Cronaca

Roma, a ottobre i decessi sono cresciuti del 25%: aumenta l’attesa per le cremazioni e i carri funebri fanno la coda ai cimiteri

Nella Capitale, dove l’epidemia di Covid non è ai livelli di Milano o Napoli, nel mese di ottobre i decessi sono cresciuti del 25% rispetto allo stesso mese del 2019. Il dato lo mette nero su bianco l’Ama - la municipalizzata che gestisce i camposanti romani - nel tentativo di giustificare un disservizio endemico, da qualche anno, ma ora amplificato dalla pandemia. E a Prima Porta e al Verano i carri affollano l'ingresso

I carri funebri si affollano all’ingresso dei cimiteri romani di Prima Porta e del Verano. I forni crematori, già normalmente in affanno, lavorano a pieno ritmo, ma ci vogliono almeno 20-25 giorni prima di poter procedere alla riduzione in cenere di un feretro. Una lista d’attesa sempre più lunga, che non ha risparmiato nemmeno la famiglia di Gigi Proietti, venuto a mancare il 2 novembre, ancora in attesa di sepoltura. A Roma, zona gialla, città dove l’epidemia di Covid non è ai livelli di Milano o Napoli, nel mese di ottobre ci sono stati il 25% in più di decessi rispetto allo stesso mese del 2019. Il dato lo mette nero su bianco l’Ama – la municipalizzata che gestisce i camposanti romani – nel tentativo di giustificare un disservizio endemico, da qualche anno, ma ora amplificato dalla pandemia, mettendo in difficoltà i cimiteri capitolini. Cosa che non era avvenuta a marzo e aprile, quando l’assenza di incidenti stradali aveva azzerato quella che è da sempre la prima causa di morte nella Capitale.

Lo scorso 29 ottobre, l’azienda capitolina aveva comunicato che a causa del “picco di mortalità” registrato nel mese di ottobre, “con oltre 500 defunti in più”, la camera mortuaria del cimitero Flaminio – in zona Prima Porta, a nord della città, il più grande d’Europa – con le sue 1150 salme in attesa non aveva più spazio per accogliere i feretri e che le bare dovevano essere “depositate” presso il cimitero del Verano, in attesa che si fossero liberati gli spazi. Un doppio trasporto che le agenzie funebri avevano fatto pesare sulle famiglie, per almeno 700-800 euro sul conto finale di ogni funerale, come si evince dai dati della Federazione nazionale imprese onoranze funebri (Fniof). Emergenza formalmente terminata nella giornata di lunedì 9 novembre, quando un’altra disposizione del Servizio cimiteriale di Ama, ha stabilito che “le salme destinate alle cremazione possono tornare ad essere ricoverate presso la camera mortuaria del cimitero Flaminio”. In mezzo, ha comunicato Ama, la conclusione dei lavori di manutenzione alla terza linea di incenerimento del forno di Prima Porta, che ha permesso un incremento delle riduzioni in cenere.

Tutto risolto? Neanche per sogno. Le file dei carri funebri continuano e l’aumento dei decessi nella Capitale costringe i forni a lavorare a pieno ritmo. “Ma il Covid c’entra fino a un certo punto, il problema è di natura amministrativa”, dice Valeria Campana, portavoce del Comitato cimiteri di Roma. L’allusione è ai lavori di raddoppio del forno crematorio del cimitero Flaminio, in programma da anni e mai andato in porto. Ama nel 2017 ha assegnato una gara per progettare l’ampliamento del cimitero: tre nuovi forni e 28 celle frigorifere, più altri interventi al costo totale di 6,2 milioni di euro. L’investimento è finito in un elenco di 17 progetti di manutenzione straordinaria “sospetti” che il Campidoglio ha bloccato, in attesa del parere di congruità atteso dalla Ragioneria capitolina. Il valore del piano è di 166 milioni, con Ama che ha già anticipato 200mila euro di progettazione “in somma urgenza” e da tre anni chiede al Comune l’autorizzazione per sbloccare subito 19 milioni di euro. Cosa che fin qui le è stata sempre negata. Nel frattempo, il terzo cimitero della città – ce ne sono altri 8 ancora più piccoli – il Laurentino, ha esaurito i propri posti e, anche in quel caso, il piano di raddoppio è fermo per motivi amministrativi.

Le cremazioni nella Capitale rappresentano un problema reale. Anche per il cambio culturale avvenuto negli ultimi 20 anni. Nel 2001 sono state cremate 3.711 salme, ma nel 2008 il numero è salito a 7.482 su 26.753 decessi; nel 2018 il dato è raddoppiato: 15.340 cremazioni su 30.096 deceduti. Così i sei impianti attuali, pensati su un ritmo massimo di 7.000 salme l’anno, ormai non ce la fanno più. Nel 2018 i dirigenti di Ama addirittura ipotizzavano di “affittare” impianti di altre città per le cremazioni in eccesso, oltre a mettere un limite alle riduzioni in cenere. Proposte fin qui non prese in considerazione. “È chiaro che gli eventi odierni e degli ultimi anni impongano alla Regione Lazio di disciplinare le attività funerarie con un testo di legge apposito, che la giunta guidata da Nicola Zingaretti non ha mai voluto approvare”, afferma il dirigente romano della Lega, Fabrizio Santori.