Calcio

Dieci anni fa l’addio a Enzo Bearzot, il ct del Mundial che si commosse al ritorno nel paese natale (e aspetta un campetto col suo nome)

Il "Vecio" era nato a Joannis, che oggi fa parte del comune di Aiello. Iniziò a giocare con la squadra locale e con quella del liceo classico che frequentava a Gorizia. Venne visto e preso dalla Pro Gorizia, che allora militava in Serie B, poi Inter, Catania e Torino. Il figlio dell'amico d'infanzia: "Era orgoglioso delle sue radici. Mi pareva si sentisse un po’ in colpa per essersene andato via troppo presto"

Il 27 novembre 1955 Enzo Bearzot giocò la sua unica partita da calciatore con la maglia della Nazionale. Al Nepstadion di Budapest l’Italia di Foni perse due 2-0 con l’Ungheria e uno dei gol fu opera di Puskas. La gara era valida per la Coppa Internazionale. La comitiva azzurra raggiunse la capitale ungherese in treno, facendo tappa nella stazione di Udine. Il papà Egidio, direttore di banca a Cervignano, e l’amico d’infanzia Silvano Decorte lo avevano aspettato qui per un abbraccio. Enzo e Silvano si conoscevano sin da ragazzini e sarebbero rimasti in contatto fino agli ultimi giorni di vita. Enzo Bearzot se ne è andato il 21 dicembre di dieci anni fa. Ai funerali, a portare la bara del Vecio nella chiesa Santa Maria al Paradiso di Milano c’erano i suoi ragazzi del 1982 ma non il povero Gaetano Scirea che era scomparso tragicamente nel 1989 a 36 anni. Presente invece Paolo Rossi, calcisticamente il figlio che più ha dato e più ha ricevuto dal mister. In questo maledetto 2020 è morto anche Pablito. L’amico Silvano non c’è più dal 2013.

Bearzot era nato a Joannis, che oggi fa parte del comune di Aiello, ma nel 1927 (anno di nascita del Vecio) aveva un municipio a se stante. Poco dopo la famiglia si sarebbe trasferita proprio ad Aiello, un chilometro più in là, a metà tra strada tra Udine e Gorizia. Iniziò a giocare con la squadra locale e con quella del liceo classico che frequentava a Gorizia. Venne visto e preso dalla Pro Gorizia, che allora militava in Serie B. Un paio di stagioni dopo era già dell’Inter. Giocò anche a Catania e soprattutto al Torino, ma con la famiglia (moglie e due figli) stabilì la sua residenza per sempre a Milano. Passava le vacanze estive a Auronzo (in montagna) e a Lignano (al mare) e gli capitava di tornare ad Aiello, soprattutto per portare un fiore sulla tomba dei genitori.

“Mio papà Silvano – dice oggi al Ilfattoquotidiano.it Enio Decorte – era un grande appassionato di calcio, per decenni dirigente della polisportiva di paese, che da un paio d’anni non c’è più. Enzo, amico da una vita, lo ha invitato a Coverciano oppure si trovavano per un caffè in Friuli. Ricordo che tra loro parlavano la nostra lingua, non il friulano classico ma con influenze isontine. Aiello è in provincia di Udine, ma tuttora diocesi di Gorizia: fino alla Prima guerra mondiale era asburgico. Qui le parole finiscono con la lettera A anziché con la E. Bearzot era orgoglioso delle sue radici, anche se non frequentava molto Aiello. Mi pareva si sentisse un po’ in colpa per essersene andato via troppo presto”.

Quasi lo costrinsero il 21 agosto 1982 a partecipare alla festa in suo onore per i mondiali vinti in Spagna. Salutò il pubblico dalla finestra principale del municipio e si commosse. Poi diede il calcio d’inizio ad una partita del settore giovanile. “Ragazzi, ricordatevi di essere sempre atleti generosi e leali: vi sia sempre d’esempio colui che ci ha lasciato e al quale così saggiamente questo campo è stato intitolato”. L’impianto infatti è dedicato alla memoria di Arbeno Vrech, ex calciatore e altro suo vecchio amico. In via Mameli a Joannis, proprio vicino alla casa dove è nato Bearzot, c’è un piccolo centro sportivo con campi da tennis e basket. Da alcuni anni si parla di un omaggio a Enzo Bearzot, per il decennale della scomparsa sembrava il momento giusto. Per colpa dell’emergenza Covid è stata rinviata la cerimonia per l’intitolazione.