Diritti

L’omosessualità in divisa non sia più tabù: basta omofobia in Polizia

“Omosessualità in divisa. È ancora un tabù?” è il titolo del webinar organizzato sabato 20 febbraio dal sindacato Sibas-Finanzieri. A parlare più in generale di lotta a ogni forma di discriminazione, c’erano l’on. Alessandro Zan, relatore della legge contro l’omotransfobia, la misoginia e l’abilismo, Carlo Scovino, pedagogista e scrittore, Veronica Dalla Pria, esponente del sindacato Cub Pubblico Impiego e Michela Pascali, segretaria nazionale del Silp-Cgil e vicepresidente di Polis Aperta.

Alessandro Zan ha illustrato of course la sua proposta di legge, che punisce con sanzioni penali gli atti di discriminazione fondati “sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere o sulla disabilità”. Ottenuto il primo via libera dalla Camera dei deputati, il provvedimento potrà passare al Senato, come ha detto Zan, “solo se ci sarà anche fuori dal Parlamento una grande mobilitazione”. Si tratterebbe di una “legge di civiltà” – di fatto richiesta dall’Unione Europea con una direttiva dell’ormai lontano 2012 – che ci metterebbe finalmente al passo con le democrazie più avanzate, introducendo una “tutela rafforzata” per le persone più vulnerabili.

Carlo Scovino, autore del libro “Questo odio non ti somiglia. Omosessualità in divisa” (Rogas, 2019), ha spiegato quanto sia importante la “formazione”, anche nelle scuole delle forze armate e di polizia, per arginare e contrastare la persistente cultura omofoba. Ha poi riconosciuto i grandi passi in avanti compiuti dalle organizzazioni militari negli ultimi anni, citando il generale dell’Aeronautica Claudio Gabellini, che in una circolare del 2016 stigmatizzò la discriminazione degli omosessuali: “Ricordo a tutti – scrisse l’alto ufficiale – che il militare che dovesse fare outing o intendesse unirsi civilmente con altra persona dello stesso sesso, ovvero conviverci, non può e non deve avere valutazioni e trattamenti diversi dall’ordinario. Sarà considerato illegittimo ogni commento o comportamento teso a denigrare e offendere la reputazione di detto personale”.

Veronica Dalla Pria, sindacalista della Polizia Locale, dopo aver raccontato la sua esperienza positiva di coming out, ha posto l’accento sul ruolo delle associazioni sindacali nel contrasto della violenza e delle discriminazioni, sul luogo di lavoro e nella società. Così ha dato il la a Michela Pascali, che si batte da anni su questo fronte, sia con Polis Aperta, l’unica associazione italiana di militari e poliziotti omosessuali e transessuali, sia col sindacato Silp-Cgil della Polizia di Stato: “Quando sono in pattuglia – dice con la solita passione – io non sono una donna, io non sono una lesbica, ma sono una collega”.

Certo è triste constatare che nel 2021 si debbano ancora fare battaglie per affermare la fondamentale “libertà di essere sé stessi” (parole rubate a Peter Gomez). La Costituzione – all’art. 3 leggiamo che “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali” – ci suggerisce che l’odio, le discriminazioni e l’intolleranza vanno combattute con fermezza e, perché no, anche con norme penali.

Karl Popper aveva ragione: “La tolleranza illimitata porta necessariamente alla scomparsa della tolleranza. Se estendiamo la tolleranza illimitata anche a coloro che sono intolleranti, se non siamo preparati a difendere una società tollerante dall’assalto dell’intollerante, allora i tolleranti saranno distrutti e la tolleranza con loro”.