Giustizia & Impunità

‘Ndrangheta, Giorgio De Stefano condannato a 15 anni: “Il motore immobile del sistema criminale” che controllava Reggio Calabria

Dopo sei ore di camera di consiglio, è arrivata mercoledì sera in aula bunker la sentenza della Corte d’Appello che ha confermato l’impianto accusatorio del processo “Gotha". Altre otto condanne e otto assoluzioni

L’avvocato Giorgio De Stefano è stato condannato a 15 anni e 4 mesi di carcere per essere stato, assieme all’avvocato Paolo Romeo, quello che la Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria ha definito “il motore immobile del sistema criminale” che ha governato la città dello Stretto. Dopo sei ore di camera di consiglio, è arrivata mercoledì sera in aula bunker la sentenza della Corte d’Appello che ha confermato l’impianto accusatorio del processo “Gotha”.

Pur avendo rideterminato la pena a Giorgio De Stefano (aveva preso 20 anni in primo grado, ndr), in sostanza il giudice Francesca Di Landro ha accolto le richieste dei pubblici ministeri Walter Ignazitto e Stefano Musolino. Tra stralci e ricusazioni che hanno diviso il processo in diversi filoni, in questo stralcio sono stat giudicati colpevoli anche Mario e Domenico Stillitano (rispettivamente sono stati condannati a 15 anni e 4 mesi di carcere e 14 anni e 4 mesi di carcere), Antonino Nicolò (13 anni e 10 mesi), Antonino Araniti (8 anni), Roberto Franco (13 anni e 8 mesi), l’imprenditore Emilio Angelo Frascati (8 anni) e Domenico Marcianò (9 anni e 4 mesi). È stato condannato a due anni di reclusione per corruzione anche l’ex sindaco di Villa San Giovanni Antonio Messina per il quale la Corte d’Appello non ha riconosciuto l’aggravante mafiosa.

Sono stati assolti, infine, Bruno Nicolazzo, Gaetano Tortorella, Andrea Santo Tortora, Elena Mariaserena Inuso, Maria Antonietta Febbe, Saveria Saccà, Giovanni Cacciola e Carmelo Salvatore Nucera. Il processo “Gotha” è nato dalla riunione delle inchieste “Mamma Santissima”, “Reghion”, “Fata Morgana” e “Sistema Reggio” coordinate dal procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo e dai pm Walter Ignazitto, Stefano Musolino e Roberto Di Palma.

In seguito alle indagini dei carabinieri del Ros, della guardia di finanza e della polizia, la Procura guidata da Giovanni Bombardieri è riuscita a istruire un maxi processo e portare alla sbarra il “direttorio” delle cosche, una struttura con una strategia programmatica che puntava ad alterare “l’equilibrio degli organi costituzionali”. L’obiettivo dei clan e del direttorio, secondo i magistrati, era trovare spazio nelle istituzioni per condizionarle con uomini di fiducia. Per la Dda, Giorgio De Stefano era il “consigliori” storico della famiglia di Archi, un soggetto “riservato” della ‘ndrangheta di cui sarebbe stato una testa pensante al pari dell’avvocato Paolo Romeo, l’ex parlamentare del Psdi che ha scelto il rito ordinario ed ancora sotto processo assieme all’ex senatore Antonio Caridi e all’ex sottosegretario regionale Alberto Sarra. In attesa di conoscere le motivazioni della Corte d’Appello, tra 90 giorni, per la Dda non ci sono dubbi: Romeo e De Stefano sono stati “soggetti ‘cerniera’ in grado di interagire tra l’ambito ‘visibile’ e quello ‘occulto’ dell’organizzazione criminale”.