Calcio

Trent’anni fa il rigore mai calciato da Baggio contro la Fiorentina, De Agostini: “Sono andato al Mondiale, ma mi ricordano per quell’errore”

Quel Fiorentina-Juventus del 1991 era una partita ad alta tensione, dopo il trasferimento del numero dieci che scatenò la guerriglia urbana in riva d'Arno. Il Divin Codino si rifiuta di calciare e, sostituito, raccoglierà la sciarpa viola lanciata dalla tribuna che fomenterà le polemiche dei giorni successivi. Il giorno dopo, De Agostini, che oggi ricorda l'episodio a Ilfattoquotidiano.it, avrebbe festeggiato il compleanno: non poteva immaginare che quel penalty avrebbe cambiato per sempre la storia della sua carriera

Roberto Baggio indossa la maglia numero 10 della Juventus che sta giocando allo Stadio Franchi contro la Fiorentina, fino a pochi mesi prima la sua squadra. Una partita ad alta tensione, non solo perché si sfidano due tra le più acerrime rivali del campionato, ma perché il trasferimento di Roby l’estate precedente ha scatenato la guerriglia urbana in riva d’Arno. Un tradimento dei Pontello che lasceranno presto la guida della Viola, un affronto degli acerrimi rivali di Torino, mentre il Divin Codino non aveva mai nascosto la sua volontà di rimanere a Firenze. Al 50′ calcio di rigore assegnato ai bianconeri dall’arbitro Lo Bello, mentre i padroni di casa conducono per 1-0 (gol di Fuser). Sul dischetto, però, non va il numero dieci, ma Luigi De Agostini. Baggio contro i viola non vuole calciare. De Agostini, che è uno specialista e in carriera ha tirato e segnato rigori decisivi, questa volta sbaglia, ipnotizzato da Mareggini.

Le polemiche dureranno settimane, con i fiorentini che esultano per la vendetta contro i Bianconeri, anche perché Baggio, mentre sta uscendo dal campo, appena sostituito, si metterà al collo una sciarpa viola lanciata dalle tribune. I tifosi juventini non apprezzeranno il suo gesto. Sono passati 30 anni da quella domenica e De Agostini a Ilfattoquotidiano.it dice “di essere diventato famoso più per quell’ episodio che per tutta la mia carriera” nella quale ha indossato la maglia della Nazionale per anni, giocando sia gli Europei del 1988 che il Mondiale italiano del 1990. Domani De Agostini festeggerà il suo sessantesimo compleanno a Tricesimo, nel paesello dove è nato, a pochi chilometri da Udine. Con la moglie e i due figli gestisce qui la De Agostini Academy, scuola calcio e strutture sportive.

Racconti cosa successe in quel 6 aprile 1991.
Negli anni precedenti ero il rigorista della Juve, ma quell’anno arrivò Baggio e aveva iniziato a tirarli lui i rigori. Quel giorno contro la Fiorentina però aveva detto a mister Maifredi che se ce ne avessero fischiato uno non lo avrebbe calciato. Allora mi sono preso io la responsabilità, è una cosa che ho sempre fatto in carriera e ho continuato anche successivamente.

Con Baggio avevate giocato insieme il mondiale in Italia.
Sì. Proprio quell’estate c’era stato il suo trasferimento e, a causa della contestazione dei tifosi, abbiamo anticipato la partenza da Coverciano verso il ritiro di Marino.

Baggio è stato il calciatore più forte con cui ha giocato?
Uno dei più forti sicuramente. Ma con lui alla Juve non ho vinto niente. Il più forte in assoluto è stato Zico all’Udinese, fuoriclasse dentro e fuori dal campo.

Lei ha giocato sia da terzino sinistro che da centrocampista.
Nasco addirittura come mezzapunta. A Udine trovo Enzo Ferrari, mi dice che mi vuole trasformare in terzino, ruolo che era stato anche il suo da calciatore, e che in questa maniera sarei finito in Nazionale. Mi sono applicato molto, aveva ragione.

Dopo alcuni anni finisce al Verona di Bagnoli.
La mia stagione più importante, riesco a conquistare anche la Nazionale di Vicini. Un anno indimenticabile, il mister mi ha messo le ali.

Per tutta la gestione Vicini ha sempre giocato in azzurro.
Azeglio era una brava persona e un ottimo selezionatore. All’Europeo ho segnato anche un gol decisivo con la Danimarca, poi il Mondiale in Italia è stato incredibile. Se penso all’accoglienza dello stadio Olimpico, mi vengono ancora i brividi. Al San Paolo di Napoli fu diverso, era uno stadio diviso perché Maradona là era un Dio in terra. Nella semifinale persa ai rigori con l’Argentina io mi sono presentato sul dischetto, facendo il mio dovere. Purtroppo siamo stati beffati. Sei vittore su sette e siamo arrivati solo terzi.

A quel Mondiale ha giocato da centrocampista.
Sapevo ricoprire più ruoli e il terzino sinistro in Nazionale era Paolo Maldini. Quando sono arrivato alla Juve in quella posizione c’era Cabrini, quindi Marchesi mi impegnò come centrocampista. È capitato di giocare anche con il 10 lasciato libero da Platini.

Poi con Zoff torna al numero tre.
Con lui abbiamo vinto due coppe in una stagione. Ho fatto gol in finale contro la Fiorentina in Coppa Uefa e in una partita con la Sampdoria ho segnato all’87esimo un rigore decisivo che ci ha qualificato alla semifinale. Zoff lo avevo avuto anche in Nazionale Olimpica e dalla Juve poi è stato inspiegabilmente mandato via. Ho vissuto anche la tragedia Scirea. Quando sono arrivato a Torino, Gaetano mi è stato molto vicino. Era una persona senza difetti, tengo ancora nel mio portafoglio una sua figurina.

Zoff viene sostituito da Maifredi e siamo alla stagione di quel rigore.
È stato complicato per l’allenatore così come per noi che non avevamo mai giocato a zona. Serviva tempo e alla Juve tempo non ce n’è.

Domani compie 60 anni. Un bilancio sulla sua carriera.
Ho solo il rammarico di non aver vinto uno scudetto con la Juve. Ma se a 17 anni, quando sono andato all’Udinese, mi avessero detto che avrei fatto una carriera così avrei messo subito la firma. Dopo la Juve ho chiuso con altri campionati sempre in serie A. Uno all’Inter e due alla Reggiana. A Reggio poi volevano puntare sui giovani, mi hanno richiamato tre mesi dopo ma ormai avevo preso la decisione di smettere definitivamente.