Diritti

Liguria arancione, ora Toti va a caccia di personale per le Rsa “saccheggiate” dagli ospedali

Il piano del governatore passa per la disponibilità delle strutture per anziani ad accogliere i pazienti Covid subacuti. Ma bisogna prima rimpiazzare gli infermieri che hanno preso il volo per l'hub regionale e gli altri nosocomi. E così il Toti bis sta perdendo il treno per cui al primo mandato era arrivato in anticipo

Scaricare i pazienti Covid meno gravi sulle Residenze sanitarie assistite per anziani, dopo averle svuotate di personale. Prevalentemente infermieristico. E quindi avviare nuove selezioni di personale da smistare tra ospedali, ambulatori e Rsa in affanno. La consequenzialità non è affatto voluta, anzi. Ma è anche così che sta andando la seconda ondata in Liguria che in queste ore sta cambiando colore spinta dall’acqua che esce dalla porta e rientra dalla finestra. Un moto ondoso che, del resto, un popolo di navigatori come i genovesi conosce molto bene.

Il cortocircuito è venuto a galla un po’ alla volta nelle ultime settimane. Con una mano la seconda giunta di Giovanni Toti cerca di moltiplicare i posti letto degli ospedali spostando i malati meno gravi soprattutto nelle Rsa, per un piano incrementale che nel giro di pochi giorni è aumentato da 200 a oltre 500 unità. Il tutto passando per un bando che è stato chiuso in ottobre e riaperto in novembre, anche perché alla prova dei fatti i requisiti richiesti non sempre corrispondono alla realtà delle strutture che, per guadagnarsi circa 140 euro al giorno a ospite, dovrebbero avere innanzitutto spazi nettamente separati dagli altri ospiti come padiglioni o interi piani o ali con ingressi e uscite distinti dagli altri.

Un film già visto in Lombardia la scorsa primavera, insomma, dove per altro la pianura non dà certo i problemi di spazio di cui la Liguria soffre per definizione e gli ultrasettantacinquenni a fine 2019 erano quasi il 12% della popolazione contro il 16% circa della Regione di Genova (il totale degli ultrasessantacinquenni supera invece il 28% della popolazione). E poi c’è la questione del personale che riguarda tutto il mondo alle prese con la pandemia e che in Liguria assume contorni talmente tortuosi che hanno dell’incredibile. La Regione quando bandisce i posti letto per i pazienti Covid subacuti, chiede che siano gestiti da personale esclusivo. Cioè che non si mescoli con quello che assiste gli ospiti non Covid. Sacrosanto.

In particolare il personale Covid medico deve essere selezionato e fornito dall’ente gestore e deve includere un direttore sanitario con compiti tecnico organizzativi che abbia 4 minuti al giorno da dedicare a ogni ospite e fino a tre medici al mattino, due al pomeriggio-sera e uno reperibile di notte, oltre alla copertura di mezza giornata nei festivi. Ai dottori si aggiungono un fisioterapista per 23 minuti al giorno per ospite, un infermiere per 42 minuti al giorno a ospite oltre al turno notturno, un operatore socio sanitario per 90 minuti al giorno cada ospite e uno per piano nel corso della notte.

Risorse che valgono più dell’oro in questo momento. Lo sanno bene al Policlinico San Martino di Genova, hub regionale ligure per il Covid, dove a ottobre quando l’onda stava diventando sempre più ripida e la struttura era prossima allo stremo, è stato aperto un bando per oltre 500 posti da infermiere che, proprio nel momento in cui bisognava serrare i ranghi, ha scatenato il fuggi fuggi generale dalle stesse Rsa dove si vogliono mandare i pazienti meno gravi per alleggerire gli ospedali. Seguiranno presto anche oss, tecnici e medici.

La necessità è innegabile, ma non ci si poteva pensare prima? La risposta alla domanda che in queste ore si sta ponendo anche la Procura di Genova è ni: da San Martino spiegano che visti i costi, l’operazione è stata rinviata fino a quando non è stato più possibile aspettare e garantiscono che non vengono presi in considerazione candidati in forza alle Rsa. Infatti i candidati prima di candidarsi per l’ospedale si dimettono con effetto immediato dalle strutture per anziani. Come biasimarli: il pubblico in Italia fa ancora gola a chi ci lavora, anche in sanità. Specialmente se la concorrenza è fatta di cooperative che fanno margini sulla base prezzo di fornitura del personale agli enti che gestiscono le strutture e chi ci rimette, oltre all’ospite, è il lavoratore. Ma così le Rsa, che d’altro canto patiscono rimborsi regionali invariati da ormai troppi anni, si sono trovate sotto organico da un giorno con l’altro. E invece di trasformarsi in ciambella di salvataggio del sistema, hanno peggiorato il loro status di bombe a orologeria dove il problema da una decina di giorni non è più solo e tanto la gestione dello straordinario (leggi Covid), ma anche dell’ordinario.

La contromossa del governatore-assessore è arrivata il 26 ottobre con una delibera che consente ad Alisa, la super Asl ligure voluta da Toti e guidata dall’ex numero uno dell’Asl milanese in quota Lega, Walter Locatelli, di assumere lei stessa il personale sanitario per poi “affittarlo” alle strutture in stato di necessità con modalità e tariffe ancora da definire. Un’idea eccellente, se fosse venuta in un’epoca di pace che consentisse analisi, confronti e trattative. Ora però il tempo stringe, la concorrenza è spietata e le strutture, che anche in tempo di Covid rispondono a logiche di mercato, sono strette tra i conti, la qualità del servizio, il rischio chiusura e il Coronavirus. Con tutto ciò che comporta per le logiche non di mercato. E per le emergenze non possono neanche contare sui pronto soccorso, vuoi perché mandarci i loro ospiti sarebbe rischioso per il virus, vuoi perché non c’è posto quasi per nessuno.

E questo nonostante si fosse partiti bene. È innegabile che la prima Giunta Toti sia arrivata al fotofinish elettorale di settembre con protocolli di screening e protezione che, soprattutto per le fasce deboli e le strutture socio sanitarie, enti ben più strutturati come la Lombardia pre Covid se li scordano. Peccato che sia altrettanto vero che molto poco si sia fatto per la responsabilizzazione delle fasce meno a rischio, come dimostra la pioggia di multe nel capoluogo per violazione delle regole, e soprattutto per la messa in pratica di un piano d’azione contro il ritorno del virus. E così quando l’onda è arrivata, pochi giorno dopo le urne, non solo non c’era l’assessore alla Sanità, mancava anche il piano. Vallo a spiegare agli ospiti delle Rsa che ancora si chiedono dove sono finiti i loro figli e che, nonostante l’improduttività, con le loro pensioni mantengono tutto il baraccone.