Diritti

“In Veneto condotte discriminatorie verso i figli dei clandestini che non hanno avuto pari accesso a cure pediatriche”

La sentenza del giudice del lavoro Margherita Bortolaso, che ha accolto il ricorso presentato dall'Associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione, patrocinata dall'avvocato Marco Paggi

La Regione Veneto e l’Usl 3 Serenissima di Venezia hanno discriminato i bambini, figli di immigrati clandestini, non garantendo loro l’assistenza sanitaria pediatrica di base che è codificata dai principi della Convenzione di New York e che costituisce un diritto universalmente riconosciuto nei confronti dell’infanzia. La sentenza è del giudice del lavoro Margherita Bortolaso, che ha accolto il ricorso presentato dall’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione, patrocinata dall’avvocato Marco Paggi. Si trattava di una causa-pilota per ottenere un riconoscimento a favore dei piccoli che si trovano in Italia in uno stato di irregolarità.

Il problema non è costituito tanto dalle prestazioni di emergenza, che vengono garantite dai pronto soccorso, bensì dell’assistenza medica ordinaria, che è assicurata per tutti gli altri bambini dal pediatra di base. “Tale rifiuto è censurato come discriminatorio perché in palese violazione dell’obbligo sancito dalla vigente normativa di garantire a tutti i minori presenti sul territorio parità di trattamento nell’accesso alle prestazioni sanitarie essenziali, a prescindere dall’irregolarità del loro soggiorno”. Così scrive il giudice, riassumendo il ricorso dell’avvocato Paggi, che lamentava la discriminazione rispetto agli altri bambini, anche stranieri.

“Tale obbligo di equiparazione è violato da Regione Veneto e Ulss 3 Serenissima, in quanto nei confronti dei cittadini stranieri minori di età irregolarmente soggiornanti è riconosciuta una forma limitata di copertura sanitaria, con esclusione in particolare dall’accesso al servizio pediatrico a libera scelta di cui, a seguito di iscrizione ordinaria al Servizio Sanitario Nazionale (obbligatoria/gratuita), usufruiscono invece i minori italiani e soggiornanti regolari”. Il giudice precisa poi che “il possesso della tessera Stp per gli extracomunitari (stranieri temporaneamente presenti) e della tessera Eni per i comunitari (europei non iscritti) non consente l’accesso all’intera gamma, e alle stesse condizioni, delle prestazioni sanitarie previste per la generalità della popolazione minorile. In particolare tali tessere consentono sì l’accesso alle cure indifferibili e urgenti, ma non anche la possibilità di scelta di un medico di famiglia, ovvero, trattandosi di minori, di un pediatra di libera scelta, abilitato a prescrivere il normale accesso alle prestazioni specialistiche, agli esami di laboratorio, ai trattamenti di terapia, ai ricoveri programmati”.

La sentenza “accerta il carattere discriminatorio del mancatoriconoscimento a favore dei cittadini stranieri minori di età irregolarmente soggiornanti di un servizio ambulatoriale pediatrico pubblico accessibile gratuitamente equiparabile al pediatra di libera scelta cui dà diritto l’iscrizione al SSN” e condanna Regione Veneto e Ulss 3 Serenissima “a rimuovere la discriminazione riconoscendo tale servizio, quanto alla Regione Veneto nell’ambito delle linee guide in sede di programmazione e organizzazione dei servizi sanitari, e quanto alla Ulss3 Serenissima in sede di approntamento dei medesimi servizi”.

La causa è stata avviata a Venezia anche perché nel 2010 Emergency ha aperto a Marghera una struttura che offre assistenza gratuita e che ha fornito più di 70mila prestazioni, da parte di uno staff composto da una ventina di volontari. “Abbiamo inserito una dozzina di casi a titolo esemplificativo – spiega l’avvocato Poggi – che ci hanno consentito, in quanto associazione legittimata a farlo, il ricorso per discriminazione collettiva, invece che farli individuali. Ma la situazione riguarda tutta la regione e noi puntiamo a un intervento di modifica del sistema”. Prima della causa, c’erano state numerose diffide, ma dall’Usl era venuto un rifiuto, perché le prestazioni non possono essere erogate in base a circolari e norme regionali del 2000 e del 2019. Replica dell’avvocato Chiara Cacciavillani, per la Regione: “Non si lascia indietro nessuno, ma nei limiti in cui la legislazione lo consente. Il problema è che lo straniero irregolare non può avere la tessera sanitaria e quindi non può essere iscritto al sistema sanitario”.