Scienza

Cancro, così lo studio del genoma potrà aiutare la missione di trovare una cura. Cosa sono l’oncologia mutazionale e i farmaci jolly

Il sequenziamento del Dna della cellula tumorale, in tempi brevi e a costi sempre più ridotti, è la rivoluzione degli ultimi anni che sta trasformando gli approcci diagnostici e terapeutici. Ilfattoquotidiano.it pubblica in anteprima i dati della prima indagine sui team multidisciplinari dedicati

Passi avanti nella cura del cancro saranno possibili solo studiando il genoma, cioè l’insieme del nostro patrimonio genetico. “Il tumore è il risultato di alterazioni genetiche in parte dovute all’ambiente, in parte al caso e in parte a fattori predisponenti. Riuscire a individuare queste mutazioni definendo quella responsabile della patologia, detta driver, è la sfida di oggi. Solo così si potranno sviluppare farmaci a bersaglio preciso e offrire al paziente terapie più efficaci e personalizzate”, spiega a ilfattoquotidiano.it Giuseppe Curigliano, direttore della divisione Sviluppo nuovi farmaci e terapie innovative all’Istituto europeo di oncologia (Ieo).

Il sequenziamento del Dna della cellula tumorale, in tempi brevi e a costi sempre più ridotti, è la rivoluzione degli ultimi anni che sta trasformando gli approcci diagnostici e terapeutici contro il cancro. Questo nuovo modello si chiama Oncologia mutazionale e comporta anche un cambiamento organizzativo dei servizi sanitari. Per garantire infatti la corretta interpretazione dei risultati dei test molecolari e scegliere il trattamento di cura più appropriato occorre istituire un team multidisciplinare dedicato, detto Molecular tumor board (Tmb), formato da oncologo, genetista, patologo, biologo molecolare, bioinformatico, farmacologo o farmacista ed eventuali altri specialisti, che si avvale del supporto di una piattaforma di intelligenza artificiale (per riconoscere in minor tempo la mutazione driver). “Il Molecular tumor board può predire l’efficacia o l’inefficacia di un trattamento chemioterapico” aggiunge Curigliano.

Ilfattoquotidiano.it pubblica in anteprima i dati della prima indagine sui Mtb attivi in Italia, eseguita dalla Società italiana di anatomia patologica e citologia diagnostica (Siapec) su 30 centri di eccellenza distribuiti su tutto il territorio nazionale che operano con tecnologia Ngs (Next generation sequencing) in ambito diagnostico oncologico, che permette di sequenziare contemporaneamente (parallelamente) decine o centinaia di biomarcatori. Dal censimento emerge innanzitutto che i centri sono collocati prevalentemente al Centro-Nord, 14 sono di tipo universitario, 8 sono grandi ospedali pubblici, 7 sono Ircss e uno è una struttura privata accreditata.

Diciannove centri su 30 si sono dotati di Molecular tumor board. In Campania, Lazio, Liguria, Lombardia, Sicilia, Sardegna, Toscana e Veneto – otto regioni su cui sono distribuiti in tutto nove strutture – la costituzione di questo organismo è prevista da una delibera regionale ad hoc. Nel resto del Paese invece è il risultato di un’iniziativa locale. Non c’è ancora un perfetto allineamento delle figure professionali che compongono il board, quelle più comunemente presenti sono: patologo, oncologo (e altre specialità oncologiche, tipo ematologo), biologi, genetisti, bioinfomatici, farmacologi o farmacisti. Questo è il core. Poi a seconda delle necessità vengono impegnati: chirurghi, radiologi, ginecologi, senologi, dermatologi. Nel 2019 sono stati effettuati più di 13.481 test diagnostici mediante Ngs. “È un buon risultato – commenta Antonio Marchetti, ordinario di Anatomia patologica all’Università di Chieti e coordinatore della survey -. I pannelli d’analisi sono costituiti da decine a centinaia di geni per avere informazioni sul carico mutazionale del tumore e quindi orientare ancora meglio la terapia”. Con questa tecnologia, chiarisce il professore, “siamo passati da una caratterizzazione del tumore prettamente morfologica, che deriva dall’osservazione diretta delle cellule tumorali al microscopio, a una caratterizzazione molecolare, entrando nel nucleo della cellula e analizzando il suo Dna”.

Il “Progetto vita”, partito nella primavera 2020, promosso da Siapec e guidato da Marchetti, coinvolge 19 centri italiani di anatomia patologica e un campione di 12mila pazienti, soprattutto giovani, con mutazioni genetiche rare che al momento sfuggono alle analisi di routine. Il progetto in corso, anticipa il professore, “sta confermando le previsioni basate sullo studio pilota del 2019 condotto dal Centro studi e tecnologie avanzate dell’università di Chieti: la capacità di individuare mutazioni microsatellitari da trattare con immunoterapia permettono di individuare 10mila pazienti l’anno solo in Italia”. E poi l’appello urgente alla “rapida costituzione di una piattaforma nazionale che dovrà permettere la registrazione di tutti casi profilati, con un aggiornamento continuo dei dati clinici e dei relativi trattamenti effettuati”.

L’oncologia mutazionale apre la strada ai cosiddetti farmaci agnostici, ovvero farmaci “jolly” in grado di colpire l’alterazione genetica che causa il tumore e che funzionano a prescindere dall’organo coinvolto e dal tipo di patologia. “Oggi i farmaci con approvazione agnostica sono tre – dichiara l’oncologo dello Ieo -. Il paziente potrebbe accedere anche ai farmaci registrati per altre malattie, se l’Agenzia regolatoria ne ha disposto l’uso off label altrimenti li deve pagare di tasca propria, o a quelli in sperimentazione, ma l’accesso è limitatissimo, solo il 10-15 per cento dei malati riesce ad allocare una terapia dove ci sono studi in corso”.