Cronaca

Shoah, Emanuele Filiberto condanna le leggi razziali firmate da Vittorio Emanuele III e chiede perdono. Levi: “Atto dovuto e naturale”

Il membro di casa Savoia spiega le motivazioni della lettera in un'intervista al Tg5: "È una ferita che ho sempre avuto nel cuore. Ritengo che sia ora di prendere le mie responsabilità e di scrivere questa lettera alla comunità ebraica per chiedere perdono". Il presidente dell'Associazione Italiana Editori ha risposto che è normale che nel 2021 un europeo condanni le leggi razziali che hanno portato alla persecuzione e allo sterminio degli ebrei

Una lettera per condannare le leggi razziali del 1938 e chiedere perdono a tutti gli ebrei. La missiva è stata scritta da Emanuele Filiberto che ne parla in una intervista nello speciale Tg5 Parole dal Silenzio in onda il 23 gennaio in seconda serata. Le leggi razziali in Italia furono firmate da Vittorio Emanuele III, bisnonno di Emanuele Filiberto, il 5 settembre del 1938. “Vedere la sua firma su queste leggi è un grande dolore, per me e per casa Savoia”, ha detto. “È una ferita che ho sempre avuto nel cuore. Ritengo che sia ora di prendere le mie responsabilità e di scrivere questa lettera alla comunità ebraica per chiedere perdono. Perdono per quell’atto orribile, osceno, e per la firma di Vittorio Emanuele III”. Emanuele Filiberto continua rivolgendosi alle comunità ebraiche e auspicando la nascita di un “dialogo importante”: “Voglio guardare insieme al futuro. Chiedo perdono oggi ma non mi aspetto il perdono”, ha concluso.

La lettera di Emanuele Filiberto ha subito scatenato reazioni nella comunità ebraica italiana. Tra i primi a rispondere, Ricardo Franco Levi ha definito come “atto dovuto” la condanna delle leggi razziali. “Nell’anno in cui siamo, 2021, che un europeo, un italiano e persona degna consideri le leggi razziste italiane una vergogna e un abominio mi sembra dovuto e naturale“, ha detto il presidente dell’Associazione Italiana Editori. “Se, invece, parliamo di perdono questo è sempre individuale. Avrebbe dovuto chiederlo Vittorio Emanuele III che ebbe tempo di farlo, ma scelse di non farlo”.

Ricardo Franco Levi ha ricordato che i Savoia furono tra le prime monarchie a dare l’emancipazione agli ebrei italiani: “La questione non è il perdono e neppure è una questione della famiglia – osserva il presidente dell’Aie – È una responsabilità personale di Vittorio Emanuele III di cui lui non si pentì mai in vita, con tutte le drammatiche, disastrose e orribili conseguenze che ciò ebbe. Ora Emanuele Filiberto le riconosce, ma non è – ribadisce – una questione né di chiedere né di concedere perdono”.