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I nostri dati sono un tesoro. Per questo vanno protetti

Si intitola I nostri dati sono un tesoro il video realizzato dal Garante per la protezione dei dati personali per raccontare, in due minuti, la pervasività della protezione dei dati personali nella nostra vita, sin dalla nascita, con il quale si aprirà oggi, in Italia, la celebrazione della giornata europea della privacy.

Ed è dedicato a una bambina che non esiste ma che rappresenta, nella finzione scenica, tutti i bambini del mondo i cui dati personali, da un istante dopo la nascita, sono esposti a una quantità enorme, eterogenea, inarrestabile e inafferrabile di trattamenti da parte di soggetti pubblici e privati, in maniera lecita e illecita.

La protezione dei dati personali è nel nostro quotidiano, di cittadini e di consumatori, più di quanto si riesca a immaginare e si percepisca.

E’ l’argine, uno dei più solidi, contro il rischio che lo Stato diventi il Grande fratello di orwelliana memoria e persegua obiettivi, talvolta anche legittimi, travolgendone, tuttavia, degli altri e con ciò travolgendo le fondamenta di una democrazia che esclude l’esistenza di diritti tiranni capaci di fagocitarne altri.

Si tratta di una questione che si è posta, si pone e si porrà migliaia di volte nella vita del nostro Paese.

Ce la siamo posti e continuiamo a porcela ogni giorno, in questa drammatica stagione del mondo, per determinare quale sia la misura democraticamente sostenibile di compressione della privacy per far posto a una difesa efficace del diritto alla salute, ce la siamo posta e continueremo a porcela ogni qualvolta si è trattato e si tratterà di garantire la sicurezza dei cittadini davanti a ogni genere di minaccia terroristica vera o presunta, continua a porsi da quasi un secolo quando si tratta di porre un freno alle intercettazioni telefoniche – e oggi anche telematiche – per assicurare alla giustizia un criminale, abbiamo pensato di averla risolta – decisamente sbagliando – quando abbiamo deciso, ormai soli in Europa, di chiedere ai gestori telefonici di archiviare quantità mastodontiche di dati personali di milioni di cittadini per oltre un lustro semplicemente perché un giorno una minima parte di tali dati potrebbe tornarci utile per inchiodare qualcuno alle sue responsabilità criminali, ce la siamo posti e continueremo a porcela nel determinare fin dove può spingersi il fisco nel combattere la guerra contro l’evasione e, naturalmente, ce la poniamo ogni giorno nel cercare un bilanciamento tra la trasparenza come antidoto alla corruzione e, appunto, il diritto alla riservatezza del singolo.

E non è vero, come dicono tanti luoghi comuni – basti pensare al celeberrimo “male non fare, paura non avere” – che i cittadini onesti non dovrebbero avere nulla da nascondere specie nei confronti dello Stato.

Tutti, come scriveva, Gabriel Garcia Marquez, legittimamente abbiamo una vita pubblica, una privata e una segreta e, soprattutto, abbiamo il sacrosanto diritto a tracciare, in autonomia, la linea di confine tra queste tre dimensioni umane.

Né è vero che, avendo la fortuna di vivere in democrazia, non dovremmo preoccuparci che lo Stato, per garantirci questo o quel diritto o libertà, comprima oltre la soglia di sostenibilità il nostro diritto alla privacy.

Vale la pena ricordare quanto scriveva Louis Brandeis, uno dei padri mondiali del diritto alla privacy, Giudice alla Corte Suprema degli Stati Uniti d’America, in una celeberrima dissenting opinion in uno dei primi processi basato su intercettazioni telefoniche: “L’esperienza dovrebbe insegnarci a essere più preoccupati di proteggere la libertà quando un governo persegue scopi benefici. Gli uomini sono naturalmente all’erta per respingere l’invasione della loro libertà da parte di governanti malvagi. I più grandi pericoli per la libertà si nascondono nell’azione insidiosa di governi ben intenzionati ma incapaci di comprendere le conseguenze delle loro azioni sulle libertà e i diritti fondamentali”.

Ma il diritto alla protezione dei dati personali è anche l’ultimo baluardo contro il rischio che la nostra intera esistenza diventi merce di scambio per garantirci l’accesso a ogni genere di prodotto e di servizio nella dimensione commerciale e che, persino i nostri pensieri più intimi, ancora inespressi, siano letti, compresi, interpretati e usati per convincerci a scelte di consumo, politiche, religiose e ideologiche di ogni genere.

È offrendo i nostri dati personali sul mercato che, oggi, ci paghiamo il diritto di stare in Rete, di comunicare nell’universo pervasivo dei social network, che facciamo la spesa a prezzi scontati o ordiniamo a casa ogni genere di prodotto.

Ma, così facendo, abbiamo consegnato, consegniamo e consegneremo in maniera assai poco consapevole – in quella che è già stata battezzata la società dell’accetta e continua – a una manciata di giganti del web la nostra identità personale nella sua dimensione digitale e abbiamo consentito così ai Signori dei mercati digitali buona parte del nostro passato, del nostro presente e del nostro futuro perché ora, grazie all’accumulo di quei dati, in pochi hanno conquistato posizioni di mercato incontendibili comprimendo la concorrenza che è garanzia di libertà ma, soprattutto, sono diventati capaci di dettare la nostra dieta mediatica più di quanto abbia fatto, in passato, la televisione e, per questa via, di condizionare ogni genere di nostra decisione e di hackerare dall’interno le nostre democrazie sfruttandone le vulnerabilità.

Non è più, come si diceva una volta, il Re ad essere nudo davanti ai suoi sudditi ma siamo tutti noi, nessuno escluso, sudditi delle nuove oligarchie digitali a essere nudi al cospetto dei nuovi Sovrani.

E se non tutto è perduto, se possiamo ancora sperare in futuro non meno moderno del recente passato, non anacronistico, né luddista ma, semplicemente, culturalmente, democraticamente e economicamente più sostenibile per i più, è, in buona misura, proprio grazie alla protezione dei dati personali che può frenare, rallentare, forse, persino, arrestare una condizione divenuta ormai insostenibile.

Ecco perché è utile, prezioso, importante, oggi, ricordarci della giornata europea della protezione dei dati personali.