diego Zanetti, medico specialista Orl e audiologo presso Fondazione Irccs Ca’ Granda, ospedale Maggiore policlinico di Milano.

Orecchie sempre tappate – E che la questione non sia da sottovalutare ce lo dice il rapporto “Hearing Loss – Numbers and Costs” – secondo il quale spendiamo quasi 24 miliardi di euro l’anno per curare chi presenta problemi di udito, tra la perdita di produttività e la qualità di vita penalizzante da mettere in relazione con l’incapacità di sentire. E non si può non tornare sul discorso della mancata prevenzione: il 54% della popolazione italiana non ha infatti mai effettuato un test audiometrico, e dunque con l’impossibilità di effettuare diagnosi in tempi utili. Prevenzione è anche non ascoltare la musica con gli auricolari a volume elevato da iPhone, iPod e altri tipi di lettori per troppe ore. A lanciare sempre l’allarme, già qualche anno fa, è stata l’Organizzazione Mondiale della Sanità e una ricerca dell’Università di Tel Aviv. Si dice che da qui a 30 anni sono a rischio milioni di giovanissimi di un’età compresa fra i 14 e i 18 anni, e si toccherà la quota di 1 miliardo di persone se si arriva sino a 35 anni. Secondo lo studio Eurotrack 2015, 1 italiano su 10 presenta problemi di deficit uditivi, ma la cifra cresce se si prende in considerazione la popolazione più giovane – compresa tra i 15 e i 24 anni – la percentuale sale e di molto. In pratica 1 su 4 evidenzia disturbi che non permettono più di sentire bene. Si aggiunge che addirittura il 2,2% degli adolescenti potrebbe dover utilizzare l’apparecchio acustico in tempi assai anticipati rispetto alla terza età.

L’Oms ha calcolato che nei Paesi a medio e alto reddito il 50% dei ragazzi tra i 12 e i 35 anni impieghi iPhone, iPode e altri dispositivi in maniera errata, procurando danni al proprio apparato uditivo, mentre un altro 40% può incorrere in effetti permanenti frequentando abitualmente discoteche e locali notturni dove l’altezza di diffusione del suono è, in genere, troppo elevata. Gli esperti dell’Oms sono concordi, “In ambedue le situazioni la musica troppo elevata e il rumore sono all’origine della morte delle cellule cigliate che si trovano nell’orecchio interno e visto che sono cellule di origine nervosa, è vanificata la loro riproduzione”.

Questione di decibel – “L’Oms ha varato la Regola del 60, che in soldoni vuol dire che il volume di ascolto della musica non dovrebbe andare oltre i 60 decibel e per non più di un’ora al giorno”. In molti sono già pronti a dire “Ma è un volume troppo basso”. Eppure l’Oms ci ricorda che sessanta decibel corrispondono al volume della nostra voce, mentre teniamo una normale conversazione. E la soglia alla quale non si dovrebbe mai arrivare? È di 90 decibel, limite assai inferiore ai 110 decibel che si raggiungono in diverse discoteche. E non basta. Ancora l’Oms afferma che non ci si dovrebbe esporre a livelli sonori superiori ai 115 decibel.

E ancora, è importante effettuare dei controlli audiometrici. Controlli che sopra i 65 anni è bene fare ogni anno. La ragione? Se l’ipoacusia è diagnosticata tempestivamente può essere affrontata in modo più che efficace con il ricorso ad apparecchi acustici, che sono facili da utilizzare e di fatto invisibili. Una ricerca realizzata dal Censis con il contributo non condizionante di Confindustria dispositivi medici, in particolare di Anifa (Associazione nazionale importatori e fabbricanti audioprotesi), con Ana (Associazione italiana audioprotesisti) e Anap (Associazione nazionale audioprotesisti professionali) ha evidenziato che nonostante la diffusione dei disturbi di udito sia elevata, la percentuale di italiani che fa ricorso alle protesi acustiche è assai bassa e si attesta intorno al 29,5%. Eppure gli utlizzatori si sono dichiarati più che soddisfatti dei dispositivi e del fatto che il sistema di rimborso previsto dal nostro Ssn sia il più alto in Europa.

Ma quando rivolgersi al medico? “I primi campanelli d’allarme possono essere diversi”, ha più volte spiegato il dottor De Caria, specialista in audiologia del “Centro Medico Auris” di Mantova e audiologo consulente Amplifon. “Quelli più frequenti sono rappresentati dalla difficoltà a seguire un discorso in ambienti rumorosi o in tv, non sentire lo squillo del telefono, avere la sensazione di orecchio ‘chiuso’, udire un ronzio o un fischio del quale non si riesce a individuare la fonte: è il cosiddetto acufene, un fenomeno molto diffuso che spesso si accompagna a un calo uditivo. In tutti questi casi è importante rivolgersi a uno specialista ed effettuare un esame audiometrico veloce e non invasivo, per inquadrare il problema e individuare la corretta soluzione”. Un’ultima nota. L’ipoacusia – è bene ribadirlo – deve essere diagnosticata a livello medico. E dunque per qualsiasi approccio è imperativo rivolgersi al proprio medico curante.

La Dieta mediterranea fa bene all’udito – Anche nell’ipoacusia, lo stile di vita risulta un elemento chiave per la sua prevenzione. Alle classiche raccomandazioni di evitare il fumo di sigaretta, di abolire il consumo di alcol e limitare grassi, sale e zuccheri, si dà sempre più importanza a una dieta bilanciata. Lo afferma una ricerca del Brigham and Women’s Hospital di Boston, pubblicata sull’American Journal of Epidemiology. Una dieta bilanciata, come la Dieta mediterranea, secondo i ricercatori potrebbe diminuire anche di un quarto il rischio di sviluppare problemi di udito legati all’avanzare dell’età. Non è una cosa del tutto nuova, visto che tanti altri studi in passato avevano dimostrato che alcuni nutrienti, come i carotenoidi e i beta carotenoidi, di cui sono ricche le arance o le carote; il folato, contenuto nei legumi e nelle verdure, e gli omega 3 presenti nelle alghe, nel pesce, nei semi di lino, nelle noci, nel germe di grano e di avena, proteggono l’udito dagli acciacchi della vecchiaia.

Lo studio ha interessato oltre 3.000 donne americane di un’età media di 59 anni. È stata messa sotto la lente la loro alimentazione degli ultimi 20 anni, e così si è potuto capire quanto la dieta quotidiana di ognuna si avvicinasse a un qualche modello salutare, come quella mediterranea. Contemporaneamente, le partecipanti sono state sottoposte a un esame audiometrico che ha valutato lo stato del loro udito. Il test è stato ripetuto dopo tre anni, per verificare eventuali cambiamenti. Evidenze? Le probabilità che ci fosse un peggioramento dell’udito durante il periodo analizzato è risultato inferiore per chi seguiva un’alimentazione paragonabile alla Dieta mediterranea o altri regimi alimentari salutari: del 30% circa considerando le frequenze sonore medie, e del 25% analizzando quelle alte, in genere compromesse prima e più pesantemente dall’invecchiamento.

Regole d’oro. Proteggetevi da suoni e urti

A fornire altre indicazioni pratiche sono gli esperti che organizzano le Giornate dell’udito in Europa.

– Se si lavora in luoghi molto rumorosi (come le tipografie) si dovrebbero sempre adottare otoprotettori, come le cuffie.

– In caso di tuffi o immersioni occorre immergersi con cautela.

– Chi pratica arti marziali, il pugilato o il rugby deve indossare gli appositi caschetti protettivi.

– In aereo per sfuggire alla pressione è consigliabile masticare qualche caramella.

– Caccia o motociclismo espongono a forti e improvvisi rumori. Fondamentale dotarsi delle apposite protezioni.

– Il volume di ciò che state ascoltando è troppo alto se chi vi siede accanto in metro o in auto sente la musica che arriva dalle vostre cuffiette.

– L’autoradio va abbassata se chi viaggia con voi è costretto ad alzare la voce durante una conversazione per farsi sentire. Stesso discorso quando si è davanti al televisore.

– Il volume dello stereo va abbassato se quando si è fermi al semaforo o in coda arriva anche alle vetture accanto con i finestrini chiusi;

– Non ascoltare musica continuativamente con gli auricolari per più di un’ora al giorno.

– Prendersi 15 minuti di pausa ogni 90 minuti, quando ci si trova esposti a musica elevata come in un locale notturno o ad un concerto.

– Regola valida quando sarà di nuovo possibile farlo: non frequentare troppo le discoteche in cui il volume delle casse è troppo elevato e ai concerti osservare un’adeguata distanza di sicurezza dalle casse.

Articolo di Massimo Ilari