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La Turchia tende la mano a Israele sul gas: Erdogan vuole coinvolgere Tel Aviv nella Zona economica esclusiva. Ma c’è l’ostacolo Cipro

Tale ipotetico riavvicinamento non è un aspetto scontato, dato che col rafforzarsi dell'alleanza Ryad-Usa-Tel Aviv Erdogan si era autoproclamato difensore dei palestinesi e dei musulmani in generale, trasformando ufficialmente la Turchia nel rifugio della Fratellanza Musulmana. Ma la questione non riguarda solo i due Paesi, bensì le legittime posizioni di Grecia, Egitto e Israele sul gasdotto Eastmed.

La Turchia cerca Israele per i nuovi affari del gas, ma la strada è tutta in salita. Il presidente Recep Tayyip Erdoğan intende coinvolgere Tel Aviv nella Zona economica esclusiva proponendo un accordo marittimo Israele-Turchia che tagli però fuori Cipro. La prima risposta di Tel Aviv è stata che qualsiasi proposta che venga avanzata a spese di Nicosia è un non-starter, fuori discussione.

Tale ipotetico riavvicinamento non è un aspetto scontato, dato che col rafforzarsi dell’alleanza Ryad-Usa-Tel Aviv Erdogan si era autoproclamato difensore dei palestinesi e dei musulmani in generale, trasformando ufficialmente la Turchia nel rifugio della Fratellanza Musulmana, visto che ufficiosamente già lo era, insieme al Qatar. Ma la questione non riguarda solo i due Paesi, bensì le legittime posizioni di Grecia, Egitto e Israele sul gasdotto Eastmed.

Perché il governo di Ankara ha valutato possibilità di stabilire un link con Israele? Perché al netto delle enormi difficoltà del sistema finanziario del Paese, Erdogan ha capito che senza l’ingresso diretto nel dossier energetico non avrà molte speranze di riequilibrare i suoi conti e la propria leadership. L’economia turca ha affrontato due scogli significativi in questo 2020: il fattore sanitario, come tutti, e il deprezzamento della lira. Certo, nell’ultimo periodo ci sono stati piccoli segni di ripresa: l’economia turca ha sovraperformato rispetto a tutte le nazioni del G20 nel terzo trimestre dell’anno, grazie a una combinazione di tagli dei tassi di interesse, spesa pubblica e una spinta governativa per le banche a prestare (con la crescita dei prestiti rimasta robusta per tutta l’estate).

Ma resta intatta la zavorra della lira, che ha perso nel 2020 il 24% rispetto al dollaro. Il neo governatore della Banca Centrale, Naci Agbal, ha caratterizzato l’inizio del suo mandato con un aumento dei tassi di interesse al massimo in oltre due anni. Inoltre i partner commerciali europei della Turchia hanno perso slancio nel quarto trimestre a causa di varie restrizioni imposte per riprendere il controllo sulla pandemia, con la conseguenza che le esportazioni contribuiranno meno alla crescita. Inoltre, secondo un sondaggio Barometro Istanbul, registrato dall’Ufficio statistico, l’87% dei cittadini ammette di non potersi permettere di affrontare una spesa urgente mentre il 55,3% ritiene che la propria situazione economica peggiorerà.

Ma c’è anche il fronte Ue a giocare un ruolo importante: il Parlamento europeo ha invitato il Consiglio europeo a proseguire in una postura “unica” contro le azioni illegali della Turchia contro Grecia e Cipro e a imporre sanzioni. I sì sono stati 631, con la richiesta di agire in tempi rapidi. I leader dell’Ue si incontreranno giovedì prossimo per un altro vertice, nel corso del quale torneranno a esaminare le possibili sanzioni.

La Turchia ha ribadito in diverse occasioni di essere pronta ad instaurare colloqui con la Grecia su un’ampia gamma di questioni che interessano le loro relazioni, ma allo stesso tempo le provocazioni di Erdogan non si fermano, come dimostrano i Navtex a Kastellorizo e a Cipro.

Alla luce di tale scenario, dunque, Erdogan ha deciso di coinvolgere Israele nella Zee sul gas. La mossa segue quella simile di quattro mesi fa, quando funzionari di Ankara avevano inviato alle loro controparti israeliane un messaggio palese sul desiderio turco di avviare colloqui sulla questione. L’idea di trovarsi diplomaticamente isolato nel nuovo fulcro geopolitico del mondo, il Mediterraneo, nuovo crocevia di gas e gasdotti, sta imponendo al presidente turco nuove rotte, dopo essersi imposto con la forza in Libia e in Siria. Ma il suo governo non si sta caratterizzando per i toni diplomatici, tutt’altro. “Nessuna sanzione potrà mai compromettere la Turchia”, ha twittato il ministero degli Esteri turco rispondendo ai commenti dell’omologo greco Nikos Dendias, molto vicino a Israele, che si lamentava delle cosiddette politiche espansive della Turchia. Il risiko prosegue anche sui social.

Twitter: @FDepalo