Politica

La prescrizione divide la maggioranza Draghi. Fdi prova a cancellare la riforma: la norma non passa grazie a Pd e M5s. Si astengono Lega, Forza Italia e renziani

L’emendamento al Milleproroghe di Fdi per cancellare la riforma Bonafede respinto dall’asse dem – 5 stelle. Il ministro D’Incà aveva chiesto il ritiro annunciando il parere contrario del governo, ma berlusconiani, renziani e salviniani si astengono. Tre giorni fa l'accordo tra la nuova ministra, Marta Cartabia, e i capigruppo di maggioranza per discutere di prescrizione solo insieme al resto dalla riforma del processo penale

L’ultimo trabocchetto portava la firma di Fratelli d’Italia. Il partito di Giorgia Meloni ha presentato un emendamento al Milleproroghe per chiedere lo stop della riforma della prescrizione di Alfonso Bonafede. Una norma che ha fatto cadere in tentazione Lega, Forza Italia e Italia viva: per tutto il pomeriggio renziani, berlusconiani e salviniani hanno ipotizzato di votare a favore. Alla fine si sono astenuti mentre l’emendamento è stato respinto grazie ai voti di Pd, M5s e Leu. Su 418 deputati presenti, infatti, 227 hanno votato contro, 29 a favore e ben 162 si sono astenuti.

Tre giorni dopo la fiducia record, la maggioranza che sostiene Mario Draghi si è già divisa. Lega, Forza Italia e Italia viva non hanno seguito l’indirizzo dell’esecutivo, visto che il ministro dei rapporti col Parlamento, Federico D’Incà, aveva chiesto di ritirare la norma o avrebbe posto il parere contrario. Un pezzo della maggioranza – cioè l’ex opposizione allargata ai renziani – ha deciso però di astenersi, evitando di votare contro l’emendamento di Fdi, come indicato dal governo. Lega, Forza Italia e Italia viva non hanno votato insieme a Fratelli d’Italia per evitare di sconfessare totalmente l’intesa raggiunta con la nuova guardasigilli, Marta Cartabia. Non ha partecipato al voto, invece, Azione, con Enrico Costa – nemico giurato di Bonafede – che ha spiegato: “Ci teniamo fuori come da impegni presi con il ministro Cartabia, altrimenti avremmo votato a favore”.

L’emendamento di Fdi, infatti, aveva lo stesso obiettivo che avevano quelli presentati in commissione Affari costituzionali da Forza Italia, Italia viva e lo stesso Costa, poi accantonati dopo l’accordo trovato dalla maggioranza con la nuova ministra della Giustizia. Un incontro – quello di giovedì scorso tra la guardasigilli e i capigruppo nelle commissioni giustizia – che puntava a “sminare” il terreno da tentativi di agguato sulla prescrizione: Cartabia infatti si è impegnata ad affrontare il nodo della prescrizione solo all’interno delle riforme del processo penale. La stessa cosa che stava facendo il precedente esecutivo, ma in questo modo l’ex presidente della Consulta ha evitato che la nuova maggioranza andasse subito in pezzi.

Sul percorso della giustizia, però, le mine non finiscono mai. E infatti ecco che alla Camera è arrivato l’emendamento di Andrea Delmastro Delle Vedove: era il numero 8.400, puntava a cancellare la riforma che blocca la prescrizione dopo il primo grado e rinviarne l’entrata in vigore al 2024. Difficile che la norma potesse passare, visto che alla Camera i 5 stelle, il Pd e Leu – cioè la coalizione che sosteneva il governo di Giuseppe Conte – mantengono comunque una maggioranza solida. Il vero obiettivo di Fdi, però, era quello di dividere il variopinto insieme di partiti che sostengono il governo Draghi. Interpellato dal fattoquotidiano.it, infatti, Delmastro ha ricordato come emendamenti identici al suo siano stati depositati anche da Italia viva e Azione. “La ministra Cartabia ha detto che la prescrizione si discuterà insieme a tutta la riforma del processo penale? Benissimo, io sono il primo a essere d’accordo con la guardasigilli. Infatti il mio emendamento non è abrogativo ma sospensivo: congeliamo la legge Bonafede in attesa di riformare tutto il resto”.

Il ministro d’Incà, da parte sua, aveva chiesto di ritirare l’emendamento o avrebbe dato il parere contrario del governo motivandolo con “la necessità di consentire il confronto tra le diverse forze politiche già avviato con la ministra. L’intendimento del governo è di trovare una sintesi sulla questione ed è evidente come la sede appropriata per dibattere non sia un emendamento al Milleproroghe“. D’Incà ha anche spiegato che il governo accoglierà l’ordine del giorno concordato da Cartabia sull’argomento “su cui si è già svolto un dibattito approfondito e su cui auspico un atteggiamento positivo dei colleghi che hanno presentato l’emendamento in questione”.

Un invito caduto nel vuoto. Non solo l’emendamento non è stato ritirato, ma in rapida successione Lucia Annibali d’Italia viva, Pirantonio Zanettin di Forza Italia e Roberto Turri della Lega sono intervenuti per annunciare la loro astensione. Una mossa che dal punto di vista dei berlusconiani, dei renziani e dei salviniani è un “gesto di fiducia” nei confronti della nuova guardasigilli. “Abbiamo ritirato il nostro emendamento ma non ritiriamo le nostre convinzioni: per noi un processo senza fine è la negazione della giustizia giusta”, ha detto la renziana Annibali. In via Arenula sono avvisati: la strada della giustizia è tutt’altro che priva di mine. Anche ora che non c’è più Bonafede.