Politica

La crisi di governo toglie alla politica la radice della sua funzione: rappresentare la società

Si sono giocate in questo week end due grandi partite, Inter-Juve e Roma-Lazio, in due grandi stadi: San Siro e l’Olimpico. Ambedue dagli spalti vuoti per la pandemia. Sono andato a contare quanti spettatori l’uno e l’altro contenessero: 80mila il primo, 72mila il secondo. Né l’uno né l’altro avrebbero potuto ospitare, assiepati, tutti coloro che in questo tragico anno se ne sono andati.

Fa venire i brividi il pensiero e perciò rende più cruento lo spettacolo di oggi alla Camera, immemore o quasi di una tragedia dalla quale non siamo usciti, da un mistero che la scienza non sa risolvere.

Provocare la crisi di governo adesso, pur mettendo uno sull’altro tutti gli errori compiuti, è contro la logica, la banale comprensione, il minimo senso della misura. Questo, prima che ogni altra considerazione, resta il chiodo a cui sono appese le responsabilità di Matteo Renzi.

In qualunque modo vada, lo spettacolo di Montecitorio – riunito in seduta straordinaria, con l’ansia dei presenti e quell’eccitazione di chi coglie nella giornata un evento campale – disconnette la politica dalla società, le toglie la radice della sua funzione: rappresentarla.

Sono 82mila i morti e se quei morti fossero oggi vivi non riuscirebbero tutti a trovar posto a San Siro. E sappiamo che domani saranno di più, dopodomani ancora di più, e chissà per quanto tempo ancora. E tanti altri, troppi altri sono stati piegati, se non dalla salute, nella loro condizione economica, nelle loro speranze.

Solo oggi, ma perché c’è la crisi, il Parlamento riempie i suoi spalti. Solo oggi.