Calcio

Il tifoso-robot dell’AlbinoLeffe e i rimedi (spesso catastrofici) agli spalti vuoti: dal cartonato di Bin Laden alle bambole gonfiabili

Pierino è il supporter meccanico che sabato sulla tribuna dello stadio Gorgonzola ha sventolato la bandiera della squadra di casa. L’ultimo capitolo di una lunga serie di tentativi di simulare la presenza della gente: in Bundesliga sono arrivati a preconfezionare l’audio per ogni episodio e poi mandarlo in onda come tappeto sonoro

Sulla tribuna dello stadio Gorgonzola sventola un’unica bandiera. Il movimento è preciso, il ritmo sostenuto. Quella stoffa con i colori dell’AlbinoLeffe si flette accarezzata dal vento. Ancora e ancora e ancora. Come se il braccio che la agita fosse immune alla stanchezza. Ed è proprio questo il problema. Perché a muoverla non è un tifoso, ma un robot. Anzi, un cobot, di quelli che vengono definiti “collaborativi”. Gli hanno trovato anche un nome. Si chiama Pierino, in onore di Pierino Bugatti, lo storico tifoso che per anni ha sventolato i vessilli dell’AlbinoLeffe e che si è spento qualche anno fa. Così sabato scorso il tifoso meccanico ha portato a termine il suo compito con cocciuta ostinazione, sbandierando per tutta la partita mentre l’AlbinoLeffe perdeva 0-3 con la Juventus Under 23. Il club, che attualmente occupa il nono posto in Serie C a 16 punti dalla capolista Como, ha spiegato che il nuovo supporter è stato “ideato per andare a colmare simbolicamente quel vuoto lasciato dalla forzata assenza dei tifosi seriani dovuta alla pandemia da Covid-19″ e che “è stato posizionato nello spazio di tribuna solitamente riservato ai supporter, per rendere omaggio nel migliore dei modi agli appassionati della squadra seriana”.

Un omaggio tutto particolare che è solo l’ultimo capitolo di una lunga serie di tentativi di simulare la presenza dei tifosi negli stadi desertificati dal coronavirus. Perché dopo anni in cui si è provato a trasformare il calcio in un prodotto sempre più televisivo, in uno spettacolo a misura di schermo, ci si è accorti del paradosso: lo show funziona solo se chi ha scelto di seguirlo da casa riesce a vedere chi ha deciso di seguirlo dal vivo. Un atto di fede fondato sulla buona volontà altrui. La pandemia ha mostrato anche l’altra faccia della medaglia. Ossia che il consumatore è importane tanto quanto la stella internazionale per far andare l’azienda. Per diluire lo straniamento legato all’assenza di supporter si è pensato di tutto. Spesso con risultati piuttosto deludenti.

I computer sono corsi in soccorso. Qualcuno ha proposto di copincollare dei fotogrammi dei tifosi in modo da coprire gli spalti nudi. E magari di animarli anche, in modo da rendere l’esperienza più realistica. La differenza fra realtà e videogioco diventa sempre più labile, il virtuale che si fa sempre più invasivo. Molte società hanno deciso di appoggiare sui seggiolini dei propri stadi una serie di cartonati dei propri tifosi, magari cercando anche di collocarli nella posizione precisa che occupano in tribuna. Il risultato è stato straniante. Facce fisse sorridenti che assistevano inermi al passaggio del pallone. Una macchia di colore che non disturbava l’occhio ma cannibalizzava anche l’emozione.

Senza contare qualche scivolone clamoroso. Lo scorso giugno il Leeds United di Marcelo Bielsa stava viaggiando verso la promozione. E aveva chiesto ai supporter di caricare sul sito ufficiale della società alcune foto per trasformarle in cartonati. Tutto per la ragionevole cifra di circa 27 euro. Il popolo del Leeds si era stretto intorno al club e aveva eseguito. Solo che qualcuno aveva deciso di sostituire la propria foto con quella di Osama Bin Laden, il leader di Al-Qaeda, ucciso nel 2011. Uno scherzo che non aveva fatto ridere nessuno. Soprattutto il vicino “virtuale” dello sceicco del terrore che aveva chiesto in maniera piuttosto decisa di rimediare all’errore. E il Leeds era stato costretto a chiedere scusa.

Non è andata poi meglio all’FC Seul, che durate una sfida casalinga di K-League contro il Gwangju ha infatti deciso di riempire i seggiolini delle tribune con dei manichini con tanto di mascherina sulla bocca. Niente di strano. Almeno apparentemente. Perché le finte tifose sugli spalti erano in verità delle bambole gonfiabili. E visto che in Corea del Sud la pornografia è stata vietata (solo lo scorso anno sono stati bloccati oltre 800 siti contenenti video a luci rosse), il club della capitale è stato travolto dalle polemiche. La dirigenza ha spiegato che si è trattato di un semplice malinteso con il fornitore e ha chiesto immediatamente scusa ai tifosi tramite una breve dichiarazione su Instagram.

Negli ultimi mesi la simulazione del tifoso è stata elevata a sistema. E quella che sembrava una boutade è diventata invece consuetudine. Perché per motivare la squadra, il Barcellona aveva pensato di sparare fuori dalle casse del Camp Non dei cori registrati dei tifosi. Un po’ come le risate posticce nei telefilm anni Ottanta e Novanta. Qualcuno pensava che si trattasse di una provocazione. Ma lo è stato per poco. Il processo imitativo della voce del tifoso è diventato ben presto consuetudine. Non solo ce lo siamo ritrovato come audio opzionale sui nostri decoder, ma è diventato anche una caratteristiche della Bundesliga, che per prima ha portato la simulazione a un nuovo livello. Il procedimento è molto semplice: si prendono le partite precedenti fra due club, si isola l’audio dei tifosi in risposta a un determinato episodio (rigore contro, gol segnato, azione dubbia che deve essere rivista al var), si campiona e poi, in diretta, si manda in onda come tappeto sonoro tutto nuovo. Un sogno degno di un libro di Asimov. Un incubo dal quale speriamo di svegliarci il prima possibile.