Attualità

Grease ‘sessista, omofobo e misogino’. Anche il film con John Travolta entra nel ‘girone’ del politicamente corretto. E non se ne può più

La polemica sulla pellicola cult è cominciata il giorno di Santo Stefano, quando BBC1 ha trasmesso il film ambientato nel 1958 e diventato un cult assoluto che, a distanza di trentadue anni, non solo macina ascolti dopo centinaia di repliche ma ancora oggi è uno dei musical sbanca botteghino nei teatri più importanti del mondo. A quel punto succede che un giornalista del Daily Mail intercetta una manciata di tweet tranchant contro il film e ne costruisce un articolo, cliccatissimo

Tanto tuonò che anche Grease finì nel mirino dei revisionisti e di quelli che al politicamente corretto non rinunciano proprio mai. O almeno così pare, perché la storia è un po’ più complessa di com’è stata raccontata fino ad ora. Ma com’è partito il «processo social» al film musicale del 1978, diretto da Randal Kleiser e interpretato da John Travolta e da Olivia Newton-John? E com’è possibile che una manciata di tweet siano stato ingigantiti fino a farli apparire, con un clamoroso effetto valanga, un compatto movimento d’opinione?

Perché Grease è stato accusato di essere un film sessista, omofobo e misogino

Tutta colpa di Sandy e Danny. La polemica su Grease è cominciata il giorno di Santo Stefano, quando BBC1 ha trasmesso il film ambientato nel 1958 e diventato un cult assoluto che, a distanza di trentadue anni, non solo macina ascolti dopo centinaia di repliche ma ancora oggi è uno dei musical sbanca botteghino nei teatri più importanti del mondo. A quel punto succede che un giornalista del Daily Mail intercetta una manciata di tweet tranchant contro il film e ne costruisce un articolo, cliccatissimo, che in poche ore ha fatto il giro del mondo.

Sessista, omofobo, misogino, eccessivamente bianco: sono queste le accuse mosse al film da un gruppo di giovani spettatori che guardano il film in tv e vergano su Twitter i loro commenti al vetriolo, raggranellando una settantina di likes o pochi di più. Così si è innescata, forse inconsapevolmente, una polemica clamorosa che ricorda anche se da lontano quella che investì pochi mesi fa Via col vento a causa dei suoi temi considerati razzisti, che costrinsero HBO a rimuoverlo dalla sua piattaforma per poi ricaricalo non prima di aver avvisando i telespettatori dei contenuti “scorretti” del film.

Le scene di Grease finite nel mirino

Ma cos’ha turbato i (nuovi) telespettatori di Grease? Nel mirino è finita una delle scene cult del film, quella in cui Danny canta Summer Nights, descrive i suoi tentativi di sedurre Sandy e il coro gli risponde «Tell me more, tell me more, did she put up a fight?» («Dimmi di più, dimmi di più, lei ha lottato?»). Questo passaggio, riporta sempre il Daily Mail, è stato etichettato come possibile incitamento allo stupro o una normalizzazione della violenza sessuale. Ma non sono piaciute nemmeno le scene in cui Putzie, un amico di Danny si sdraia sul pavimento per guardare sotto le gonne a ruota delle studentesse e neppure quando Vince Fontaine, l’annunciatore radiofonico, dice ai ballerini di evitare di formare coppie dello stesso sesso o la scena finale in cui Sandy abbandona il look da educanda anni ’50 e infila dei sexyssimi pantaloni di pelle nera. Insomma, bocciato su tutta la linea, tanto che qualcuno si è spinto a chiedere che il musical non venga mai più non trasmesso in tv. Il prossimo passo sarà chiedere che venga bandito anche dai saggi finali nelle scuole di danza o dagli spettacoli amatoriali negli oratori e nelle feste di piazza?

La «dittatura» del politicamente corretto e la cassa di risonanza dei social

Il «caso» Grease innesca il polverone e costringe a farsi un po’ di domande. La prima è sulla cassa di risonanza in cui si sono trasformati i social, dove democraticamente si discutono e si portano avanti battaglie sacrosante come il MeToo o come il Black Lives Matter, ma al tempo stesso s’innescano situazioni paradossali come quella di Grease. Può davvero una manciata di tweet essere ingigantito con un inutile effetto valanga, fino al punto di farli passare per un movimento d’opinione? Rispettabilissimi i pareri e le sensibilità di tutti, ovvio, ma francamente no. O ancora: perché nelle discussioni sui film non si tiene banalmente conto del periodo storico in cui sono stati girati e perché in quell’epoca comportamenti o atteggiamenti che oggi ci appaiono assurdi, se non addirittura insopportabili e offensivi, erano non solo leciti ma considerati «normali»? Alla Black Cat Tavern e al New Faces di Los Angeles, nel 1967, due anni e mezzo prima dei moti di Stonewall, scoppiarono le proteste spontanee degli omosessuali contro i pestaggi e gli arresti da parte dei poliziotti: si può mai immaginare che Grease – ambientato nel 1958 – potesse mostrare una coppia dello stesso sesso che balla assieme? Ogni scena è un potenziale pretesto per polemizzare all’infinito. E avanti così fino al prossimo film e al prossimo cartone animato (pure quelli Disney non piacciono più) che finirà nel mirino e alimenterà il caldernone del politicamente corretto, oramai diventato una «dittatura» che asfalta e livella verso il perbenismo ogni cosa ma non produce mai un vero cambiamento culturale in fatto di parità di genere e diritti delle minoranze.